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giovedì 31 dicembre 2020

Microbi nocivi


Quello che sta facendo il microbo sarebbe ingiustificabile e inopportuno, in piena pandemia, ANCHE se fosse sostenuto da ragioni politiche con un minimo di decenza.
Invece dietro ai vaniloqui politici di Mr. 2% non c’è una sola idea valida: solo caxxate raccogliticce, bufale, richieste impossibili, ricattucci, trappolette, scemmenze e dispetti che neanche all’asilo.
Si comporta da leader politico, è un nano.
Non ha contezza dei suoi epici limiti: questa non consapevolezza vena la tragedia in corso dei colori pallidi ma persistenti del ridicolo.
Lo conosciamo bene. Sappiamo come ragiona, come governa. La nostra opinione pessima su di lui è fondata.
Politicamente è il nulla. Umanamente pessimo (tanto per dire: bugiardo seriale, quindi inaffidabile).
E’ un danno per il Paese.
Nell’estate del Papeete si voleva far cadere il governo per fermare la legge sulla prescrizione, l’estromissione di Autostrade, i dubbi sul Tav e per capitalizzare il vagheggiato 40% dei sondaggi.
Oggi un’intera casta marcia e lercia vuole mettere le mani sul denaro del Recovery, oltre che perseguire gli obiettivi citati. E usa irrilevanti strumenti indiretti, posizionati però nella fessura giusta. Fidando nel fatto che non si può votare in piena pandemia e col Recovery in corso. 
Quello che il microbo ignora è che ha ache fare con un gigante, e che si può benissimo andare avanti con voti terzi e poi votare a maggio, spedendolo così nello spazio per sempre.
Questa non è politica. Ma nemmeno per sogno.
Spero che Conte lo stanghi in maniera orribile. 

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martedì 29 dicembre 2020

Fidati anche in questo caso



Ci sono scienziati e medici cazzari? Sì.
E corrotti? Sì
E poliziotti peggiori dei delinquenti? Sì.
E vigili che chiudono un occhio su amici e parenti? Sì.
E politici che corrompono senatori, giudici, finanzieri? Sì.
E giudici che si fanno corrompere? Sì.
E giornalisti che raccontano il falso per denaro? Sì.

MA

Tutto questo non toglie che se io mi ammalo mi rivolgo al Pronto soccorso, a un ospedale, a un medico, non a un cazzaro che ha magari zero credibilità come persona e che è pure incompetente in materia.
Se ho un mal di testa che vorrei staccarmela a morsi se solo ci arrivassi con le ganasce prendo la Novalgina, non mi faccio un infuso di rosmarino.
Se sto morendo per un male incurabile e salta su uno a dirmi che potremmo provare un farmaco sperimentale, io ne ordino due botti e ci faccio il bagno dentro, non chiedo lumi al dottorino sfigato che la sera fa la diretta facebook per propalare le sue teorie del cazzo sui vaccini fatti male e sui complotti sorosiani.
Se voglio sapere come sono andate le elezioni americane o i fatti del ponte di Genova, non parto per Washington o per Genova, ma utilizzo il lavoro di un giornalista.
E se sono inseguito da un pazzo armato, non chiamo il cazzologo dei vaccini re dei like sui social ma la polizia.
E se ho bisogno di far valere un mio diritto, mi rivolgo al Tribunale, anche se qualche giudice si è fatto corrompere.
E anche se qualche poliziotto era coinvolto in Diaz e Bolzaneto, e qualche medico negli scandali sanitari più meschini della nostra storia, e qualche giornalista è a libro paga dei potenti, etc. etc.

Non so se è chiaro il messaggio. A me lo è, a te che hai disfunzioni alle sinapsi non so.

Quando hai mal di testa usi il Moment. Non hai mai fatto ricerche su chi lo produce, sui test che sono stati fatti, su come è stato autorizzato, su quanti hanno avuto effetti collaterali (mesi fa a Lucca un tale è morto per colpa di un’aspirina). E quando ti sei operata ti hanno somministrato anestesia e decine di medicinali di cui non hai letto il bugiardino. E quando compri una torta non vuoi sapere se chi l’ha prodotta ha la qualifica di pasticcere, lo presumi: non gli chiedi la laurea e il documento di identità. E quando hai freddo accendi la caldaia e ti fidi del bollino che certifica che è sicura e che è stata prodotta secondo i crismi e non esploderà etc. E quando acquisti un’auto e ti dicono che ha l’airbag e ti salverà la vita, non la sbatti contro un muro a 100 alla prima curva per vedere se è vero. Ti fidi. 
Ti fidi di chi ne sa più di te, anche se a volte (di rado, ma capita) è incompetente o corrotto. Ti fii di chi controlla e approva gli airbag, i farmaci, i giocattoli, le batterie. Perchè una persona non può saper fare tutto, e intendersi di medicina, cucina, meccanica, etc. E allora si fida.
Come si fida il tuo cliente se tu sei idraulico e vai in casa sua a riparargli un tubo.

Quindi, per favore, sul vaccino antiCovid, tu che avevi 2 a biologia, che fino a ieri pensavi che il DNA fosse una specie di strudel ungherese e la cellula un covo di pericolosi comunisti mangia bambini, tu che non metti la “h” al verbo avere quando serve, tu che leggi un testo di tre righe e ti perdi, tu che l’ultimo libro che hai letto è il giornaletto porno in bagno quando avevi quattordici anni, tu che voti politici idioti che raccontano palle così grosse che solo un disagiato come te può caderci, tu che di solito sei un cazzone che acquista caldaie, auto, torte e medicine varie, anche le più assurde, e magari solo su consiglio di un cugino, e si fida, tu, che sei vivo grazie ai progressi della medicina, tu che hai 60 anni e ancora respiri ed emetti suoni idioti pubblicandoli sui social e una volta a 40 si moriva, tu che il venerdì sera ti imbottisci di pilloline blu alzapipo e vai sul viale a cercare amori diversi, tu che hai avuto un infarto e adesso spari minchiate solo perché ti hanno messo due stent, tu che guidi come un maiale cieco e adesso produci belinate in serie solo perché un airbag ti ha salvato il muso e i radi neuroni, tu, per favore...

FIDATI anche in questo caso...
fidati, fatti vaccinare se il vaccino è stato approvato dalle stesse autorità che ti hanno approvato il Moment, l’Aspirina e il Viagra e smetti di sfrangiarci le palle. 

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Credibilità



Io ascolto tutti ma do retta solo a chi ha credibilità.
La credibilità te la costruisci in un certo intervallo di tempo, è una costruzione lenta che ha mattoni solidi.
Quindi se Piero Angela mi dicesse che il vaccino è rischioso, valuterei in un certo modo.
Se me lo dice un dottorino fino a ieri sconosciuto o un tuttologo del cazzo o un minchione negazionista o un’infermiera che vuole il suo quarto d’ora warholiano, valuto in un altro.
Perché la scienza non è proprio come il tempo, non è un argomento di cui si possa parlare anche se si è privati della maggior parte dei neuroni (piove/va a migliorare/che freddo).
Occorre sempre stare attenti, valutare tutto con spirito critico, non accettare mai niente acriticamente, è vero. I furbi abbondano, alcuni complotti ci sono, ed è bene stare con le antenne dritte.
Ma questo non vuol dire dar retta fideisticamente al primo disagiato che butta giù due righe su un social o che, forte della sua divisa e del suo lessico da specialista, mette in fila belinate su belinate. 

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Puntalo, colpiscilo, maciullalo



Dagli quel che si merita.
Afferralo subito e non mollare più la presa.
Scuotilo fino all’esaurimento. Sfibralo, sfilaccialo, smembralo con cura e competenza. Svuotalo.
Demoliscilo. 
In stato di grazia effettua i tuoi colpi da manuale annunciandoli con enfasi prima di ogni stoccata e prosegui feroce verso l’abiezione più pura.
Riducilo in polvere e poi la polvere mettila nell’ossario dei politici più inutili, molesti e dannosi di questa vilipesa Repubblica.
Frantumalo senza pietà. Gira e rigira il coltello nelle ferite di questo meschino e misero traditore, di questo Giuda cattivo, di questo traffichino di provincia senza arte né parte.
Non averne mai abbastanza, non avere pietà.
Deve sparire a vendere birrette su spiagge tropicali.
L’eco del suo nome deve perdersi nei più lerci meandri della storia.
Deve affogare nella sua arroganza, infettarsi della sua spocchia, naufragare nel suo mare di cazzate, soffocare nel suo ego.
Deve tornare e essere pubblicamente nulla, per pareggiare quel che è in privato.
Fallo per noi, replica il tuo numero migliore: la distruzione scientifica e impietosa, meticolosa e bestiale della feccia che infetta le sacre stanze e svilisce l’esercizio della sovranità.
Dà un messaggio chiaro e definitivo ai grassi e marci maiali assetati di denaro per conto dei quali fa il clown in un momento così difficile. Ti prego, concedici il bis, un grande bis, ma questa volta, in un trionfo imperiale di cui sarà imperituro il ricordo, esagera e finisci il numero col botto più grande, col trionfo più ineffabile.
Dacci questa gioia, liberaci da questo male.
Per ripartire, col vaccino e senza il #microbo. 

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venerdì 25 dicembre 2020

Il silenzio è tornato




(1208 caratteri, 1 minuto e mezzo)

Ecco di nuovo il silenzio del lockdown.
Quello che di solito hai anche dentro di te ma non senti mai perché è coperto dal rumore che c’è fuori, dal flusso senza sosta di una vita senza filo.
Soprattutto in certe fasce orarie, non sempre come in primavera quando le restrizioni erano più cogenti, arriva e si impone subito.
Impossibile non notarlo, non è assenza di brusio cittadino o calma delle ore di riposo diurno o dei festivi, è qualcosa di diverso, un silenzio innaturale, totale, che punge sottile e insistente e senza farsi accorgere scava un piccolo baratro in noi.
A marzo ci disorientava e ci faceva sentire ancora più soli al fronte, in attesa del nemico per sfuggire all’assedio del quale restavamo chiusi in casa o ci muovevamo come fuggiaschi nei dintorni di casa.
Adesso ci ricorda quei momenti che speravamo passati per sempre ma sapevamo solo rimandati.
Il virus ci fa vivere appieno quello stato di inquietudine ansiosa che sempre innerva la nostra vita ma è mascherato dalla pratica del quotidiano e dal rosario della abitudini; porta allo scoperto uno stato sempre presente ma Il cui habitat è sotto la superficie; ci ricorda quanto siamo deboli, fragili, temporanei.
Quanto tutto sia troppo per noi.
Solo il vivere ci permette di ignorare queste verità, e ignorarle è condizione per riuscire a vivere; quando la vita si ferma, invece, affiorano prepotenti e beffarde e il meccanismo si inceppa.

#lockdwown #zonarossa #coronavirus 

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giovedì 24 dicembre 2020

Ultimi giri



Potrebbe essere l’ultima NOTTE MERAVIGLIOSA per mia figlia.
Non so, dipenderà da quando non crederà più a Babbo Natale.
Per ora ci crede TOTALMENTE.
Sta ineluttabilmente per finire l’età MIGLIORE della sua vita, i primi 6-9 anni.
L’abbiamo vissuta tutti, senza accorgercene.
E, nel suo caso, è stata davvero, finora, una vita perfetta.
Nessuna fase della nostra esistenza è così completamete serena, priva di pensieri e di preoccupazioni, senza nubi importanti: felicità pura, quella che inseguiamo per tutta la vita senza mai raggiungerla, se non per fuggevoli e illusori istanti: perché non esiste, oltre l’infanzia.
E l’errore, che vizia tutto il nostro cammino, è proprio inseguirla.
Certo, sto escludendo i tanti bimbi che soffrono per le guerre, la fame o perché hanno genitori impossibili: lo so.
Forse è l’ultima notte, forse no ma non manca molto.
Questa però dovrebbe ancora riuscire a godersela appieno.
#Natale 

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Un pensiero, a Natale


Pensiamo alle 70.000 persone morte di o con Covid.
Pensiamoci non perché la morte non sia cifra costante delle nostre esistenze, ne muoiono tante di persone anche per incidenti, tumore, fame, guerre.
Ma perché quelle 70 mila persone, nostri concittadini, sono morte SOLE.
Ha ragione il poeta Arminio: domani a tavola, prima di mangiare, accendiamo una candela, o stiamo in silenzio 20 secondi: per ricordarle.
Morire è brutto. 
Morire giovani, o da soli, è bruttissimo. 

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lunedì 21 dicembre 2020

Regole da cambiare


REGOLE DA CAMBIARE

Il Movimento, alla nascita, si è dato alcune regole innovative, che contribuiscono, assieme all’entusiasmo, all’onestà, al fatto di non aver partecipato alla demolizione di questo Paese e alla trasparenza, a renderlo molto diverso dai c.d. partiti.
Tuttavia queste regole servono e devono servire innazitutto al Movimento, non devono danneggiarlo o essere utili agli avversari politici.
Quindi se dopo anni di prova sul campo qualche regola, studiata a tavolino, deve essere cambiata perché autolesionista, è giusto farlo.
Un Movimento maturo e utile al Paese cresce, pur senza perdere identità.
Cambiare con avvedutezza alcune regole è sinonimo di intelligenza e crescita, non di tradimento. Chi dice questo non ragiona, spiace rilevarlo.

Un esempio è la regola che impone le dimissioni in caso di condanna in primo grado. Non può valere in tutti i casi, non può valere per casi come quello di Appendino, che sono al limite della fantascienza.
Occorre distinguere, per fare in modo che debba dimettersi chi davvero ha fatto qualcosa contro la collettività e a suo vantaggio personale, anche fosse cosa di poco conto.
La regola, modificata, sarà migliore, e distinguerà sempre molto il Movimento dai partiti, che invece in genere premiamo chi è indagato o condannato (e qui di solito parliamo non di cose inesistenti come quello della Appendino, ma di reati belli grossi).

La specificità del Movimento è anche di darsi regole innovative e che nessuno si dà, ma è ovviamente libero di modularle come meglio crede, dato che se le dà da solo, senza tradirne lo spirito. Resterà sempre parecchie spanne sopra tutti, quanto a etica. Chi non ha regole come queste, non ha diritto di criticare eventuali perfezionamenti: se lo fa, dimostra solo di essere inferiore e ipocrita.

E’ assurdo che Appendino si dimetta perché ha inserito un debito nel bilancio del 2016 anziché in quello del 2018: mossa avallata dalla Corte dei Conti!. E che ovviamente non ha portato alcun vantaggio a lei.

Appendino e Raggi (che sapevo innocente e tale è stata per due volte riconosciuta: anche qui processo abbastanza assurdo) sono due donne rivelazioni e due punte di diamante dei 5s.

(Img: Saturn Landscape)



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mercoledì 16 dicembre 2020

Tira e molla



RENZI, è bene ricordarlo, è un prodotto del PD.
Non atterra sulla Terra proveniendo da un pianeta misterioso e lontano.
Nasce, cresce (male), fa danni e appassisce dentro al Pd (e insieme al Pd: lo fa marcire) e con l’appoggio del Pd, ed essendo il Pd.
Acclamato come giovane promessa, coccolato come virgulto pieno di sorprese, eletto a furor di popolo, idolatatrato, venerato, difeso sempre e comunque.
Nel suo orrido percorso politico, nelle sue balle sulla rottamazione, nella sua mancanza di confronto e collegialità, nelle sue nomine circoscritte e regionali-amicali (magari legittime, ma grandemente inopportune), nelle sue politiche di destra che demoliscono i diritti dei lavoratori e tagliano risorse ai settori vitali come la Sanità, nella sciagurata impresa del referendum (“schiforma”), nei suoi tradimenti e voltafaccia a partire da quello di Letta, nella sua gestione inaccettabile delle dinamiche interne di partito e delle relazioni con gli altri, nella sua congenita incapacità di confrontarsi emediare, nel suo istinto di dividere più che di unire, di distruggere più che di conservare o ricostruire.
E’ un prodotto d.o.c. del Pd.
Degenerato poi, dall’alto di percentuali di consenso ridicole,  a Facilitatore di governi altrui (partecipa, ma si sente fuori) e infine a Microbo Politico ricattatore di governi in carica, in un eterno giochetto di tira e molla, di minacce e dietrofront, di ultimatum e penultimatum, di dico e non dico, di occhiolini d’intesa a frange interne o avversari esterni.
La mia stima politica per lui è sempre stata zero, basta rileggermi, fin dai tempi in cui, giovane sindaco, appariva ai più (poveretti questi più) come il Nuovo che avanza, la salvezza del Paese e minchiate varie. Mai l’ho votato, mai l’ho stimato. Non ho avuto nemmeno il classico anno-anno e mezzo di innamoramento a cui non sono sfuggiti nemmeno molti di quelli che poi si sono (abbastanza in tempo) dissociati da questo fenomeno nato in un partito di mezza sinistra e autore di politiche di destra. 


utore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.

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Siamo solo esseri umani


Alla fine a ciascuno di noi interessa innazitutto che non soffra o non muoia nessuno della cerchia Io-Figli-Genitori-Coniuge-Nipoti-Parenti-Amanti-Amici-VipCheAmiamo. Sono in dubbio solo sull’ordine di priorità delle prime due posizioni.
Ma nessuno lo ammetterà mai fino in fondo. O pochissimi.
Nulla di scandaloso, siamo esseri umani. Anche se lo dimentichiamo.
-
Alla fine, nessuno di noi, anche se teme la morte e ne parla, pensa di poter davvero morire a breve, specialmente se ha meno di 95 anni. Morire è un destino che tocca sempre agli altri. Anche perché di continuo abbiano notizia della morte degli altri, mentre non avremo mai modo di apprendere la notizia della nostra.
Anche qui nulla di scandaloso, è un meccanismo base dell’essere umano: senza di questo, non riusciremmo a vivere un quarto d’ora.
-
Alla fine, quando muore uno sconosciuto, ciascuno di noi pensa: “anche stavolta è andata”. Nulla di scandaloso.
-
La morte è sempre con noi. E’ ingiusta, cattiva, brutale. 
Noi siamo morte, temporaneamente coperta da un alito di vita.
Ma siamo sicuri che la vita, questa vita, che è succube della morte, sia stata progettata meglio?
-
La vita è un percorso a ostacoli. Tralasciando i primi anni, e anche qui solo in parte, nessuno può sostituirsi a te nel compito di cercare di evitarli o di colpirli solo di striscio. Lo scopo primario è ritardare il più possibile di centrare quello che ti abbatterà. Altri significati, secondari, è possibile e anzi doveroso cercare di attribuirli alla vita: per andare avanti con buona lena.

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martedì 15 dicembre 2020

Ma che ci fa adesso in Molise, Gianni?



Maestà, Maestà... la prego, è ora di firmare il decreto..
Ma di già? Ho appena pranzato, non si può fare dopo?
Eh no, è urgente...
Ok, forza, facciamo in fretta ché dopo ho la Barbara in Tv, poi la caccia alla volpe e stasera il burraco con quel demente del Re di Cazzonia.
Ok.
Partiamo, su.
Bene. Giani chiede una revisione dei dati.
Gianni? Gianni come? Chi è? Che vuole?
Il governatore della Toscana, Giani. Sa, Giani-Ceccardi...
Uh, mamma mia, Ceccardi! Uhm... quali dati?
Come quali dati, il colore della regione...
Ah sì. Tutti questo stanno a chiedermi da un mese, che noia.
Eh già. Quindi per la Toscana cosa facciamo?
Ah, ok. Toscana.... Toscana... Aspetta un minuto... (scartabella fra alcuni fogli unti e stropicciati)
...
... Ma io qui nell’elenco alla T ho solo Trentino... Sei sicuro?
Eh... sì.
Ah. Vabbè, l’aggiungo col lapis.
Ben fatto, Maestà.
Grazie.
Prego. Non c’e’ di che.
Ma Giani chi è?
Il governatore della Toscana.
Ah. No Trentino eh?
Eh no. Toscana. 
Vabbuono. Trentino-Toscana?
No, Maestà, solo Toscana.
Ah sì? Ok. Aggiunta. 
Bravo.
Grazie.
Prego.
Ci sta anche bene.
Cosa?
La Toscana.
Dove, Maestà?
Nell’elenco intendo, anche se c’è una macchia di sugo, sta accanto alla Sicilia, ci sta proprio bene, adoro la Sicilia!
Quindi cosa diciamo alla macchia di su.., ehm alla Toscana, Sire?
Ok, ok, adesso ci arrivo... uhm, sai cosa? Facciamolo arancio da giovedì. Ma sì, dai, mi sta simpatico dalla foto. E’uno figo!
Chi facciamo arancio?
Giani.
Ma come Giani! La Toscana, vuol dire.
Certo, la Toscana.
Ma Maestà eccellentissima, è già arancio...
E allora che vuole ‘sto Giani?
Ehm... è arancio dall’11 novembre. Si lamenta.
Non piace il colore? Davvero strano, è un colore così solare, e poi ricorda il calcio totale, gli arecrisna, e poi è il mio colore portafortuna, lo sapeva?
Ah, davvero? No, non sapevo.
Eh sì.
Grazie per avermi reso partecipe di un fatto così intimo, Eccellenza.
Prego.
Non c’e’ di che.
Quindi che vogliono?
Sono arancio da 35 giorni...
Che costanza, però, questo ehm...
Giani!
Ah sì, Gianni.
Giani...
Ok
Allora giallo dal 21! Passiamo ad altro. E’ accesa la TV?
Ma Maestà, non ha senso, il 21 poi scatta il divieto fra regioni.
Ah. E chi lo ha deciso questo blocco fra “regioni”, roba da matti?
Lei pochi giorni fa!
Ah certo, ottima decisione, lo dicevo io. E quindi?
E quindi se la Toscana va in giallo il 21, scatta subito il blocco...
E non si può, eh?
Eh.. direi di no!
Sicuro sicuro?
Sì...
Proprio sicuro sicuretto sicurissimo? (ride sghembo)
Maestà, la prego, si ricomponga. Certo.
Ah uhm... ok.
Allora che facciamo per la macchia di sugo (sorride)?
(Ridendo in modo malsano e sgangherato) Ahahahahaha, allora giallo dal 19, sarà contento.
Immagino di sì. Ma il 19 è sabato, poi la gente si accalca nei negozi per fare il cashback... Ci pensa a Firenze? 
Ma Firenze non è in Piemonte?
Ma no! E’ in Toscana, Sire. Cosa dice?
Ah ok, scusa. Ma Rignano dove sta?
Ehm... (cambiando discorso), allora cosa facciamo? Il 19 poi ci sarà il mondo in giro.
Già, hai ragione, il chescbek, allora facciamo giallo dal 20.
Ma il 21 c’è il blocc...
Uffa! Che due maroni porca vacca! Allora giallo dalle ore 18 del 19, va bene così?
Bene, Maestà, ma non si alteri.
Chi è questo Alteri, adesso? Cosa vuole?
No, dico, non si alteri per così poco, ehm, non si incazzi.
Ah ok. Tranquillo, è passato. La volpe lo sa che partiamo alle 16?
Penso di sì. 
Male, mai darle vantaggi!
Cambiamo l’ora?
Mah... ormai non si può, ho Pilates dopo...
Ah ok. Ora ci sarebbe da esaminare il caso del Molise.
Eh?
Il Molise.
Ma dillo al Ministro degli Esteri, no? Io c’ho da fare.
Il Molise, Maestà, il nostro Molise...
Ah, ok. Dunque (riprende i fogli in mano, un po’ scocciato)...vediamo un po’... G, H... I, L... M... Molise! Trovato! Questo l’ho beccato subito, eh! Ehi, è in Italia! Incredibile, ogni giorno se ne impara una, nella vita! Che vuole Giani qui?
No, Giani è governatore di Toscana, ricorda? Giani-Ceccardi, arancio dal 10 novembre...
Uh Ceccardi mamma mia! Ah già, Toscana. Giani.
Sì, Giani.
E che ci fa adesso Giani in Molase, scusa eh? Non c’e’ il divieto di spostamento dalle regioni arancio?
Molise, Maestà, non Molase. Ma di chi sta parlando?
Di Giani. Che ci fa adesso in Mulise?
Molise.
Ok. Molise
E allora? Che ci fa lì? C’ha i genitori anziani?
No. Giani infatti è in Toscana,non si è mosso. Ora parliamo del Molise.
Dobbiamo proprio? Non si può scegliere Attualità?
No, Maestà, adesso la domanda è su Geografia, spiace.
Almeno Costume o Scienza, in Scienza avevo 7!
No, è Geografia. Che cosa diciamo al Molise?
Uffa... Dunque che vuole il Molise? Che colore ha?
Giallo, Maestà Venerabile.
Ah, bene. E allora che minchia...?
Nulla, però vorrebbero un altro colore.
Eh? Son matti?
Ma no, non vogliono arancio o rosso, chiedono una cosa a righe, tipo verde-blu. Una roba che spacchi un po’, insomma.
Ohibò, non so se si può, a righe addirittura... ora chiamo i tecnici... e perché poi?
Mah, solo per essere notati di più, per passare meno inosservati, sa com’è...
Ma di chi parli? Del Molese? Ma se lo conoscono tutti, il Malise.
No, parlo del Molise, Maestà, del M-o-l-i-s-e.
Ah ok, certo, il Molise. E dove sta?
Ma come! Dove è da sempre.
Ah, ok, sarà così, non ne dubito, l’avevo detto che ero più forte su Attualità o Scienze. Dai, su, facciamo Scienze, sui castori so tutto e sull’atomo, poi...
No, ora dobbiamo rispondere al Molise.
Ok... che vogliono questi molisesi?
Molisani, Sire!
Certo, Molisani. Che cazzo vogliono?
Il colore, a righe... per farsi notare di più.
Ah già, il colore a righe! Ma pensa te. Ma se tutti sanno chi sono!
In verità nessuno sa chi sono, Maestà.
Insomma, a quanto mi dici, nessuno li considera, eh, questi molisesi...
Molisani.
Ok, Molisani. Ok, vedremo cosa si può fare per questa regione del Nord.
Sta al Sud.
Ah si? Meglio così. E si trova bene al Sud?
Non so, Maestà, semmai ora chiedo...
No, vabbè, lascia stare. Solo dì a Giani di tornare subito in Toscana, i genitori sono importanti, ma io non tollero eccezioni.
Ma Giani è sempre rimasto in Toscana.
E allora perchè chiede le righe per il Maluse? Di che si impiccia questo Gianni? Proprio vero che le foto a volte ingannano...
Giani, Maestà. E Molise. Lui non chiede nulla, le chiedeva il Molise le righe...
Ah, le chiedeva, quindi ora non le chiede più? Meno male...
No, le chiedeva nel senso che le chiede ancora...
Ah, ecco, mi pareva, certo sono insistenti questi fiorentini, eh? Decideranno i tecnici, così ho stabilito! Ora a chi tocca?
....
Allora? Cosa abbiamo ora?
Adesso c’e’ Sport.
Bene, qui son forte.
Allora.. chi vinse la Coppa del Mondo di calcio del 1982?
Questa la so, questa la so!! Evvai!
Bene, Maestà, son contento. 

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lunedì 14 dicembre 2020

Brevi considerazioni in epoca di pandemia

Penso che i vaccini genici non possano per definizione considerarsi sicuri, prima ancora del merito di una loro analisi che non ho i titoli per commentare nello specifico.
Penso che il vaccino o i vaccini in arrivo impiegheranno molto tempo prima di incidere sulla situazione esistente.
Tempo che avranno un’efficacia parziale/temporanea.
Sono certo che altri virus verranno fuori, nei prossimi anni.
Penso che dovremo vivere, senza rinunciare a tutto, ma senza illuderci di poter riavere tutto, accettando anche il fatto che un certo numero di morti ci accompagnerà ancora per mesi e mesi.
Adesso scusate ma devo andare, Taffo aveva un’offerta in scadenza. 

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venerdì 11 dicembre 2020

Friburgo e Magdeburgo: due scuole di pensiero a...

FRIBURGO E MAGDEBURGO: DUE SCUOLE DI PENSIERO A CONFRONTO SULLO SPINOSO TEMA DELL’ASCOLTO E DEL FRAINTENDIMENTO

La prestigiosa scuola filosofica di Friburgo sostiene da sempre che se una persona, che definiremo con la lettera X, non ascolta quel che un’altra persona (che definiremo con la lettera Y) dice, vi sono buone probabilità che non capisca quello che Y voleva dire. Su richiesta, alcuni eminenti studiosi di questa scuola di pensiero hanno anche provato, come gesto di inusitata cortesia, a quantificare questa probabilità, stimandola approssimativamente del 95%, con un range di errore di +/- 1%.

La scuola di Magdeburgo, da sempre acerrima rivale della precedente (da tempo immemore a Magdeburgo si è soliti usare il termine “idioti totali” per riferirsi ai colleghi di Friburgo), ha però preso di petto la questione e, dopo attenta e puntuale riflessione, i suoi più autorevoli studiosi, punti nel vivo da cotanta sicumera accademica, hanno sostenuto che questa affermazione, lungi dall’essere del tutto provata, non può comunque portare a concludere che “è meglio in ogni caso ascoltare quel che un’altra persona ha da dire, se si vuole essere sicuri di riuscire a cogliere quello che dice”.
Sostengono infatti essi, e non senza un qualche fondamento, che ascoltare un’altra persona, rispetto all’ipotesi di non ascoltarla per niente, potrebbe in realtà essere addirittura controproducente, ai fini di una comprensione dell’altrui dire: ascoltando, infatti, vi è il rischio di capir male, di fraintendere, e quindi di dare vita a effetti certamente disdicevoli e forieri di possibili conseguenze negative sul piano dei rapporti personali e sociali.

Sconcertata da questa appuntita replica nel merito, la scuola di Friburgo (gli idioti totali, per capirci) si è presa un po’ di tempo per elaborare una risposta, e questo ha generato una certa soddisfazione in alcuni esponenti della scuola rivale (noti anche, nell’ambiente accademico, come “quei gran figli di buona donna”), del resto mascherata a fatica tra alcuni sghignazzi francamente poco educati e non raccomandabili in società.

Alla fine, Friburgo ha eccepito che il fraintendimento è sì sempre possibile, ma configura comunque solo uno dei possibili esiti (per giunta spesso parziale) di quella esperienza fondante che è l’ascoltare il detto dell’altro da noi, e non l’unico e inevitabile approdo; ché, anzi, la possibilità di capir male elementi essenziali del discorso ascoltato, certamente valutabile, non potrebbe comunque dirsi superiore al 20%. Inoltre, e qui è sempre Friburgo a parlare, nemmeno può dirsi che sia del tutto esclusa la possibilità di fraintendere nell’ipotesi di non ascolto del discorso dell’altra persona, perché sarebbe sempre possibile, pur non ascoltando per niente, immaginare che qualcosa sia stato detto, e proprio a noi, ricavandolo magari per esperienza dall’espressione interrogativa e già un tantino scazzata dell’oratore che ha cominciato a credersi ignorato a bella posta, quando magari egli non si rivolgeva invece a noi: e questo già potrebbe definirsi “fraintendimento”, ai sensi della definizione che di questo particolare vizio del rapporto dialettico dà il celebre dizionario Meregazzi nell’edizione più celebre, quella del 1911.

A questo punto si è inserita a sorpresa nella nobile discussione la meno accreditata scuola di Sofia che, coi metodi spicci a cui ci ha abituato da tempo (si pensi alla loro celebre definizione di vita come “istante palloso che intercorre tra la nascita e la dipartita”) ha creduto di porre un punto fermo alla questione sostenendo con arrogante sicurezza che “ascoltare o non ascoltare vale a poco quando vuoi comunque fare quello che ti pare”, il che ha lasciato basiti e un pochino scocciati i colleghi di Friburgo e di Magdeburgo, che hanno sempre mal digerito le elaborazioni di questa “accademia per dementi”, come sono soliti definirla in bagno quando si incontrano ai convegni.

Accantonata con disprezzo la sortita della scuola di Sofia, rimaneva comunque sul piatto la precisazione della scuola di Friburgo, che pareva difficilmente attaccabile. Di fronte a queste circostanziate e a ben vedere profondamente meditate controrepliche della scuola di Friburgo, alcuni esponenti della scuola di Magdeburgo, tenuto anche conto del fatto che discutendo e discutendo si era fatta una certa, hanno preferito rispondere ai colleghi facendo il gesto dell’ombrello (un paio di assistenti hanno corredato il tutto con due pernacchioni), e questo francamente non è una condotta garbata che un gentiluomo possa apprezzare nelle diatribe fra autorevoli studiosi.

Nella foto: Friburgo 




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giovedì 10 dicembre 2020

Presidenti del Consiglio


Finora (74 anni) abbiamo avuto 29 Presidenti del Consiglio dei Ministri.
In totale hanno presieduto 66 fra governi, governicchi e governi balneari, con una media di 2 governi e rotti a testa, anche se 6 “premier” bulimici da soli si sono divertiti con ben 35 esecutivi.
Sei sono stati toscani, tre piemontesti, altri 3 laziali e altri 3 lombardi.
Sette regioni non hanno mai fornito presidenti: tra queste la Liguria.

Il primo è stato De Gasperi, che ha presieduto 8 governi; seguono Andreotti 7, Fanfani 6, Rumor e Moro 5, Papi 4, Cesena 3, Pisa 2 e chiude il Lecce a zero ma con una partita da recuperare. Bari, secondo estratto: 46.
La squadra col maggior numero di cannonieri è stata la DC (16 presidenti: una specie di Juve del Parlamento, e mi fermo qua).

Anche se Giletti e alcuni altri non lo sanno, nessuno è stato eletto. Tutti erano parlamentari fino a Ciampi; seguirono poi il secondo Amato, il Bomba e Conte. Ah, anche il Dini. Uno fu pugnalato (Letta).

Tambroni è durato 123 giorni (il tempo di farsi i biglietti da visita), Berlusconi -sommando i governi- più di tutti (3340 giorni), Il Covid19 è già a quasi 10 mesi.

Quattro si chiamavano Giovanni. Nessuno si chiamava Trevor. Ne ricordo solo due coi baffi (D’Alema, detto infatti Baffino, e Goria, che aveva barba e baffi). 15 avevano gli occhiali, 14 no. Nessuno di loro ha mai vinto il Pallone d’Oro.

Da quando sono nato ci sono stati 46 governi e 23 presidenti. Ho avuto così tanto culo che mi sono sciroppato 2 Fanfani, 4 Papi, 7 Andreotti, 1 De Mita, 1 Renzi e svariati terremoti e stragi.

Da quando capisco qualcosa di politica ho vissuto però 28 governi e non 46 e 16 presidenti e non 23 (diciamo da Spadolini I, via)

Ricordo con qualche favore Spadolini e poi Craxi (mi piaceva il suo decisionismo e le sue indubbie attitudini da leader, però rubò e fuggì quindi devo cassarlo). Ricordo come un lungo incubo Papi e come un incubo breve ma segnante il Bomba+Gentilenzi. Preferisco rimuovere Andreotti (“Assolto!!! Assolto!!!” Una fava).

Al momento il migliore è per distacco quello attuale, Conte, non ho alcun dubbio. Un po’ per indubbi meriti, un po’ per il quadro desolante dei concorrenti. Ma la storia di Conte è ancora da scrivere.

Chi si ricorda di Zoli, di nome Adone (durò un annetto)? Io no.

E basta, finisce qua il post. 

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Ti ho ucciso ma non volevo davvero farlo, quindi scu...

TI HO UCCISO MA NON VOLEVO DAVVERO FARLO, QUINDI SCUSAMI TANTO E ADESSO VADO, OK? 
(1850 caratteri -ehi, lo ho contati tutti poi mi sono stufato e ho messo “circa”; 2 minuti abbondanti per leggermi, una vita per capirmi -chiedete al mio psichiatra, a causa mia è in cura pure lui da un collega)


Se ti uccido prendo l’ergastolo. Falso, spesso prendo 15-20 anni che con riti abbreviati e caxxate varie si riducono e poi semilibertà e semifava e alla fine ti ho ucciso ma faccio sì e no 10 anni di galera e quando mi va di schifo.
Alla fine, poi, se ti ho ucciso che avevo 25 anni, esco di galera e ho casa e lavoro, due cose che un 40enne incensurato spesso si sogna: ma è il “carattere rieducativo della pena”, che non contesto: semmai contesto che per gli incensurati i principi costituzionali restino invece lettera morta.
E poi, se dimostro che ero incapace di intendere e di volere (per esempio ero nel pieno di un delirio di gelosia) mi assolvono. O me la cavo con due schiaffetti e un “non farlo più, birichino”.  Alla fine un codice benevolo, un avvocato abilissimo e un giudice fantasioso possono salvarmi la vita.

Del resto chi uccide senza essere in pericolo di vita non è sempre incapace di intendere e di volere? Come potrebbe, un uomo coi neuroni a posto, uccidere salvo nel caso che ho precisato? Quindi vedete bene che tutti gli assassini andrebbero assolti senza dubbi: quelli che hanno ucciso per denaro, sesso, carriera, vendetta, raptus, gelosia etc. perché chiaramente incapaci in quell’istante, senza necessità di una perizia a validare una verità evidente; coloro che hanno ucciso per difendersi da pericolo grave, certo ed imminente, per ovvie ragioni. Non servirebbero neppure nuove carceri.

Tutto questo per dire che secondo me se uccidi volendo farlo (e non eri nel caso citato) dovresti prenderti una valanga di anni di gabbio; se uccidi perché sei “matto” o lo sei stato in quell’istante (e quindi potresti ricaderci) andresti comunque punito a lungo perché sei un pericolo sociale ancora maggiore (è ovvio: sei matto o tendi a dar di matto, cosa c’e’ di peggio?), dato che agisci inconsapevolmente. Invece, nel primo caso ti commino pene ridicole, nel secondo puoi andare e tante scuse.

La mia è una visione disumana, nessuno tocchi quella merdaccia di Caino, (Abele invece massacriamolo, eh), etc? Può essere. Ma io la penso così.
Anzi, lo sapete bene: per chi uccide senza attenuanti corpose io prevederei ben altro, in tutti i casi in vi è certezza assoluta della colpevolezza (video, intercettazioni, plurime testimonianze coincidenti, confessione). Ma non si può dire, Caino ha un ottimo ufficio stampa e quella pena a cui penso è tabù in questa società perbenista che però si gira di là se un migrante bambino non può passare il Natale perché sta in fondo al Mare Nostrum.

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domenica 6 dicembre 2020

Vite sommate senza criterio l’una all’altra



Quando qualcosa si rompe spesso non te accorgi subito.
Anche perché molte volte, nella vita, sembra che qualcosa non sia più come prima e poi invece tutto rientra in silenzio nell’alveo della quotidianità.
Le volte in cui invece la frattura non si sanerà non te ne accorgi subito.
E, dopo, tutto sembra come prima ma nulla è più come prima.
Quando si rompe qualcosa di grosso generalmente non fa rumore.

Una domenica, adesso, è molto diversa da una domenica di soli dieci anni fa. Non parliamo di una domenica dei ‘90 o di quando eri adolescente.
Una settimana ha un sapore diverso. La vita è diversa, il modo in cui ti cade addosso, il modo in cui guardi al futuro e fai i conti col passato.
Siamo sempre noi, ma non lo siamo più.
Ciascuno di noi, dopo quaranta o cinquant’anni, è la somma di più persone, tutte uguali eppure così diverse. 

Aver vissuto ci aiuta a vivere, se sappiamo almeno un po’ mettere a frutto l’esperienza di vita. Ma ci impedisce anche di vivere, nello stesso tempo. E’ un coltello senza manico, con due lame. Un po’ come sono i ricordi: maneggiandoli sei destinato a tagliarti comunque.

Sembra sempre che il tempo non basti mai, per fare tutto quello che dobbiamo fare. Poi però ci guardiamo indietro e ci accorgiamo di quanto tempo è passato e quanto velocemente, e abbiamo l’esatta e dolorosa percezione di averlo sprecato in maniera orrida.

Una vita non sarà mai perfetta o buona, non sarà mai compiuta o non perfettibile. Sarà sempre incompleta e soggetta alla meschina luce del rimpianto. Anche le vite che invidiamo. Tutte le vite. Perché vivere è un gioco troppo grande per noi, è come cercare di svuotare un oceano con un secchiello, o di trattenere fra le mani l’acqua di una cascata. Viviamo, ed è tutto. Ci illudiamo e pensiamo che stiamo facendo la cosa giusta, a volte ci disperiamo e vorremmo sparire per sempre, abbiamo torto in entrambi i casi. La vita è un puzzle che manca di qualche pezzo, è un mazzo di carte difettato, è un gioco di cui sfugge il senso. E’ troppo lenta per chi sta male o non sa gestirla, troppo veloce per chi sta bene e crede di dominarla. E’ un rebus che non ha soluzione.

Oggi è domenica, esattamente come il 4 giugno del 1972 o il 6 aprile del 1986. Ma quelle domeniche sembrano così lontane che quasi pare si tratti di un’altra vita, invece era sempre la nostra. Il Tempo è un mistero insondabile dentro al mistero assoluto della vita.

Io stesso sono esattamente quello del maggio del 1969 o dell’estate del 2000, ma in realtà sono anche una persona completamente diversa. Non mi riconosco più in me, in questa vita e in quelle che ho vissuto, mi sembrano vite diverse fra loro e lontane, sommate senza criterio l’una all’altra fino a dare come risultato quello che sono ora.

Mi sembra impossibile di averle vissute, ma anche possibilissimo. E’ impossibile che fossi io, ero io di sicuro.
Mi chiedo cosa avrei fatto se avessi potuto avere a 15 o 25 anni uno squarcio sul futuro: davvero, non so. Forse, se ci avessi creduto, l’avrei fatta finita. Non perché il futuro sia stato pessimo o ricco di tragedie, non è questo il senso del mio discorso. Ma perché vedere allora quello che sarebbe stato venti o trent’anni dopo mi avrebbe demolito in ogni caso.

La vita è un percorso a ostacoli che ogni giorno ti toglie un’illusione, ti conferma un timore, ti consolida nelle tue insicurezze e ti spinge a creare artificiosamente altre illusioni e altre certezze, in una spirale perversa che ti stringe sempre più. Non ci pensi, e questa è la chiave che permette a ciascuno di noi di continuare a vivere come se fossimo immortali e onnipotenti, come se stessimo scrivendo una storia fantastica e irripetibile, quando invece stiamo solo schivando alla bell’e meglio le offese del tempo e le trappole dell’esistenza. Viviamo perché altro non si può fare, in vita.

Tutti hanno di tanto in tanto momenti di profondo smarrimento, di angoscia. Come se si spegnesse per un attimo e del tutto improvvisamente la nostra bussola. Ci sentiamo persi, chi chiediamo il perché e il percome di tutto, non riusciamo più a vedere un senso in niente, siamo in balia dell’abisso. Ebbene, non si tratta di trascurabili crisi passeggere che a volte disturbano la navigazione nel mare della vita, ma sono gli unici momenti in cui davvero siamo e vediamo davvero.

E’ impossibile non avere rimpianti. Non mi riferisco a circostanze precise: un’offerta di lavoro non accettata, una storia sentimentale finita male, una decisione sbagliata. Parlo di un senso di rimpianto generale: abbiamo la sensazione, rivedemdoci a dieci anni con gli occhi di oggi, che avremmo potuto e dovuto fare cose diverse, senza scendere nel dettaglio; diverse da quelle che ci hanno portato qui. Ci guardiamo da fuori, vediamo quello che eravamo a quell’età e proviamo un’angoscia ineffabile per quello che è stato e per quello che invece non è stato. Vorremmo tornare a quegli istanti, o forse no: sappiamo bene che tornarci con la consapevolezza di oggi sarebbe innaturale e, senza, inutile. L’angoscia nasce proprio dalla irrisolvibilità di questo dilemma, dalla ineluttabilità del percorso che fai e del rimpianto che ti consumerà.

Davvero, ripenso a certe domeniche e mi chiedo quale mondo era, chi ero io e guardando tutto questo dal punto in cui sono provo solo sgomento e disorientamento. Forse perché intuivo che sarei arrivato a questo punto, lo intuivo senza saperlo in maniera cosciente, e averne la conferma adesso, dopo anni di velo a copire il reale, è probabilmente la chiave del dolore e dell’abbandono che colora le pareti del giorno che stiamo vivendo, che sto vivendo. 

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RDC: parlate senza saperne niente

In questi mesi ho riscontrato una cosa: su dieci persone che parlano male del Rdc, nove non ne sanno nulla, sono colmi di dati falsi, ignoranza, pregiudizi. E il decimo, che ha le idee un po’ più chiare, afferma molto spesso che occorre correggerlo, non eliminarlo.

 Il Rdc ha avuto, sta avendo un successo chiaro e netto. Amplificato anche dalla crisi susseguente alla pandemia, che all’epoca del suo varo non si poteva certo prevedere. 

 Due sono le finalità del Rdc: aiutare chi non ce la fa (a trovare lavoro/mangiare) e creare nuovi posti di lavoro. Le due finalità non sono legate. Una è urgente e va perseguita subito, e per farlo basta erogare aiuti; l’altra è urgente ma richiede tempi medi come minimo, dipende molto dall’andamento dell’economia italiana e mondiale e comunque costituisce una delle ragioni della creazione del Rdc, non l’unica né la più impellente. 

 Per quanto riguarda la prima finalità, il successo è stato clamoroso. Il Rdc ha determinato una riduzione del 9% dei poveri assoluti già nell’anno di esordio, il 2019. 450.000 persone sono uscite dallo stato di “grave indigenza”. Non si assisteva dal 2014 a una riduzione del disagio economico in Italia. Certo, uno stanziamento superiore avrebbe consentito di ottenere risultati ancora migliori, ma la necessità di mediare con il partner di governo dei 5 stelle e Quota 100 hanno dimezzato le risorse disponibili: che però possono sempre essere aumentate. I percettori di Rdc sono circa 3,1 milioni, il reddito medio è intorno ai 510 euro. Con lo scoppiare della pandemia, si è poi aggiunto il Rem (reddito di emergenza) che ha sostenuto 700.000 persone nella prima ondata e che poi è stato prorogato e aiuta 550.000 persone circa. 

 Per quanto riguarda la seconda finalità, il processo è in ritardo ma, nonostante i ritardi, occorre precisare un dato che sfugge a tutti. Dei 3,1 milioni di percettori di Rdc, solo 1,3 sono i “percettori obbligati” a trovare un lavoro: gli altri sono persone che per varie ragiioni non possono lavorare, ma come è intuibile hanno bisogno di mangiare... Ebbene, di questi 1,3 milioni, ben 352.000 hanno firmato un contratto di lavoro, anche se spesso precario, dopo aver iniziato a percepire il Rdc (ma come? Non stanno sul divano?) e spesso trovandoselo da soli. Si tratta dunque di una misura che ha ottenuto risultati clamorosi nel contrasto alla povertà e solo sufficienti, per il momento, sotto l’aspetto della creazione di lavoro. Una misura che nel complesso, pur essedo migliorabile (e si auspica anche potenziabile), funziona eccome.

 Quando fu varata la legge sul Rdc in Italia vi erano quasi 5 milioni di poveri (1,7 milioni di famiglie). Tra questi 1.260.000 erano già occupati (tanto per ribadire a chi continua a fare equivalenze tra percettori di Rdc e scansafatiche o tra percettori di Rdc e abili al lavoro: non sapete di cosa state parlando, letteralmente) e quindi erano i c.d. working poor; 669.000 erano inabili al lavoro o over 65; 1.265.000 erano bambini. Solo 945.000 erano senza occupazione e in cerca della stessa. Povertà e disoccupazione non coincidono perfettamente. Dopo questi dati, chi insiste a criticare l’idea di un Rdc, che è poi solo il primo passo verso quello che potremo definire come l’inevitabile approdo italiano e mondiale, ovvero il Reddito Universale Di base Incondizionato, e irrecuperabile. Chi lo approva ma ne chiede correttivi, merita di essere ascoltato. 

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Grazie a #DeMasi, #Rotunno, #FQ. 


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venerdì 4 dicembre 2020

Cari meteorologi

(6468 caratteri, 7 minuti -ma solo se siete lenti e comunque Guerra e Pace è più lungo e fa ridere di meno) Le previsioni meteo sono un genere letterario. Purtroppo abbastanza angosciante e molesto, sicuramente uno di quelli che in libreria evito. Certo, si trattasse di matematica le cose sarebbero diverse: basterebbe dire io prevedo 4. Un altro direbbe per me è 6. E tu te ne faresti una ragione, Sapresti perlomeno che probabilmente sarà da 4 a 6, ma non 2 e non 8. Invece non è matematica, anche se i meteoesperti usano i “modelli”. Quando si prevede sole a palla, son quasi tutti d’accordo. Bella forza, dirai tu: se dal satellite e dai modelli non si vede nulla, cosa vuoi prevedere di diverso rispetto a cielo sereno e sole tutto il giorno? Vero. Ma anche qui ovviamente c’è chi non abbandona il suo talento alla Agatha Christie e vede una giornata di sole ma con possibili piovaschi a macchia di leopardo, oppure temporali ma sui crinali (qualcuno di vostra conoscenza abita su un crinale?). E poi ci sono i catastrofisti, quelli che per ogni clic incassano la monetina e che quindi devono acchiappare la tua attenzione anche in un giorno tranquillo: per questi il sole d’estate diventa un’allerta caldo eccessivo (ehi, ti puoi scottare, ti viene il tumore alla pelle e tanti anziani di caldo ci muoiono -aggiungo io: muoiono quelli che non guardano Italia 1 altrimenti saprebbero che occorre bere, non stare in poltrona sotto due plaid e non uscire fra le 11 e le 16). E poi puoi sempre dire “oggi sole ma clicca qui” (sulla gif della locusta) e guarda cosa ti riserva la settima prossima... Quando invece in giro c’è merd@ (mi scuso per i tecnicismi a volte eccessivi) tutti vedono qualcosa, e questo vuole innanzituto dire che gli oculisti e gli ottici sanno fare il loro lavoro. Ill punto è che vedono cose diverse (è comprensibile), a volte molto diverse (questo è meno comprensibile). Facciamo un esempio. Arriva una perturbazione discreta, tipicamente invernale. Per Piero si tratta di una giornata con pioggia debole e vento abbastanza forte (anche qui: devo attaccarmi a un palo con la colla a presa rapida o basta chiudere le imposte e ritirare la bandiera della squadra del cuore?) ma poi in serata e nottata ci sarà una intensificazione dei fenomeni (per Luca: decisa intensificazione, per Augusto piogge persistenti, insistenti, cumulati significativi specie sui monti, innalzamanto dei corsi d’acqua del reticolo minore -figurati se fosse stato il maggiore), che a tratti (un po’ sì un po’ o no o, come penso, su di te che hai culo no e su di me che sono sfigato sì?) potranno assumere (potranno, nemmeno è certo) carattere di rovescio o di temporale (per Augusto: breve temporale, per Luca temporali localmente forti, una formuletta magica, questo “localmente”, per il quale io prevederei almeno 10 anni di lavori forzati in Siberia, amena regione nella quale come è noto il clima è “localmente” di merd@). Il vento sarà forte sulla costa, poi diminuirà e poi ruoterà (par di stare al circo, pappa-para-para-pappa-para) e interesserà il litorale, con raffiche anche di 60-70 km/h (ma Augusto, che a questo punto è un poco stronzo, mette ben due bandierine e l’ultima volta, quando son dovuto andare a recuperare mia nonna , che si era affacciata alla finestra, alla foce del Magra, ne aveva messo una). Luca favoleggia di possibile grandine ma non specifica se di dimensioni piccole o stile palle da tennis (altre vole distingueva, quindi rimarrai nel dubbio sul tipo di sport fino all’ultimo: biglie o basket?). Il tutto interesserà prima la Lunigiana poi le Apuane, ma soprattutto accadrà sui monti, dopo avere però spazzolato per bene la costa: insomma, fate prima a dirci se esistono un paio di settori o di comuni in cui potremmo trasferirici giusto per quelle 24 ore, zone rosse e arancio permettendo, per salvare la ghirba. A proposito di colori, non contenti di quelli decisi dal dittatore sanitario (Conte) interviene poi l’Autorità Preposta, che mette le allerta meteo. Ieri per oggi la mette gialla, ma so già che sicuramente oggi per oggi salirà ad arancio (spesso è così): ma ieri non vedevi quel che vedi oggi? No, lo vedevi, ma mettere subito arancio pareva poco garbato, e l’educazione è tutto. Con l’arancio scatta la telefonata, che impaurisce gli anziani e uccide di ansia i meteoropatici: insomma se non li uccide il fumine o la piena, ci pensa l’allerta. E quante volte era arancio e addirittura si è affacciato il sole o non ce n’era nessuna ed è venuto un temporale di 15 minuti che ti ha staccato anche i baffi e annerito il culo? Eh, dicono, non ci si può far nulla, un temporale può formarsi in dieci minuti, è non-prevedibile per natura: potresti averne uno proprio ora in formazione nella credenza della cucina, fa’ attenzione quando prendi lo zucchero, oggi il caffè prendilo amaro, su. Soprattutto mi dà noia la vaghezza, voluta o involontaria cambia poco. Ecco perché a scuola preferisco il voto al giudizio (al massimo entrambi, ma non solo il giudizio). Col giudizio, un teppista che mette i mortaretti nella borsa della maestra, che le sbircia sempre la gonna e non apre il libro per sei mesi può diventare “un ragazzo esuberante tutto sommato simpatico che a volte esagera con lo spirito goliardico ma che deve solo applicarsi di più perché le doti le ha”; uno che si fa il mazzo tutto il giorno e sa a memoria anche la bibliografia dei libri di testo diventa “uno studente modello di gran rendimento ma, comunque, non è un’aquila e non deve montarsi la testa”. Inceve 9 è 9, 4 è 4. Un 4 non lo rimedi nemmeno con 300 “6” consecutivi (è tremendo, 300x6 + 4 : 301 = 5,9933355481) ma almeno è chiaro, ti toccherà studiare e prendere due 7. E comunque, al di là della media, il voto è chiarissimo, se poi lo si vuole precisare con un giudizio ben venga: un 4 “ragazzo incapace di apprendere alcunchè, si consiglia la zappa” è diverso da un 4 “difficoltà di apprendimento che però paiono risolvibili con maggiore applicazione nel secondo semestre e preventivo sequestro di mortaretti, oltre a un paio di calzoni per la docente”. Tornando al meteo, ok piove, ma perchè io se leggo Tizio scappo nel bunker, se leggo Caio mi preoccupo ma ci sto, se leggo Sempronio sorrido e dico “ma che sarà mai dopotutto? E’ inverno, raga...” Eppure il cielo è uno per tutti, va bene fare valutazioni diverse, ci sta, dopo tutto son previsioni e non certezze del tempo, ma Queste benedette previsioni non dovrebbero oscillare in un range che va dalla pioggia abbondante all’arrivo del Cavaliere della Morte. Almeno io la vedo così. Cosa potrebbe risolvere questa babele di meteoespertoni che ti mandano di traverso il pranzo e ti corrodono con l’ansia? Forse una maggiore preparazione, ma non solo: quelli che seguo io mi paiono preparati! Allora ci vorrebbe una maggiore uniformità nei termini usati e maggiore equilibrio. Gradirei se si gridasse al lupo se il lupo c’e’, non se si vede un’ombra in lontananza che potrebbe essere il lupo, ma più probabilmente è il gatto vecchio e pigro di mia nonna. Mai spaventare, ma informare con termini chiari e senza voglia di sensazionalismo o desiderio di tranquillizzare oltre il dovuto (odio anche chi ti dice non è nulla e poi ti ritrovi in un tendone della Protezione Civile mezzo nudo e zuppo come un biscotto nel latte). E maggior attitudine didattica, stai parlando a gente comune, la cui conoscenza in campo meteorologico si ferma a saper scegliere tra ombrellino da borsa, ombrello standard con o senza automatismo o ombrello da pastore al momento di uscir di casa, dopo aver aperto la finestra e detto: “ehi si sta aprendo” (e dopo dieci minuti arrivano i VVF), oppure “ohi ohi mi sa che va a brutto” (e dopo venti minuti devi prendere la crema solare anche per stare in salotto). Cari meteorologi, di “orologi” avete ben poco. Se poi muoriamo tutti d’ansia, chi vi legge? E chi farà clic sui bannerini procura monetine? autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.

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DPCM: sotto c’e’ una logica, quindi lo rispetto


Le leggi sono per forza “generali”.

Facciamo un esempio. Io potrei benissimo passare il Natale con mamma anziana e fratello: davvero non farei correre rischi a nessuno. Saprei come fare e lo farei. Ma se non vi fossero restrizioni, molti farebbero pranzi senza distanza o mascherina, e magari tavolate da 30 persone.
Sarebbe carino se il premier dicesse: Mauro so come agisce e può fare il Natale con mammà, Piero e Siria invece no perché si comportano sempre da cazzari. Ma questo non è possibile.

Se il premier dicesse: potete uscire dal Comune ma il 25 sono vietati i pranzi con non conviventi, io non lo farei a Natale, ma molti sì, e siccome non si può bussare alla porta di milioni di famiglie, è necessario inventarsi una regola come quella che impedisce di oltrepassare il Comune nei giorni 25, 26 e 1. So bene anche io che in questo modo non si impedisce a chi ha i nonni nel Comune di fare un pranzo (rischioso) con loro, e che comunque si avvantaggia chi abita in un comune grande e si penalizza chi abita in un comune piccolo. Ma per forza una legge generalizza. E una legge è essenziale perché il senso di responsabilità delle persone non è sufficiente, nel complesso: per una persona saggia ce ne sono almeno tre irresponsabili.

Quindi criticare una legge che vale qualche settimana per le sue incongruenze (che ci sono) non ha senso: non si può davvero far di meglio. In questo modo si impediscono molte occasioni di contagio, sebbene non tutte; senza restrizioni, se ne verificherebbero moltissime di più.
Cosa impedirebbe del resto a molti di fare una tavolata con nonni, zii e cugini cinque o sei giorni prima di Natale, quando addirittura ci si potrtà spostare fra regioni? Sarebbe un’occasione per farsi gli auguri e scambiarsi i doni da aprire poi sotto l’albero. Nulla lo impedirebbe. Ma sarebbe stupido.
Ecco quindi che io non lo farò, pur potendolo fare. Non lo farò non perché ami le restrizioni (le odio), ma perché se vedo una logica dietro una legge, e se vedo che chi decide lo fa in maniera trasparente e saggia, fa del suo meglio insomma e per un fine condivisibile, passo sopra le inevitabili incongruenze e rispetto la legge, riconoscendo ad essa un valore. Se, viceversa, un governo decidesse norme discriminatorie (per esempio), disubbiderei. E’ dunque la logica che intravedo sotto la legge e la condotta sin qui tenuta da chi dirige che mi spinge a rispettare quel che viene deciso, sebbene non sia gradevole e abbia tratti di illogicità e incongruernza. 

Il punto è che non si tratta di leggi di un governo che ha usurpato il posto di quello precedente e che quindi chi vota (sic) Lega, Fi, Fdi deve sentirsi in dovere di dileggiare e violare. Si tratta di leggi di un governo legittimo (ovvio) che governa bene una situazione difficile. La lotta non è contro Conte o i 5s, ma contro il virus e contro la scemenza della maggior parte della gente e l’inevitabile stupidità complessiva di qualsiasi massa.

In una comunità accade sempre che i coscienziosi e gli onesti paghino per quelli che sono irresponsabili e disonesti: vedi l’evasione che ci ruba il futuro e inquina il presente. Certamente si potrebbe far molto di più per punire irresponsabili ed evasori, ma in una democrazia vi sono dei limiti e inoltre non è certo una fase di pandemia il periodo ideale per cercare di cambiare specifiche così strutturali di questo disperante Paese, ammesso poi di volerlo davvero fare. Non resta quindi che agire come Conte sta facendo, grosso modo. Non si impediranno tutte le situazioni di rischio, ma si ridurranno di parecchio. Non si faranno contenti i responsabili, ma si impedirà agli sciagurati di fare troppi danni.

Il fatto di poter pranzare al ristorante il 25 e di non poterlo fare coi nonni (se fuori Comune) pare una cavolata e forse lo è, ma rientra nelle conseguenze del fatto che Conte non è un dittatore. E’ sottoposto a pressioni inaudute da parte di più poteri forti e non può non cedere su qualcosa. Ha chiuso gli impianti di sci, impedisce lo spostamento tra regioni per 15 giorni, quello fra Comuni nei tre giorni chiave, impone la quarantena a chi rientra dall’estero dopo il 7, tiene quasi tutte le regioni in rosso o arancio fin quasi a Natale, ha imposto due lockdown (uno duro e lunghissimo, uno meno lungo e più modulato) in pochi mesi: qualcosa deve cedere, non ha i poteri forti, e non vorremmo che li avesse. Se poi deve cedere a preteste sciocche di idioti totali, dovremo cercare di farcene una ragione. E’ già tanto in una fase come questa avere un governo accettabile, forse avere anche un’opposizione, un sistema dell’informazione e un establishment accettabili, responsabili e collaborativi sarebbe chiedere troppo. Forse.

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mercoledì 2 dicembre 2020

Tassare i più ricchi? E perché?


Tassare i più RICCHI?
Ohibò.
E perché? Per INVIDIA, eh?
Ma dico, siamo matti?

Ce l’abbiamo con loro perché sono ricchi. Sono stati bravi e si sono fatti strada nella vita, accumulando milioni di euro in immobili, titoli, denaro e aggeggi vari come yacht, gioielli e auto di lusso. E’ pura invidia, fra l’altro punita da Dio. Che poi nella maggior parte dei casi si tratti di masse di denaro ereditate senza merito o accumulate cavando il sangue a lavoratori è particolare irrilevante che solo gi invidiosi e i comunisti continuano a tirar fuori con la bava alla bocca e con davvero poco garbo.

E cosa sarebbe questa storia che chi ha di più deve pagare più tasse? Se fa così, poi finirà per aver di meno!
Io che ho una decina di milioni di euro in banca, sei ville, una dozzina di fondi, otto auto, due moto, titoli azionari per altri sei milioni e due hotel in Trentino, perché mai dovrei contribuire al sistema sanitario nazionale o all’illuminazione pubblica o alla scuola più di te che sei un morto di fame perché sei nato senza capacità e preferisci poltrire tutto il giorno sul divano intascandoti il reddito di cittadinanza e facilitazioni/esenzioni varie? Del resto, a me non serve la sanità pubblica: se sto male, caccio fuori i quattrini e mi curo dai privati. Né mi serve la scuola pubblica, che è per i cenciosi, o l’illuminazione stradale: i miei figli frequentano prestigiose scuole prvate internazionali, sono la futura classe dirigente di questo Paese, non il futuro pizzicagnolo o il futuro rider, e la mia Mercedes ha fari di potenza sufficiente, e così le mie ville e i locali che sono abituato a frequentare.

Dovete tassare ancora di più i poveri e quelli che son sempre morti di fame ma si credono chissà chi solo perché hanno una o due casette e qualche decina di migliaia di euro in banca. I poveri li trovate subito e sono tantissimi: quindi tassarli (meglio se alla fonte) è facile e garantisce subito introiti certi e rapidi. Tassare i ricchi, invece, oltre che insensato e sintomo di cattiveria e invidia sociale, è difficile: dove sono i ricchi? Come li trovate? Non ce ne sono, a giudicare dalle dichiarazioni dei redditi. E poi, son pochi: sai che gettito!  E poi i ricchi hanno tantissime spese, se sapeste quanto costa mantenere ville e barche di lusso e se conosceste le pretese della servitù non parlereste in questo modo, se li tassiamo vanno in difficoltà e l’economia ne risente subito. Oltre ai politici che, notoriamente, amiamo tenere per le palle. 

Alla fine, meglio prelevare ancora qualcosa dai salari, dagli stipendi e dalle pensioni, ed eliminare tutti questi sussidi che sono un vero spreco di risorse pubbliche e spingono i giovani a non lavorare.
Perché lavoro ce n’è, il punto è che ormai un lavoratore preferisce guardare le serie Tv a 500 euro al mese piuttosto che lavorare 10 ore al giorno, magari in nero, per 800! 
Andando avanti così questo Paese non ha futuro! 

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sabato 28 novembre 2020

La solidarietà


La SOLIDARIETA’ è una bestiolina infida e dalle molteplici sfacettature.
Tu aiuti una persona, supponiamo un collega. Per amore incondizionato nei confronti del genere umano, perché ti sta simpatico o perchè sotto sotto pensi: se domani fossi nei guai, potrei contare su di lui?
Tu aiuti uno sconosciuto (volontariato): sei una brava persona. Ma aiutare e rendersi utuili fa sentire indispensabili e fa stare meglio, è inevitabile.
Ti aiuti un bimbo africano a distanza: ma lo fai per amore vero o per liberarti la coscienza?
Non sto dicendo che se io aiuto una persona lo faccio solo per tornaconto (do ut des) o per poter dormire la notte.
Ma è indubbio che siamo un groviglio di emozioni, sensazioni, pensieri e retropensieri, manifesti e inconsci, così ingarbugliato che è davvero difficile poter districare la matassa, quando si vuole capire la reale motivazione che ci spinge ad agire, ed è davvero utopico pensare che spesso non si agisca per secondi fini magari non consapevoli.

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mercoledì 25 novembre 2020

Diego


Qualche errore lo ha fatto, qualche debolezza l’ha avuta, ma pensiamo ai calciatori di oggi: a vent’anni anni alcuni guadagnano già cifre iperboliche e perdono motivazioni, Diego non le ha mai perse. Si conciano da buffoni, si fanno novemila tatuaggi, il gioco è un aspetto secondario nelle loro vite di vip miliardari, di acrobati di moderato talento e nessun cuore.
Oggi molti cosiddetti grandi calciatori sono personaggi tecnicamente non alla sua altezza e persone arroganti e spesso poco sportive. Irriconoscenti e altezzosi, giocano solo per il denaro e non si attaccano a nessuna bandiera, a nessuna città. Maradona no, giocava per divertirsi e per divertire la sua gente. Era una persona buona e vera. Con i suoi difetti, certo. Che però non lo rendevano meno degno di ammirazione e amore.

Chi lo considera un “drogato” non conosce la sua storia, confonde la fine della sua epopea con la sua epopea. E’ un villano e un incompetente.
La droga che inguaiò Diego (fra l’altro in circostanze mai chiarite del tutto) non potenziava le prestazioni, semmai il contrario, e non era assunta nel prepartita, ma scioccamente nel tempo libero. Inoltre nessuna droga ti dà quel tocco di palla che definire divino è offendere, quella capacità di nasconderla agli avversari quasi fosse magia, quella maestria nel dare del tu a una sfera che sui piedi degli altri spesso scivolava via impazzita e ai suoi obbediva docile e fedele.

Maradona in campo e nella vita di spogliatoio era un esempio per tutti. Una persona di grande umanità e sportività, un uomo che sapeva fare cose da stropicciarsi gli occhi ma che è sempre rimasto umile. Ed era una persona generosa, coi piedi per terra, entusiasta e genuina. Ecco perché è sempre stato più vittima che carnefice, ha subito i colpi bassi di un sistema invidioso e di un mondo dell’informazione meschino e vile.

Tutto questo spiega perchè oggi lo rimpiange anche chi non ha mai tifato Barcelllona, Napoli o Argentina. Ecco perchè lo piange anche chi ha subito sconfitte e delusioni per colpa sua.
Perché era il calcio, era la gioia di giocare a palla, era un uomo vero che ci metteva il cuore e faceva sognare bambini e adulti.
Era il dio di un calcio che da anni non esiste più.

L’eterna questione “meglio Pelè o Maradona” è destinata a non avere risposta. Pelè giocava in un calcio molto diverso e non ha mai affrontato l’esame europeo, questi sono due dati oggettivi. Tuttavia, penso che avrebbe fatto grandi cose anche da noi e anche oggi.
Pelè era molto più completo, aveva il destro e il sinistro, era forte di testa, potente, veloce negli scatti e nei recuperi, faceva una vita da atleta, era molto prolifico. Giocava a fianco di grandi campioni e guidava nazionali stellari, anche per questo ha vinto molto.

Maradona era meno completo, meno atletico ma con maggiore reattività muscolare. Faceva una vita meno da atleta, ma aveva un controllo e un tocco di palla che si sarebbero detti soprannaturali, una magica capacità di nascondere la sfera e di fare con essa tutto quello che gli saltava in mente. Il suo piede era preciso come una mano, un pallone calciato da lui pareva telecomandato. Ha guidato nazionali meno forti e ha avuto una carriera meno lunga, anche per questo ha vinto meno. Tuttavia, a lui ho visto fare cose che nessuno mai, ecco perché se anche Pelè gli può essere considerato globalmente superiore, parlando di pura tecnica Maradona non è il numero due di nessuno.

E’ vero, non giocava già da anni. 
Ma ci mancherà da domani. 

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