Si sta avvicinando il Natale peggiore della mia vita.
Sì, ok, c’è l’anno in cui è morto mio padre, ma quello è troppo facile, è fuori gara.
Sì, certo, mi lamento e non penso a chi adesso è in guerra, o all’ospedale, o su una sedia a rotelle, mentre io sono sano e vivo in un Paese che non è in guerra (o perlomeno: in una guerra di tipo tradizionale). Lo so, ma ragionando così, dato che, per quanto tu possa star male, esisterà sempre almeno una persona che sta peggio di te, possiamo chiudere con tutti i discorsi: ha senso?
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Eliminate così le minchiate che di solito ti sparano contro quando inizi un discorso di questo tipo, arriviamo al nocciolo dlla questione.
Non posso esserne certo, ma queste sono le aspettative.
Semplicemente, sarà il punto più basso degli ultimi anni, che a loro volta sono i più bassi di una vita: è dunque facile arrivare alla mia conclusione.
Ci arrivo senza fretta, senza squilli. Gradatamente, ma inesorabilmente, gradino dopo gradino ti accorgi di essere sceso per una scala molto lunga.
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Se poi paragono gli ultimi tre anni, per dire, alla media di dieci anni a caso più vecchi anche solo di sei o sette anni fa, il confronto è impietoso. Si tratta di movimenti non impercettibili ma non vistosi, che però esaminati nel medio e nel complesso fanno impressione. Vedi il dislivello tutto insieme e ti rendi conto che non era solo una sensazione.
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Di chi è la colpa? Del mondo infame, verrebbe da dire in questi casi. E probabilmente è così. Ma non puoi andare contro il mondo, o contro buona parte del mondo, quindi mi adatterò a dire che è colpa mia, che in questo mondo non so stare, che per questo mondo non son fatto: intima percezione che mi accompagna, a ben vedere, da sempre. E che potrebbe aver contribuito a far andare le cose per il verso sbagliato, certo (diamo il contentino allo psicologo dilettante di turno).
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E’ una lenta scivolata. Da lontano sembro fermo: sono declini riservati, che non amano far chiasso. Ma se confronti due punti dopo un intervallo di tempo non minimo, capisci ogni cosa.
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Perché non reagisci? Volere è potere. Se pensi di farcela, ce la farai. La vita è nelle tue mani. Sei tu che devi credere in te stesso.
Di frasi così ne potrei citare almeno quattro volte tanto. Ognuna di esse è vera, quanto è falsa e inutile. Quando scivoli, non serve che qualcuno ti ricordi che se vuoi puoi fermarti, perché altrimenti non staresti scivolando.
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Sto chiedendo aiuto con questo post? Francamente: no. Ma non perché sono superbo. Il fatto è che se ti salvi ti salvi da solo e quando affondi affondi e basta. E poi a nessuno importa niente di nessuno, questa è una cosa che molti di voi ancora faticano a capire. Quando dici che non potresti vivere senza una certa persona, non lo stai dicendo o sentendo perché vuoi a lei bene, ma perché pensi agli effetti che la sua scomparsa avrà su di te: sei sgomento non per lei, ma per te, per quanto soffrirai, per come cambierà la tua esistenza.
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Gli oggetti che mi circondano (alcuni da una vita, è il caso di dirlo) e che il giorno della fine saluterò per sempre lasciandoli in mani pessime o nelle mani di nessuno (è la stessa cosa, senza di me saranno persi e io senza di loro) da qualche anno sono distanti. Ci guardiamo poco e male. Ci sono cose ferme da anni, progetti abortiti, percorsi ancora alle battute iniziali, idee che ormai si sono perse per strada. E’ tutto fermo, come se si fosse fermato il tempo, che invece si è messo a correre sempre di più.
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E quel che si muove va male. A volte per interi giorni non vedo una cosa andare per il verso giusto, anche le più banali. E’ una cosa sconfortante che alla lunga diventa veramente insopportabile. Forse, se incontro solo auto in senso contrario, ho imboccato io il senso vietato...
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E’ una sensazione strana: come essere alla deriva su un placido specchio d’acqua e con le mani legate.
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I giornali non lo pubblicheranno mai, troppo lungo. Ne faranno un sunto, fatto male. Ma io non vedrò, quindi non soffrirò. Ho trovato una cosa positiva, finalmente.
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Nulla ha più lo stesso colore di prima. Il calendario mi si sbriciola fra le dita. Navigo a vista, e con un solo occhio.
Apparentemente sono quello di dieci anni fa, ma se la torre all’esterno è uguale, dentro manca poco al collasso e la polvere che farà sarà così tanta... Ma poi si poserà e tutto ricomincerà, senza la torre. Succede sempre così.
Presto gli scricchioli si faranno sentire e ne deturperanno un poco anche l’aspetto (sarà quando direte: da lui non me lo sarei aspettato, non è da lui, un tempo non gli sarebbe successo, e amenità simili), fino al botto.
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In questi ultimi giri non ho la voglia di perdonare nessuno. Penso sempre male di quelli di cui pensavo male. Non finirò pacificato, sarebbe un’adulterazione. La lenta discesa a un certo punto farà una curva un po’ più stretta dopo la quale non vedi cosa c’è fin quando non l’hai superata.
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Perché scrivo tutto questo?
E tu, perché lo leggi?
Torna a fare quello che stavi facendo.
So che non avrai sensi di colpa, tranquillo.
Dimenticami, so che ce la farai.
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