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giovedì 18 marzo 2010

Mine vaganti (di Ferzan Ozpetek)

"Mine vaganti" è l'ultimo film di Ozpetek e, probabilmente, il migliore, sebbene nella sua filmografia vi sia almeno un'altra perla. Avevo letto parecchio di questo film, prima di vederlo, e avevo notato che spesso a un giudizio generalmente positivo quando non addirittura entusiasta si accompagnavano piccole critiche per qualche luogo comune di troppo in grado, a detta dei recensori, di sporcare un film nel complesso molto buono. Queste notazioni e la presenza di Scamarcio, per di più nella pericolosa parte di un gay, erano gli unici due fattori che mi rendevano un tantino incerto sull'opportunità di favorire questa pellicola, ma alla fine ha prevalso la fiducia che le precedenti opere mi facevano nutrire in Ozpetek e ho avuto ragione.

Il film è un piccolo capolavoro di equilibrio. Tratta un tema scottante, una vera e propria spina nel fianco di questa Italia di inizio terzo millennio: un argomento su cui ci si divide con ferocia e che davvero può bastare per definire arretrata la società in cui viviamo; capite bene, dunque, quanto possa essere spinoso girarci una storia, quanto possa essere facile inciampare in triti luoghi comuni, perdersi in squallide banalità, perdere la misura che invece il regista mai smarrisce.

Ozpetek confeziona un film che riesce a farci sorridere più di una volta senza mai indulgere a facili volgarità e che sempre, anche quando ci diverte, ci fa riflettere. Fantastichini e Ilaria Occhini sono davvero bravi, Scamarcio sorprende, Nicole Grimaudo è addirittura più brava che bella: il cast funziona. Il film non è mai banale, mai superficiale, non inciampa in fastidiosi luoghi comuni. Mantiene con sicurezza un equilibrio che è davvero l'arma vincente del film e che ci regala una storia spassosa ma non superficiale, profonda ma non cerebrale. E' davvero un film girato in stato di grazia: non saprei altrimenti spiegare il risultato finale.

E' sempre difficile trattare temi così complessi e delicati mantenendo una profonda leggerezza. Ozpetek ci è riuscito. Il suo sguardo è una brezza leggera che ci accarezza il volto e ci scompiglia i capelli, è un ampio respiro che ci proietta verso il cielo facendoci sentire armoniosa parte del tutto, al di sopra delle meschinità e delle umane lacune, al di sopra di tutto quello che non conta niente.

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)

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