Gran Torino (U.S.A. 2008), di Clint Eastwood, con Clint Eastwood, Christopher Carley, Bee Vang, Ahney Her, Brian Haley, Geraldine Hughes, Dreama Walker, Brian Howe, John Carroll Lynch, William Hill, Scott Eastwood
Trama (filmup.it): un veterano della guerra in Corea, Walt Kowalski, vive in un quartiere popolato proprio da coreani. Il suo carattere difficile, lo ha portato, negli anni, ad allontanarsi dai suoi famigliari, ed ora che nel suo quartiere si sta scatenando una banda tra bande rivali, si ritrova sempre più solo. Quando, però, le schermaglie arrivano ad interessare il suo vicino di casa, nonostante questi cerchi di rubargli la sua Ford Gran Torino del 1972 custodita gelosamente in garage, Kowalski, interviene in sua difesa, mettendo a repentaglio la sua stessa vita...
(attenzione: il testo che segue rivela qualche particolare che chi ancora non ha visto il film potrebbe non voler conoscere)
Walt Kowalski è un reduce della guerra di Corea e un ex operaio della Ford. Ha appena seppellito l'amatissima moglie e si prepara a vivere l'ultima parte della sua vita da solo, nella casa di sempre, con il suo fedele cane e con la scintillante Ford Gran Torino del 1972 gelosamente custodita in garage, con la bandiera a stelle e strisce che sventola orgogliosa sulla veranda e un fucile e una pistola sempre carichi in casa, un pratino sempre perfettamente curato sul davanti, un bancone degli attrezzi degno di un'officina, lattine di birra e sigari come compagni, oltre ai pensieri e agli incubi di una vita.
Walt non è un padre intrattabile, semplicemente non è mai riuscito a conoscere davvero i suoi figli e nemmeno gli vanno a genio gli insulsi e svagati nipoti: non comprende i giovani d'oggi, non capisce bene cos'abbiano in testa. Ora che è rimasto solo i figli vorrebbero rinchiuderlo in un ospizio, per il suo bene: sono patetici nel non capire che hanno di fronte un uomo rimasto solo ma pienamente in grado di badare a se stesso, non un relitto da parcheggiare in un dormitorio; se vengono cacciati a male parole da Walt e non a schioppettate è solo perché sono i suoi figli...
Walt Kowalski non è un vecchio burbero e asociale, anche se lo sembra: ha un conflitto non risolto dentro di sé, che si porta dietro dalla guerra di Corea che con le sue brutture lo ha segnato per sempre; crede nei valori che ha sempre avuto e non approva il mondo di oggi che di quei valori sembra essersi scordato; non è arido o violento, solo che, a chi non lo conosce, appare per prima la corazza che le sventure gli hanno costruito intorno e che lo fanno apparire così, intollerante, intrattabile e razzista, nascondendo ai più la sua vera natura di uomo tutto d'un pezzo, forse intransigente, certamente poco incline ai compromessi, ma profondamente onesto e giusto.
Walt Kowalski non è razzista, o meglio: non sopporta proprio i "musi gialli" coreani, contro i quali ha combattuto in Corea, che ha ucciso senza un vero motivo, se mai un motivo per uccidere possa esservi, che gli hanno ucciso compagni e amici in una guerra che ancora si porta dentro ogni giorno che Dio manda in terra, e che ora si ritrova come vicini di casa perché hanno di fatto "occupato" il suo quartiere, di cui è rimasto uno dei pochi indigeni. Non sopporta i coreani perché li ha combattuti in guerra, li ha odiati, li ha uccisi e perché quella guerra insulsa lo ha ucciso dentro. E in verità mal tollera pure quel coacervo di messicani, irlandesi, asiatici, africani che ha invaso il suo quartiere e i quartieri vicini, rendendolo di fatto un estraneo in casa sua. Per non parlare delle gang di delinquenti asiatici senza scrupoli e senza morale che girano per il quartiere terrorizzando le persone per bene, pronti a stuprare e a uccidere con la stessa naturalezza con cui si beve un bicchiere d'acqua.
Il sigaro sempre in bocca, una lattina di birra sempre a portata, Walt vive barricato dietro a un agguerrito ma di fatto inconsistente armamentario di triti luoghi comuni antirazziali, sino a che, lentamente e sorprendentemente, questa sovrastruttura di screzi e di rapporti tesi, di disprezzo e di risposte brusche con i vicini s'incrina, grazie a un suo intervento a difesa di un ragazzo in difficoltà che gli abitanti del quartiere interpretano come degno di un eroe e omaggiano con gratitudine vincendo la sua iniziale diffidenza e ritrosia. Dopo questo evento, e grazie soprattutto all'amicizia con il giovane vicino, che Walt salva da una brutta via e incammina su quella retta, e con sua sorella, una ragazza spigliata e intraprendente che piano piano fa breccia nel cuore di quel burbero e vecchio pistolero, Walt impara a conoscere chi ha davanti, a superare diffidenze che non hanno ragione di essere, ad aprirsi e a capire la verità alla quale tutti gli uomini veri arrivano, chi prima chi dopo, e cioè che siamo tutti uguali sotto questo cielo e che a far la differenza tra gli uni e gli altri non è il colore della pelle o la regione di provenienza, ma, semmai, la stupidità e la cattiveria. Ecco allora che siamo tutti uguali, gialli rossi e neri, la verità lampante d'improvviso illumina rapporti sino ad allora tesi e innaturali: i veri nemici sono i cattivi, quelle bande di criminali che imperversano per il quartiere, quegli squallidi bulli con la testa vuota e l'anima inzuppata di male usi a uccidere per un niente che senza esitare Walt affronta di petto perché altro, un uomo, non può fare in certe situazioni e, prossimo a morire, con astuzia condanna a una fine ingloriosa e meritata.
Clint Eastwood, una carriera interminabile e splendida prima come attore e dopo anche dietro la macchina da presa, è una garanzia e sembra perfino migliorare con l'età. Ogni suo film è un colpo al centro del bersaglio: idee chiare, storie solide, regia impeccabile e sicura e la solita recitazione che lo ha reso grande. Un bel film, un colpo secco allo stomaco che prima ti piega in due poi ti fa pensare.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
domenica 29 marzo 2009
Gran Torino (di Clint Eastwood)
venerdì 27 marzo 2009
Ratzinger e il condom
Lunedì 23 marzo 2009 - CEI, Bagnasco al contrattacco: "Contro il Papa offese inaccettabili". “…vorremmo anche dire, sommessamente e con energia, che non accetteremo che il Papa sui media o altrove venga irriso e offeso...".
Venerdì 27 marzo 2009 (repubblica.it) - Una delle piu' prestigiose riviste scientifiche del mondo, l'inglese The Lancet, critica duramente le affermazioni di Papa Benedetto XVI, accusato di aver pubblicamente distorto le prove scientifiche per promuovere la dottrina cattolica sul tema del preservativo. “Non è chiaro –si legge- se l'errore del Papa sia dovuto ad ignoranza o se sia un deliberato tentativo di manipolare la scienza per appoggiare l'ideologia cattolica. Ma quando qualsiasi personaggio influente, sia una figura religiosa, sia politica, fa una falsa affermazione scientifica che potrebbe avere conseguenze devastanti per la salute di milioni di persone, questi dovrebbe ritrattare o correggere la linea". I recenti commenti di Joseph Ratzinger sul fatto che il condom aggrava i problemi del virus dell'Hiv sono "terribilmente imprecisi" e potrebbero avere conseguenze devastanti, mette in guardia il giornale. Nel suo primo giorno della sua prima visita in Africa il 17 marzo, Benedetto XVI ha affermato che "non si può risolvere il problema dell'Aids con la distribuzione dei preservativi", che al contrario, "aggravano il problema", scatenando le ire dei governi di Francia, Germania, Spagna e dell'Unione Europea.
Rev. Cardinale Bagnasco, questa non è un’offesa. E’ un’accusa grave e, putroppo per Lei, fondata. E il riferimento che The Lancet fa alla presunta ignoranza del Papa in materia non è un’offesa, ma un tentativo (disperato) di giustificarne in parte l’uscita. Offensivi, caso mai, sono stati i tentativi della gerarchia cattolica di far passare per visionari o mistificatori tutti coloro che increduli hanno ascoltato le chiare, precise, devastanti e scientificamente FALSE affermazioni di Joseph Ratzinger alias Papa Benedetto XVI. Un conto è esprimere la propria opinione, può farlo la Chiesa come chiunque, un conto è, dall’alto dell'importante carica che si riveste, fare affermazioni false e quindi blaterare, oppure minacciare (ricordate il recente annuncio di uno sciopero dei vescovi?), usare la propria immensa influenza sull’anima di persone credenti che di questioni mediche non sanno nulla condannandole cosi’ alla sofferenza e alla morte e più in generale far sì, sia pure con mezzi vergognosi ma leciti quali quelli (potentissimi) di persuasione sul potere politico, che la societa’ italiana resti ancora oggi ancorata, su certi temi, a uno stadio di arretratezza sconcertante.
Giordano Bruno fu bruciato vivo, gli autori dell'articolo apparso su The Lancet oggi non corrono questi pericoli. Ma è triste quando ti accorgi di non vedere altri cambiamenti, da allora.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
martedì 24 marzo 2009
Finta competenza diffusa
In questi tempi curiosi la finta competenza diffusa genera decisioni mostruose: tutti s'intendono di tutto e, giunti al potere, plasmano materie di cui dimostrano di non sapere quasi nulla. Parlamentari per caso vogliono privare l'individuo del diritto di disporre della propria vita; propongono di chiudere tutto Youtube se vi compare un solo filmato inopportuno; pensano di aver risolto il problema della violenza negli stadi rendendo più complicate le cose agli spettatori per bene; progettano ponti che gli ingegneri giapponesi crepano dal ridere ogni volta che gliene parli; difendono l'ipotesi (vera o no che sia) di dare il fucile da caccia ad imberbi adolescenti; propongono ad ogni condomino di allargarsi del 20% e, se le fondamenta del palazzo non reggono, di buttarlo giù e rifarlo da zero; definiscono fannulloni i dipendenti pubblici in toto, superflui i sindacati, fastidiose le votazioni parlamentari, guerriglieri gli studenti disarmati che scendono in piazza (disarmati per ora, metti che amino la caccia...); bollano come falsi i rapporti delle agenzie Onu che bacchettano il nostro Paese; prevedono il carcere per chi fa scommesse sportive su siti non autorizzati e per chi pubblica atti non più coperti da segreto, multe e sequestri per chi chiacchiera con una bella di notte, ma tante carezze e garanzie a chi froda migliaia di risparmiatori, a chi si rovina col lotto, a chi guida ubriaco e a chi ruba e violenta, salvo poi dare la colpa alle toghe, sempre rosse s'intende. La politica è l'unico settore in cui il principio "ciascuno si occupi di ciò che conosce bene" viene sistematicamente calpestato.
(*)
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
domenica 22 marzo 2009
Franco Battiato, Live in Theatre 09, Livorno
Di Franco Battiato si può dire molto, ma difficilmente sarà qualcosa che non è già stato detto: accade sempre quando si ha a che fare con artisti di lungo corso che occupano con merito la scena da decenni e che però, per vivacità intellettuale e freschezza culturale, dimostrano di avere ancora parecchio da dire. Forse il complimento migliore che possiamo fargli dopo aver assistito al concerto di venerdì sera 20 marzo al Teatro Goldoni di Livorno è che lo spettatore vorrebbe davvero che Battiato non finisse mai di cantare, anche dopo due ore e più di show.
Musicista, cantante, autore di testi, musiche, balletti e opere liriche, scrittore, studioso, editore, pittore, regista: sono solo alcune delle forme in cui il suo talento ha trovato espressione nel corso degli anni e, sebbene sia soprattutto la sua produzione musicale quella che gli ha dato il successo di massa, non bisogna dimenticare che in qualsiasi campo Battiato abbia deciso a un certo punto di cimentarsi non è mai stato banale ma ha sempre saputo portare la freschezza e la purezza della sua ispirazione, oltre alla modestia del neofita.
Ragazzotto spiantato e in cerca di una strada all'inizio degli anni '60, Battiato non è mai sceso a compromessi: ha sempre fatto quel che sentiva di dover fare, e pazienza se nei '70 faceva avanguardia pura e scriveva musica che quasi nessuno era in grado di capire. Non ha mai svoltato per inseguire un facile successo e, quando lo ha finalmente incontrato, non ha mai rinnegato il suo passato: Battiato è sempre rimasto fedele a se stesso, semplicemente ha seguito il suo personalissimo cammino artistico che lo ha portato negli anni ad attraversare molteplici stili e forme d'espressione: siamo noi che a un certo punto lo abbiamo incrociato e gli abbiamo dato l'ebbrezza di un riconoscimento meritato.
Artista poliedrico e talentuoso, dunque, autore di numerosi pezzi entrati a far parte della storia musicale italiana e non solo, vincitore nel 1979 del Premio Stockhausen di musica contemporanea, e' stato il primo cantante di musica leggera a tenere un concerto nello stato pontificio e il primo musicista occidentale a esibirsi in Iraq, nel 1992, sotto il regime di Saddam Hussein. Ma anche uomo colto, coerente, dalla grande curiosità intellettuale e dalla non comune apertura mentale, votato costantemente alla ricerca: per Battiato le culture diverse dalla nostra sono imperdibili occasioni di conoscenza e di arricchimento della propria anima e non minacce di fronte alle quali chiudersi a riccio nel guscio di un occidentalismo fine a se stesso. Alla storia guarda come a una tavola da decifrare per coglierne segreti e non come a un passato ammuffito e privo di significati; sa che nella sua stessa ricerca molti uomini prima di lui, in epoche lontane, hanno raggiunto risultati sorprendenti e quelli vuole raggiungere, far suoi, superare, come uomo prima ancora che come artista. Molteplici sono sempre stati i suoi interessi, che davvero spaziano in tutti i campi, e molteplici, come detto, i frutti della sua ispirazione.
Venerdì sera a Livorno, seguendo una scaletta davvero ben congegnata, ha dato l'ennesimo saggio della sua bravura musicale, cogliendo fior da fiore, con una leggerezza che solo una consolidata maestria sa darti, da una produzione musicale sterminata, variegata, di rara profondità e bellezza. Le sue canzoni non accusano minimamente i segni del tempo e anche a distanza di anni e dopo decine di ascolti sono in grado di dirti qualcosa di nuovo: tutto questo accade solo ai classici.
Ogni suo concerto, insomma, non è mai solo commemorativo ma nasconde in sé anche i chiari segni di indifferibili ed imminenti sviluppi futuri: quando abbiamo la fortuna di ascoltarlo sentiamo che in noi il piacere di quello che finora ci ha dato fa a gara con la dolce attesa di quel che ci darà in futuro.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
giovedì 19 marzo 2009
Frattini! Frattini!!! Come sarebbe a dire che "non intendi commentare"?
Colloquio immaginario (ma neanche tanto) con il Ministro degli Affari Esteri che si rimpiatta in casa a far le valige invece di affrontare la spinosa faccenda dell'ultima inaudita uscita del Papa che ha indignato tre quarti buoni di mondo.
Mentre il virus dell'Aids dilaga e il Papa, in viaggio alla volta dell'Africa, gli da' una mano bocciando urbi et orbi il demoniaco "condom", il mondo, indignato, alza la voce per protestare contro questa incredibile dichiarazione di Ratzinger. L'Italia, invece, che fa? Attraverso il ministro degli Esteri Franco Frattini, dice "di non voler commentare le parole del Papa".
.... (verso sera, al telefono, linea disturbata)...
-Frattini.... Frattini.... Frattini!!!!! Pronto, mi senti? Frattini, rispondi!!!
-Sì, pronto, chi parla? Qui casa di Frattini... Signor Frattini adesso fuori casa, torna tardi, tu richiama per favore.
-Frattini! Non fare l'imbecille, sono io! Smettila di fare il domestico cinese e idiota per di più, ti ho riconosciuto! Chi credi di fregare eh?
-Scusi signore, io non capire tanto bene italiano, Frattini non qui adesso, tu puoi richiama dopo?
-Frattini, porca galera, ti ho detto di finirla con questa sceneggiata, puoi fregare i giornali, forse, o Berlusconi, ma me non mi freghi, lo so che sei tu, dacci un taglio che la questione è importante!
-(silenzio... poi si odono sbuffi di insofferenza) Uffa uffa uffa!!!... non mi riesce mai questa imitazione del cazzo! Cosa c'e', si può sapere?? Stavo facendo le valige per un weekend alle Maldive, possibile che non si possa stare in pace per più di quindici minuti?
-Frattini, Maldive o non Maldive, ti ricordo che sei un Ministro, un Ministro italiano e non delle Maldive, al massimo, se proprio vuoi, un Ministro italiano alle Maldive, e quello che ho letto un'ora fa sulle agenzie di stampa non mi è piaciuto per niente, guarda. Sei un Ministro, ricordi? Come sarebbe "Ministro di cosa"??? Degli Esteri, no?... sì, degli Esteri, ma anche di quelli che stanno all'interno, anche di noi Italiani che abitiamo in Italia, insomma sia degli Italiani che stanno all'estero sia dei residenti sia chiaro, insomma degli esterni ma anche degli Interni, ma no, ma no, porco diavolaccio, Ministro degli Interni è Maroni, cosa mi fai dire, degli esteri nel senso che ti fai gli Affari Esteri...no, non gli affari degli altri, no, nel senso che ti occupi del mondo, oh, insomma, lascia stare, smetti di far domande e stammi a sentire una buona volta! Sei Ministro, Ministro!, non puoi rifiutarti di commentare una frase del Papa, non siamo all'asilo! Minestra? Ma no, quale minestra! Ho detto Ministro! Ma mi senti o no? Che razza di telefono hai? Sei Ministro, capisci? Ministro della Repubblica.. della Repubblica, ho detto..., sì, R-e-p-u-b-b-l-i-c-a...insomma dell'Italia, via. Fratelli d'Italia, l'Italia s'e' desta, dell'elmo di Scipio pappa parapa pappa parapa.. ricordi? No, Frattini, non c'è la partita stasera, non ti ho chiamato per quello, Frattini! Come? Vuoi dare un suggerimento a Lippi? del Piero largo a sinistra e Inzaghi-Pazzini di punta? Noooo, noooo, non gioca l'Italia stasera, smettila e stammi a sentire. Sei un Ministro, adesso, fai la persona seria! Da quando sei Ministro? Come, "da quando"???? O Santa Barbara, ma dal maggio scorso! Su dai, fai una dichiarazione sul Papa, su... Una cosetta semplice, due paroline in croce, te la cavi in due minuti, giusto per far vedere che hai studiato e che ci siamo pure noi al tavolo dei grandi, dai che altrimenti facciamo la solita figura dei pirla baciapile e poi stasera la "Merkellona" chiama "Sarkozy sun chi mì" e ridono come matti, "ah les Italiens, les Italiens...", mi pare già di sentirli quei due ciabattoni... Cerca di dire qualcosa che non scontenti nessuno, un colpo al cerchio e uno alla botte, una frasetta innocua del tipo "il preservativo è utile ma per combattere l'Aids potremmo provare il rosmarino, magari è più efficace, se non si prova non si può dire, eh!"... Ma come "nessuno mi ha detto che ero ministro"? Ma cosa dici? Ancora con questa storia? Ma come non lo volevi fare? Ma stai scherzando? Chiama i giornali e dichiara qualcosa, presto. E ricordati, sei tu il Ministro degli Affari esteri, gli affari esteri ehi, non i tuoi! Non puoi dire: non commento, dove ti credi di essere, a scuola interrogato e non vai alla lavagna perché non hai studiato? O mamma mia, sei Ministro, ci rappresenti nel mondo, ti paghiamo per dire e (soprattutto) fare qualcosa di sensato, ora alzi la cornetta e chiami i giornali e dici: salve! sono Frattini, il Ministro degli Esteri, già, e vorrei dire che il Papa ecc. ecc.
-E se non ci credono che sono proprio io che parlo, che sono Frattini?
-Come? Come sarebbe a dire "e se non ci credono che sono io?" Ma cosa stai dicendo? Chiama e basta... Cosa vorresti dire adesso? Ah, finalmente ti è venuta un'idea su quel che devi dire? Era ora!!! Come dici? Hai letto un articolo sul "Celtico Padano" e vorresti ripetere un concetto che ti è piaciuto? E cioè??
-Be', che le parole del Papa sono state equivocate dai soliti comunisti mangiapreti, che Ratzinger non voleva dire che non si possono usare i preservativi, voleva dire che anche se li usi il virus te lo becchi lo stesso perché sei sfigato africano, non c'hai niente, nemmeno l'acqua corrente e figurati se basta un beccuccio di plastica per salvarti le chiappe!... Ti salvi dall'Aids, può darsi, ma tanto muori di fame o di acqua contaminata, quindi non cambia niente...
-Ma no, ma no, Frattini, Frattini, ma cosa dici, ma cosa mi combini!!!!!?? Meno volgare, meno esplicito, più ecumenico, devi essere più fumoso, più politico insomma! Ma possibile che ti devo dire sempre tutto io???? Non puoi parlare così dei neri, ricorda che Obama è grande amico di Silvio, se si incazza sono guai, già ci abbiamo messo due settimane a spiegargli l'equivoco della crema solare, su... è Democratico ma non è come i nostri Democratici, lui è sveglio porco mondo! Dai Frattini, su, ora fai il bravo Ministro degli Esteri, chiami la stampa e dici, con quel tono serio e pomposo che fa tanto Ministro degli Esteri: "Credo che la posizione della Chiesa sia stata equivocata..."
-.....Eh??? Equi...che?
-Equivocata, Frattini, equivocata!!! Insomma... vuol dire che come sempre Ratzinger ha detto cose dell'altro mondo e la stampa non c'ha capito niente, appunto perché son cose dell'altro mondo, le ha decise Dio, insomma, noi siamo di questo mondo e quindi non possiamo capirle né giudicarle! Dici una cosa così e a tutti va bene, i vescovi tirano un bel sospirone, il Papa no tanto nemmeno sa chi sei, i soliti quattro gatti spennacchiati di sinistra faranno un po' di baccano ma tanto quelli nun c'hanno mai niente da fare, ora con la crisi che ce sta hanno perso pure il lavoro quindi stanno tutto il giorno in piazza col megafono, gli altri capi di governo rideranno un po' sotto i baffi e diranno che sei stato un po' morbido col Ratzinger ma che diamine, capiranno bene che non puoi sparare col cannone sulla Chiesa, c'hai il Papa in casa, poi quando torna dall'Africa chi lo sente eh? Facile sparare bordate quando si sta a Parigi o sul Baltico, che venissero qui a dire le stesse cose, che si prendessero un po' loro il Papa per qualche mese poi vediamo dove sparisce il loro sorrisetto idiota che c'hanno sempre stampato sulla faccia e che fa tanto foto di gruppo del G8...
-Be', insomma, allora io...
-Allora siamo d'accordo? Su, chiama, e dichiara quel che abbiamo deciso... Una cosuccia veloce e leggera tipo "...penso che nei prossimi giorni lo stesso Ratzinger avrà modo di precisare meglio il senso delle sue parole..." Come dici? Ma dai i numeri, Frattini? Non puoi chiamare Bonaiuti, no, guarda che non ha parlato Berlusconi oggi, non dobbiamo smentirlo come sempre, Bonaiuti si occupa di quello, tu invece commenti il Papa, non ti ricordi che si era stabilito così quando ci siamo divisi le grane? Bonaiuti smentisce quel che Berlusconi ha detto il giorno prima, tu commenti le dichiarazioni dei capi di governo esteri.. Come sarebbe a dire che allora se le cose stanno così a te il Papa non ti tocca? Ma ragioni o no? Il Papa è un capo di stato estero! Ah, hai capito ora? Finalmente! Meglio tardi che mai....
-Ma... è la solita fregatura! Si era detto i capi di stato e di governo esteri, mica il Papa, che c'ha sempre qualcosa da dire, e su questo e su quello, e che la domenica parla sempre e mi tocca sempre lavorare pure se ci sono le partite alla tivù... non è giusto, mi avete fregato!
-Come sarebbe a dire è la solita fregatura? Le partite?? Dai, Frattini, non fare il bambino, il Papa tocca a te, è Papa sì ma è anche (ih ih) capo di stato vaticano! No, non sto ridendo, ma che ti inventi (eh eh)... il Papa tocca a te perché è capo di Stato, non ci avevi pensato eh? Su dai (eh eh), non fare quella faccia, chiama i giornali e fai quel che ti ho detto, dai che la Merkel sta già facendo il numero del Brunì, dai, muoviti una buona volta, Frattini!!!!! E smettila alla tua età di fare il cinese stupido, che ti viene pure male, chiama la stampa e basta!
... (Fra sé e sé)...
Ah, questi Ministri moderni... "non intendo commentare le parole del Papa"... roba dell'altro mondo, ma cosa gli è saltato in testa di dir così... il Papa spara una boiata mai sentita prima e un Ministro si volta dall'altra parte e fa spallucce, gli altri non aspettano altro per riderci dietro, specialmente quei rompiballe degli spagnoli, che fanno sempre i perfettini! E anche il Papa, però... cosa gli gira di parlare di preservativi, di usare per la prima volta questa parola... non poteva sonnecchiare un po' sull'aereo, o guardarsi il panorama dal finestrino? Al limite, che so... guardarsi un filmetto, o approfittarne per scrivere qualche cartolina, che poi giù in Africa non è che abbondano i tabacchini...No, deve parlare dei preservativi... però, notavo prima: non c'e' un uomo di Chiesa che non sappia alla perfezione cosa sono e a cosa servono, strano vero? Comunque... vai in Africa dove stanno morendo come mosche a causa dell'Aids e di mille altre sciagure e scivoli sul condom, davvero imprudente, come con Williamson, il vescovino che prima ti rientra in casa accolto a braccia aperte e poi, ingrato che non è altro, comincia a sparar cazzate sulle camere a gas, sostenendo teorie che nemmeno il più nazista dei negazionisti si e' mai sognato di affermare, neanche dopo aver mangiato peperoni a cena. Mah! Speriamo almeno che Frattini abbia capito e abbia detto quel che doveva...
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
mercoledì 18 marzo 2009
Joseph Ratzinger contro la vita
Sull'aereo che lo sta conducendo in visita nella regione al mondo più colpita dall'Aids (nel 2007 si sono registrati nell'Africa sub-sahariana il 35 per cento dei casi di contagio e il 38 per cento dei decessi), Papa Ratzinger ha affermato che l'Aids è "una tragedia che non può essere risolta solo con il denaro né attraverso la distribuzione di preservativi che persino aggravano il problema." La soluzione, ha sostenuto, e' in un "risveglio spirituale e umano".
Il ministro degli Esteri francese ha espresso grandissima preoccupazione per le conseguenze sulla lotta contro l’Aids delle parole del papa Benedetto XVI sull’uso del preservativo. In Germania le ministre della Salute e della Cooperazione economica e dello sviluppo hanno spiegato che "i preservativi giocano un ruolo decisivo" nella lotta all’Aids" e "salvano la vita, tanto in Europa quanto in altri continenti", criticando le parole del Papa.
Analoghe dure reazioni stanno arrivando in queste ore da parte di personalità, associazioni, mezzi di informazione e governi di tutta Europa. Alcuni esempi: le frasi di Benedetto XVI sono "irresponsabili e criminali" secondo il segretario nazionale del partito comunista francese, Marie-George Buffet; per l’ex premier di destra, Alain Juppè, "questo Papa comincia a rappresentare un vero problema"; Daniel Cohn-Bendit, esponente ecologista, ha affermato che "ora di questo Papa se ne ha abbastanza" e che dichiarazioni come quelle di ieri sono "quasi da omicidio premeditato". Il direttore esecutivo del Fondo mondiale per la lotta contro l'Aids, Michel Kazatchikine, ha espresso la sua profonda indignazione: "Queste parole sono inaccettabili. E' una negazione dell'epidemia. E fare tali dichiarazioni in un continente che è sfortunatamente quello più colpito dalla malattia, è assolutamente incredibile".
In Italia tutto tace o quasi fra le fila del governo e in quelle del principale partito d'opposizione, ma si sa bene che i nostri politicanti non brillano certo per coraggio e indipendenza di pensiero: da noi il Papa detta legge e, per fare solo un esempio, ancora oggi è la causa numero uno delle discriminazioni in tema di diritti civili di cui sono vittime tuttora, nel terzo millennio, tutte quelle persone il cui orientamento sessuale non è eterosessuale.
In meno di dieci secondi il Papa, utilizzando nel peggiore dei modi la sua enorme influenza sui cattolici africani, ha dato ancora una volta un colpo mortale ad anni di sforzi e di sacrifici compiuti da tutte quelle organizzazioni mediche mondiali e da tutti coloro che a vario titolo stanno combattendo da anni la guerra contro l'Aids e ha posto le premesse perché le politiche sanitarie di mezzo mondo incontrino ostacoli insormontabili e perché altre migliaia di persone muoiano in un prossimo futuro a causa di questo flagello che sembra inarrestabile.
La nostra posizione è nota: il capo di uno Stato grande quanto un fazzoletto, finanziato da enormi borracce di soldi pubblici italiani, non perde occasione per esprimere posizioni retrive e inumane che, sebbene lecite in via di principio come è lecito per chiunque dire qualsiasi cosa gli passi per il cervello, nei fatti sono da condannare senza esitazioni perché influenzano le decisioni di parecchi politici, le politiche di parecchi governi e finiscono col produrre effetti gravissimi sui diritti e sulla vita di milioni di persone. Qui non si tratta di libera espressione di posizioni personali ma di irresponsabilità e di inaccettabile ingerenza da parte di personaggi che, in nome del loro Dio e di norme che mai nessun Dio ha stabilito, adottano e pretendano che tutti, credenti e laici, adottino comportamenti contrari alle più basilari norme di buon senso e di salute pubblica e che, in nome del loro Dio, effettuano dichiarazioni pubbliche che, nei fatti, seminano morte e sono quindi contro l'uomo e contro la vita.
Contrastare con parole o azioni la diffusione dei preservativi è contribuire a diffondere un'epidemia e quindi favorire la malattia e la morte di migliaia di innocenti; considerarne peccaminoso l'utilizzo, perfino fra coniugi di cui uno malato, è addirittura incredibile.
Non utilizzare il condom è segno di inciviltà, di mancanza di rispetto per il partner, di barbarie; non farlo, poi, per presunti motivi religiosi rende beffardo un comportamento di per sé già stupido, pericoloso, criminale.
Nei prossimi giorni la Chiesa Cattolica Romana cercherà di smussare gli angoli, di chiarire opportunamente cosa intendeva dire e cosa invece è stato mal interpretato; Ratzinger non intendeva dire questo, ma quest'altro, ecc. Noi preferiamo essere un po' più tranchant, esattamente come è stato oggi Ratzinger comodamente seduto sulla poltrona dell'aereo che lo sta portando in Africa, e diciamo che chiamare a raccolta i cattolici africani agitando lo spettro dell'inferno, come ancora una volta un Papa ha ritenuto opportuno fare, significa molto semplicemente spedirceli, all'inferno.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
domenica 15 marzo 2009
Rino Gaetano ignorante intelligente
Non so se avete presente l'esibizione che Rino Gaetano, mai troppo rimpianto, fece sul palco del Festival di Sanremo nel 1978 con la sua immortale "Gianna": se non ve la ricordate, andate a rivederla (clicca qui). Qui non voglio parlare del personaggio, sicuramente intrigante, né della sua produzione musicale, di qualità assoluta e rivelatrice di un talento così puro da poterlo considerare naturalmente fra i grandi della musica italiana. Voglio porre l'accento sull'esibizione: sul suo modo di vestire, sul suo modo di occupare la scena, sull'interpretazione del pezzo (bello, ma di certo non il più dissacrante fra i suoi), sulla rappresentazione complessiva allestita per "Gianna": un mix di istrioneria e di bonaria irriverenza, di ignorante intelligenza e di scanzonata consapevolezza che oggi sembrerebbe appena estroso ma che all'epoca (31 anni fa) dovette sembrare abbastanza scioccante, penso, per di più nell'ambito di un evento tradizionale e paludato quale è sempre stato quello del Festival della Canzonetta. Basti pensare a cosa provocò Vasco Rossi col suo "viaggio", molti anni dopo, o alle polemiche per il pancione della Bertè. Il pezzo piacque al pubblico e comunque si piazzò al terzo posto, un risultato davvero sorprendente (ché forse alla fine dei '70 eravamo più aperti e più avanti di quanto poi non ci siamo ritrovati alla fine degli '80? Sembrerebbe di sì). Le vendite andarono bene, ma questo si capisce già di più.
Qui ci preme però sottolineare un'altra cosa: che i geni, quelli dotati di talento, si trovano sempre un po' a disagio nell'epoca in cui vivono essenzialmente perchè sta loro stretta e hanno sempre questa capacità di anticipare con estrema naturalezza i tempi, di indicare la via: sono a disagio nella contemporaneità perchè non possono essere capiti, se non da pochi, e anche se sei convinto dentro di te delle idee che porti non è facile vivere in un presente che ti sembra passato e che, forse, ti considererà per quello che vali sono nel futuro. Sono individui più avanti rispetto a noi, è la loro natura; possono sembrarci strani o comunque esibizionisti, ma questa non è voglia di essere originali a tutti i costi o semplice desiderio di mettersi in mostra (l'epoca di Rino Gaetano era ancora immune dal virus del reality): questo è talento, visione profetica, genio, coraggio di essere se stessi e di portare avanti le proprie idee. Pensate al testo di "Nunterregae piu'": incredibilmente lucido, spietato, attuale ancora oggi (purtroppo), oltre che genialmente divertente. Vi invito ad approfondire la conoscenza della sua produzione musicale, acquistando magari una raccolta dei suoi pezzi migliori: Rino Gaetano è un classico della musica italiana, un intramontabile la cui vita è tramontata troppo presto: due ascolti e vi conquisterà.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
giovedì 12 marzo 2009
Il regime mediatico-aziendale
Martedì 10 marzo 2009 - Un pò sul serio, per dare un'altra bella spallata ad una democrazia traballante e vilipesa e che, nella sua visione del mondo, rappresenta solo un fastidioso ostacolo che sempre si frappone ostinato fra i suoi personali desideri e l'attuazione a nostre spese degli stessi, un pò per gioco, allo scopo di distogliere l'attenzione dei media, del resto in buona parte asserviti ai suoi voleri, e del popolo, che tele-obbediente lo ha votato, dai reali problemi che assillano il paese, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (PDL), riuscendo non si sa bene come a trattenersi dal ridere, ha proposto che d'ora in poi, in Parlamento, a votare siano solo i capigruppo: dieci persone o poco più, insomma, invece che tutti i deputati. Da destra e da sinistra, passati quei cinque-dieci minuti in cui anche i più scafati fra gli squali dell'establishment avevano interpretato l'ennesima uscita come la solita buffonata di scarso peso e forte impatto, si levano ben presto voci di indignata protesta a difesa della Costituzione e di quel poco di democratico che ancora permane qua e là in istituzioni violentate giorno dopo giorno da deputati nominati non eletti e che dunque non rappresentano nessuno e tantomeno noi elettori: Fini, presidente della Camera dei Deputati, forse più stupito che schifato, per tener fede al suo nuovo corso di uomo politico moderato e garante di tutti, risponde che la proposta cadrà nel vuoto; Franceschini (PD) afferma di essere indeciso se ridere o se piangere e, sarcastico quanto serve, ribatte che il prossimo passo potrebbe essere quello di prevedere un unico tasto per le votazioni nell'ufficio di Berlusconi (a proposito, Franceschini giorno dopo giorno ci sta facendo capire cosa non stava facendo Veltroni). I grandi dittatori del passato si lasciano andare, dal profondo silenzio delle loro tombe, a grandi ululati di approvazione e di sincera ammirazione per un uomo che, senza apparire come tale, ne sta facendo impallidire il ricordo di tiranni: se solo avessero avuto anche loro idee simili a questa...
In effetti, dato che all'interno della maggioranza non c'è quasi più dialettica (c'è mai stata?) e che, del resto, il governo, forte dei suoi numeri e della sua spiccata vocazione antidemocratica, approva a testa bassa tutto quel che vuole senza sentire il bisogno di discuterne prima con l'altra metà del paese, e anzi rigettandone sprezzante a priori le idee e le obiezioni, e ricorrendo spesso ai decreti legge che di fatto esautorano il Parlamento svilendone le funzioni, potremmo fare di meglio: licenziamo i deputati e chiudiamo le Camere, risparmiando così un bel po' di quattrini, e lasciamo decidere tutto a Berlusconi, che quindici anni fa è miracolosamente sceso in campo per noi, per salvarci dalla terribile minaccia comunista che stava prendendo corpo sulle macerie di Tangentopoli. Silvio Berlusconi, statista di grande rilievo e prossimo Presidente della Repubblica, imprenditore di enorme successo, vero prototipo dell'uomo che si è fatto da solo e da solo ha costruito un impero che dà da mangiare a migliaia di persone (spingendone alla fame altri milioni, ma questi sono dettagli), spesso perseguitato da machiavellici e vendicativi giudici di sinistra, vittima di attacchi gratuiti e di sentenze politiche, Silvio Berlusconi, dicevamo, investito di una così grande responsabilità quale quella di unico e sapiente utilizzatore del tasto rosso delle votazioni parlamentari ("provvedimento numero 12995, votanti 1, astenuti 0, a favore 1, contrari 0, lo studio di Berlusconi...ops, pardon , la camera approva") di sicuro saprà decidere sempre per il meglio in ogni campo, garantendoci un futuro di benessere e prosperità, consigliato anche dai suoi avvocati, segretari e consiglieri che poi, mensilmente, provvederanno ad elencare brevemente le nuove leggi entrate in vigore con brevi spazi informativi durante le pause del Grande Fratello, che noi puntualmente perderemo, impegnati come saremo nella pausa pipì. Così facendo eviteremo le tipiche ed inutili lungaggini che paralizzano la vita del paese con la scusa della "democrazia" (le discussioni in aula, l'ostruzionismo, gli emendamenti, le perdite di tempo di interminabili votazioni, le fastidiose voci contrarie, le pacifiche manifestazioni di popolo, le grandi battaglie civili e ideali, gli scioperi in difesa dei diritti dei lavoratori) e Berlusconi avrà campo libero, ops... volevamo dire più tempo per occuparsi anche del Milan e delle altre sue innumerevoli attività. Un governo aziendale per un paese più efficiente, è questa la soluzione che ci farà uscire dalla crisi più forti di prima (quale crisi, a proposito?). Dopo le nuove misure restrittive nell'ambito della disciplina degli scioperi, dopo l'ennesimo tentativo (questa volta targato Carlucci) di mettere il bavaglio all'unico media libero rimasto (Internet), facendoci peraltro ridere dietro da tre quarti di mondo (quello libero e civile), dopo l'inaudito e sovversivo tentativo di annullare con un decreto legge d'urgenza una sentenza passata in giudicato (caso Englaro), dopo i frequenti e poi regolarmente smentiti attacchi alla Carta Costituzionale, alla Magistratura, al Presidente della Repubblica e a chiunque osi levare una sia pur timida voce contraria a una qualsiasi delle decisioni di questo illuminato governo o cerchi, unico fra tanti, di far rispettare le leggi vigenti, ecco quindi balzare agli onori della cronaca un altro affondo antidemocratico e anticostituzionale portato avanti da un uomo che in questi quindici anni non ha mai perso occasione per dimostrarci quanto poco rispetto nutra per le istituzioni e per la democrazia e che, vero e proprio caso unico al mondo, si è impossessato a poco a poco dei bastoni del potere pur essendo titolare di un conflitto di interessi gigantesco ed irrisolvibile, facendo leva su un vasto consenso mediatico carpito grazie all'utilizzo sistematico di preponderanti mezzi di manipolazione della pubblica opinione e sfruttando scientificamente tutte le debolezze di un sistema e di un paese ancora formalmente democratici ma, di fatto, già avviati verso un tramonto plutocratico e assolutista, che vede la morte progressiva ed inesorabile di tutti i principali diritti civili conquistati in secoli di lotte e di sacrifici e ora sacrificati sull'altare di un capitalismo senza regole, in cui il più forte sbrana l'indifeso, e di un bipartitismo imperfetto che dal vecchio consiociativismo ci sta in pratica conducendo verso una innovativa e mortale forma di democrazia liberticida e non rappresentativa: il regime mediatico-aziendale. Questa nuova forma di governo nasconde, sotto una rassicurante ma livida crosta di democratico consenso, i lati più oscuri e più inconfessabili di un regime che probabilmente non manderà a morte gli oppositori ma, forse, solo perchè ne avrà dapprima ucciso la coscienza e lo spirito critico, isolando del resto, per il tramite di leggi liberticide e medievali, gli irriducibili liberi pensatori, e che forse non si trasformerà mai apertamente in dittatura, ma solo perchè riesce così bene ad ottenerne tutti i vantaggi e a svilupparne tutti i tratti riuscendo nel contempo a mantenere una parvenza di democrazia rappresentativa. Quella della democrazia che è ancora ben salda e del fatto che non si può parlare di regime perchè così si fa il gioco di Berlusconi è una trita favola alla quale ormai nemmeno i più ingenui fra i bambini riescono a credere, sotto l'onda incalzante di eventi che parlano fin troppo chiaro da soli alle orecchie di chi, ancora non del tutto reso ottuso dalla tv e dall'informazione telecomandata, riesce sempre a coglierne la gravità e ad indignarsi a ribellarsi di fronte all'avanzata di questo schifo che tutto travolgerà e assimilerà, rendendo estraneo o perfettamente conforme tutto quello che gli si parerà davanti.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
Arbitri come se piovesse
Un esperto a caso può spiegare a noi profani a cosa diavolo servirà avere 6 arbitri o 12 o 18 se già oggi 4 non riescono ad assegnare un solare rigore di Toldo su Pazzini, a mostrare il rosso a Cordoba che picchia un doriano per reazione, a mostrare il giallo a un interista che prende da dietro per il collo Cassano (tutti episodi di Samp-Inter 3-0 di Coppa Italia, arbitro Saccani)? Rispondo io: a un bel niente. Calciopoli c'era (enorme e vergognoso scandalo), ora non c'è più, ma la sudditanza psicologica c'era, c'è e sempre ci sarà sino a quando la carriera di un arbitro dipenderà da quanto danneggia o aiuta le "grandi": mai visto un arbitro messo alla forca mediatica per aver affossato una Reggina o un Cagliari. L'arbitro lo sa e, quando è incerto, per salvarsi la pelle decide, anche inconsciamente, in un certo modo: chi nega questo nega l'evidenza sapendo di negarla.
(*)
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
lunedì 9 marzo 2009
The Reader - A voce alta (di Stephen Daldry)
The Reader - A voce alta, USA 2008, di Stephen Daldry, con Kate Winslet, Ralph Fiennes, Bruno Ganz, David Kross.
Attenzione: la recensione rivela qualche particolare che chi ancora non ha visto il film potrebbe non voler conoscere.
Germania, immediato secondo dopoguerra. Michael Berg é un adolescente in preda ai primi turbamenti sessuali. Un giorno, mentre cammina per strada, si sente male e viene soccorso da Hanna, una donna più grande di lui. Michael ne rimane affascinato e tra i due inizia una relazione segreta e passionale. Hanna però nasconde qualcosa, qualcosa che riguarda il suo passato e la guerra. Alcuni anni più tardi Michael è uno studente di legge che osserva un processo per crimini di guerra nazisti e vede tornare Hanna nella sua vita, questa volta come imputata in tribunale.
"The Reader" e' un film sull'importanza della memoria storica, sul ruolo che il passato ha nell'influenzare le decisioni del genere umano e, a livello di ciascun singolo individuo, quel che facciamo e quello che siamo, sulla tragedia dell'Olocausto, sul ruolo fondamentale che la parola e la letteratura hanno nel fare di un essere umano una persona completa, ed è anche una triste storia d'amore.
E' un film sulla memoria, dicevamo, vale a dire sull'importanza di ricordare quanto è avvenuto in passato, sulla necessità di raccontarlo alle nuove generazioni, di non cedere a criminali revisionismi e di non abbassare mai la guardia perché il male che l'uomo ha saputo fare all'uomo in un recente passato è sempre in agguato pronto a tornare sulla scena, anche se spesso sembra incredibile solo pensarlo così come sembra impossibile che simili nefandezze come quelle dell'Olocausto siano potute accadere nel cuore della civile Europa appena settant'anni fa. Ecco perchè chi ha vissuto in prima persona certe pagine buie della nostra storia non deve mai smettere di raccontare, deve scrivere, deve condividere i suoi ricordi, ed ecco perchè chi non c'era ma ha saputo e ha studiato deve tramandare, per far sì che l'umanità non finisca per ricadere sempre negli stessi errori e soprattutto per non permettere a giovani menti miopi ed arroganti di costruire sull'ignoranza della storia un nuovo futuro di orrore e di barbarie.
E' anche un film sull'importanza della cultura, della parola e della letteratura, di tutto quello che in definitiva ci rende diversi dagli animali dandoci piena coscienza di noi stessi e ci permette di trasformare i nostri pensieri e i nostri sogni in azioni e di esorcizzare le nostre paure. Ci riferiamo a tutto quel substrato che si sovrappone alla natura e ci aiuta a interiorizzarla e a interpretarla, rendendo più ricche e piene le nostre vite, a quegli strumenti di comunicazione (la scrittura, la parola) senza i quali non potremmo elaborare il nostro vissuto, assimilare le lezioni del nostro passato, progettare il nostro futuro; a tutto quello che ci dà coscienza di noi stessi, che ci rende pienamente consapevoli e senza il quale è sempre più agevole per la malvagità che riposa dentro ciascuno di noi guidare il nostro cuore vinto dalle tenebre. La protagonista del bel film di Stephen Daldry è analfabeta e di questo si vergogna, al punto di addossarsi, durante il processo che la vede sul banco degli imputati, colpe maggiori delle sue pur di non rivelare il suo limite; ed è sempre l'analfabetismo e il timore che esso emerga che la spinge, da controllore sui mezzi di trasporto pubblico, a rifiutare senza motivo alcuno una promozione ad incarichi di ufficio e a cedere poi alle lusinghe di quelle S.S. che nel frattempo stanno reclutando nuove leve, ancora ignare della vera natura dei compiti cui saranno chiamati ad adempiere; ed è sempre l'ignoranza, anche se non solo quella evidentemente, che spinge Hanna a fare quel che fa, quella tragica notte di tempesta, e a non capirne nemmeno dopo anni la reale portata.
Durante i lunghi anni di prigionia Hanna, grazie all'aiuto del sempre presente anche se distante Michael, avrà voglia e modo di impadronirsi della parola scritta, delle sue infinite peculiarità e delle sue sorprendenti potenzialità e un nuovo mondo le si aprirà piano piano davanti. Nel film viene dunque esaltata l'importanza del linguaggio, di questo complesso ed elaborato insieme di suoni e di simboli che ci distingue da tutti gli altri esseri viventi in natura e che ci permette di tradurre e rappresentare oggetti, concetti, idee, pensieri, sentimenti, che ci rende in definitiva uomini, consentendoci di descrivere il mondo e di progettare un'esistenza che non sia puro istinto e mera ricerca di soddisfazione di bisogni materiali, che ci apre la mente e ci fa alzare gli occhi al cielo, che ci spinge ad interrogarci e a cercare continuamente di migliorare le nostre condizioni. E' la conoscenza a cambiare Hanna e a gettare nel suo animo perduto un barlume, fioco ma incoraggiante, di reale pentimento per le atrocità commesse e, con questo, anche il chiaro sentimento di non poterne sopportare il peso, ora finalmente avvertito nella sua insostenibile interezza.
"The reader" è anche l'ennesimo film sulle atrocità commesse dai nazisti e sulla difficoltà per le nuove generazioni di accettare ciò che è stato, di capire come sia stato possibile per i loro padri compiere simili nefandezze, di convivere con un passato troppo ingombrante e troppo opprimente per poter essere facilmente accantonato in un angolo della memoria.
Ed e' anche una storia d'amore appassionata ambientata nella Germania dell'immediato dopoguerra fra un giovane liceale e una donna più matura che si conoscono per caso e, attratti l'uno dall'altro, danno vita a una relazione segreta e rovente che segnerà per sempre le loro vite e in cui si intrecciano magicamente il giovane e furioso desiderio di Michael, che viene iniziato ai misteri del sesso da Hanna, con la vorace fame di cultura letteraria della donna che dal giovane amante si fa leggere, nelle ore che precedono o che seguono l'amore, i capolavori della letteratura mondiale.
Si tratta di un film di altissima qualità (diverse nomination, Kate Winslet Premio Oscar 2008, Ralph Fiennes e David Kross superlativi, Bruno Ganz impeccabile come d'abitudine, una regia sicura che si snoda tra piani temporali diversi sapientemente alternati, una solida sceneggiatura, un'intensità a tratti toccante ma mai superficialmente commovente) che ha ricevuto immeritate critiche negative da parte di chi, forte di un cieco dogmatismo, forse ritiene che qualunque film che parli del nazismo cercando di vedere le cose da un punto di vista diverso da quello di una acritica, recisa e totalizzante denuncia delle atrocità commesse sia per ciò stesso da tacciare di revisionismo o di banalizzazione della storia. Non è un viaggio nell'anima di una nazista, come ho letto in qualche recensione superficiale, ma un viaggio nell'anima di una donna che, come tantissime altre donne e altri uomini normali, uguali a noi, si sono macchiati di crimini orrendi, a causa di un inspiegabile cortocircuito morale che ha sospeso tutti i valori condivisi del vivere civile dando libero sfogo alle pulsioni più bestiali del loro animo; un viaggio che non pone il nazismo al di fuori della dimensione umana, come se fosse stato il parto di poche menti folli capaci di soggiogarne altre migliaia, ma lo tratta come fenomeno umano qual è, senza per questo però rendere meno carnefici e meno colpevoli ai nostri occhi coloro che ne hanno applicato le orrende follie: cercare di capire come sia potuto succedere quel che è successo non vuol dire perdonare o giustificare, né tanto meno minimizzare i fatti o attribuirne le cause a pochi e devianti soggetti, significa invece voler scoprire cosa ci ha spinto, come uomini, così in basso, in modo da non precipitare mai più in simili abissi, significa sapere che chi ha commesso simili malefatte non era folle o malato, ma uomo come noi: in questo senso The Reader ha il pregio di tutte quelle opere che non ci presentano il nazismo e i suoi orrori come altro da noi, come una dimensione lontana ed estranea a quella umana, ma come parte integrante della nostra natura, peccato imperdonabile di cui ci siamo macchiati e di cui siamo stati capaci in quanto uomini e in cui, proprio perchè uomini, potremmo sempre ricadere.
Un film che merita assolutamente una serata al cinema. Triste, a tratti molto intenso, affronta diverse tematiche senza perdere mai la bussola e la misura, forse è banale nella descrizione del processo di trasformazione di Hanna durante la detenzione (ma sta alla fantasia dello spettatore immaginare che Hanna, durante quei lunghi anni, si faccia una cultura grazie alla lettura e all'aiuto di MIchael ma non solo), ma comunque nel complesso è davvero mirabile. E' un film che non condanna e non assolve ma non stravolge; semplicemente racconta una storia in cui il dramma personale e quello collettivo si intrecciano magistralmente e pongono parecchi quesiti allo spettatore.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
domenica 8 marzo 2009
Astenersi perditempo e Travaglio
Leggo ieri su una testata online che non cito trattandosi di diffuso malcostume:
"Straniero Ruba Auto, Causa Incidente e Tenta Fuga a Nuoto"
Il titolo è romanzesco, fa subito pensare a un film di James Bond, a uno di quegli inseguimenti mozzafiato per le vie di Parigi in cui il celebre 007 viola ottocento articoli del codice della strada, rischia di rendere infermi un centinaio di passanti, causa in soli venti minuti danni materiali per decine di milioni, manda ai pazzi i responsabili di una decina di compagnie assicurative, sfascia mezza città, lascia sul campo tetto e portiere della vettura ma alla fine, ancora col volante saldo in mano e l'acceleratore piegato a tavoletta, assistito da una fortuna pari solo al suo sex-appeal, placca il cattivone di turno.
C'e' però una parola di troppo in quel banale titolo da rubrica delle news, quella che distingue il buon giornalismo dal cattivo giornalismo.
"Ruba Auto, Causa Incidente e Tenta Fuga a Nuoto": suona molto meglio. Poi, se nell'articolo il giornalista ritiene utile informarci sulla nazionalità del ladro, e magari anche sui suoi hobby e sulla sua fede calcistica, ok, ma evidenziarlo nel titolo è una decisione figlia di un atteggiamento mentale sbagliato. Avete mai letto, per caso: "Italiano Ruba Auto, Causa Incidente e Tenta Fuga a Nuoto"? O: "Milanista Ruba Auto, Causa Incidente e Tenta Fuga a Nuoto"? No, perchè si tratta di dettaglio irrilevante, che non ha senso porre in evidenza. O, se l'avete letto, siete incappati in un infortunio simile a quello che sto commentando io. Eppure mi risulta che in tutti i tipi di reati in cui attualmente gli "stranieri" si stanno dando parecchio da fare noi Italiani riusciamo comunque da sempre ad eccellere: magari avremo perso la leadership, in termini percentuali, assaliti come siamo da orde di delinquenti mondiali che hanno deciso a ragion veduta di staccare il biglietto per il Paese del Bengodi del Delinquente, che confonde il diritto col carnevale e non nega i domiciliari a nessuno (purchè non stupri però), ma di certo non prendiamo lezioni da nessuno, siamo capaci di delinquere da soli e in maniera mirabilissima.
AAA cercasi buon giornalista, onesto, libero, fedele solo alla verità (un giornalista, insomma). Astenersi perditempo e Travaglio (non puoi chiamare sempre tu, Marco!)
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
venerdì 6 marzo 2009
Licenza di licenziare (con traduzione)
A volte leggendo i giornali mi chiedo se abito ancora sulla Terra o se per caso mi sono già trasferito su Marte e poi, per distrazione, l'ho dimenticato: allora mi alzo e mi affaccio alla finestra, osservo per due minuti come guidano a pera i miei concittadini e capisco di essere ancora fra voi, miei cari.
Leggo, subito dopo il caffè:
Berlusconi ha criticato la proposta dell'opposizione di un assegno di disoccupazione. "Il nostro sistema attuale di ammortizzatori sociali ci consente di intervenire meglio rispetto alle proposte dell'opposizione, che sarebbero una vera e propria licenza di licenziare. - ha affermato - Se ci fosse stata quella misura, gli imprenditori avrebbero lasciato i lavoratori a casa, con magari accordi successivi con i lavoratori stessi che godrebbero dell'indennità e continuerebbero a lavorare in nero. Insomma, l'assegno è un incentivo a licenziare e a lavorare in nero".
Solo su Marte, pensavo, è possibile per un premier affermare assurdità simili, invece mi sbagliavo. Sintetizzo: io premier non aiuto chi, magari già precario, co.co.co, supersfruttato a 3 euro l'ora, rimane a terra con un figlio o due da sfamare, perché se così facessi incentiverei le aziende a licenziare. Il succo di questo fine ragionamento è che quindi è preferibile, per il suo bene e per quello dello Stato, lasciarlo morire di fame: il discorso non fa una piega, specialmente se sei l'uomo più ricco d'Italia, hai i soldi che ti escono anche dalla bocca e invece di andare a goderteli su un'isola tropicale rimani qui a farti gli affaracci tuoi sulla nostra pelle. Fa invece qualche piega se sei il morto di fame dell'esempio, quello che perde il lavoro e tiene due creature affamate.
Come se le aziende, poi, si facessero scrupoli nel licenziare qualcuno quando conviene ridurre il personale e, mi vien da ridere, desistessero dal licenziare un operaio perché non è previsto un assegno di disoccupazione. E ancora: non lo aiuto, il citato morto di fame appena licenziato, perché se lo facessi poi tanto le imprese lo riassumerebbero in nero e lui avrebbe due salari. Traduco: il lavoro nero esiste e non mi sogno neppure di condannarlo o di combatterlo, anzi lo considero a tal punto inevitabile e parte del quadro da considerarne il possibile aumento fra le conseguenze negative di una mia possibile azione di governo, che dunque giudico inappropriata.
Leggo ancora:
"I pubblici dipendenti non hanno alcun timore di perdere il loro posto di lavoro. Hanno avuto un incremento salariale del 3,5% circa."
Sull'incremento salariale non saprei, non sono informato, a occhio mi pare una boiata, ma sospendo il giudizio. Che invece non abbiano paura di perdere il posto è vero, purché non si ammalino però, altrimenti entrano in un ginepraio tale di cavilli, procedure e assurdità da perdere il sonno anche per una semplice influenza. Se uno è solo al mondo e non ha nessuno che può aiutarlo è fritto, dovendo stare tutto il giorno con il culo incollato alla poltrona in attesa del controllo fiscale (e' prevista una sola ora d'aria al giorno, dalle 13 alle 14, e in quell'ora dovrebbe far la spesa, fa la coda dal dottore, andare in farmacia, ecc.)
Andiamo avanti:
La crisi "esiste" ma "è vissuta sui media in maniera più drammatica di quella che è".
Ma parla del paese o del Milan? Sarebbe opportuno chiarire, perché se parla del Milan ha torto!
Di bene in meglio:
"La crisi c'è ma non è tragica come dicono"
Appena l'ho letta, mi sono venuti in mente alcuni titoli di film famosi, del tipo: "Pensavo fosse amore invece era un calesse", "Vai avanti tu che mi vien da ridere", "Notte d'estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico". Ah, il beato meccanismo dell'associazione di idee...
Attenzione, preparatevi al gran finale:
Berlusconi si è scagliato in particolare contro la Rai: "E' l'unica tv di Stato che attacca il governo in carica".
Diciamo subito che non è vero: Berlusconi mente spudoratamente, non mi ricordo a memoria d'uomo informazione più supina e rispettosa dei potenti di quella che oggi va in onda su Rai1-Rai2. Ma, se fosse vero, dove sarebbe lo scandalo? Avremmo una tivù libera che analizza l'operato del governo e, trovandolo ridicolo, lo mette alla berlina: tipico quadro da paese libero. Ma noi non lo siamo, state tranquilli. Qui lo scandalo è un premier che fa un'affermazione tale per cui si capisce chiaramente che troverebbe scandaloso che una tivù di Stato non fosse dalla parte di chi governa. Ripeto, questa è roba che nemmeno su Marte.
E i giornalisti bevono ogni giorno la pappa amara facendo un forzato sorrisone: riportano le notizie dell'assurdo ma accuratamente evitano di trattarle come meritano, cioè di evidenziarne le incongruenze e sbeffeggiarne le assurdità.
Berlusconi, il nostro amato premier (dal 70-80% di noi, dicono i sondaggi), sta esagerando perché sa di poter esagerare. Finché gira così gli andrà sicuramente benone. Una cosa però vogliamo sottolineare, al di là delle battute da cabaret appena citate: la sua affermazione sull'assegno di disoccupazione è assurda da un punto di vista logico, inconsistente da un punto di vista sociale e politico, indegna di un paese civile, offensiva.
Sarebbe troppo chiederle, signor Berlusconi, di passare le serate contando i suoi soldi o leggendo un buon libro (consiglio: "Il libro nero del comunismo") anziché offendere e sbeffeggiare di continuo chi è precario, chi è disoccupato, chi non ce la fa ad arrivare a fine mese e non trova affatto che questa crisi sia, dopotutto, "pesante ma non tragica"?
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
giovedì 5 marzo 2009
Sorry, non ci sono i soldi
Nessun assegno di disoccupazione ai precari che perdono il lavoro, come proposto da Dario Franceschini (che dopo soli 8 giorni da segretario del Pd ha già costretto una volta il nostro premier a giocare in difesa, cosa che a Veltroni non e' riuscita in mesi e mesi): non ci sono i soldi, dice Berlusconi.
A Gaza invieremo 100 milioni di dollari per la ricostruzione; a Gheddafi 4 miliardi di euro e tante scuse; 400 milioni di euro li butteremo nel cesso perché il governo (per paura che si superi il quorum) non vuole accorpare nello stesso giorno elezioni e referendum; l'Alitalia è stata ceduta ai "patrioti" mentre i debiti ce li siamo beccati noi; l'evasione è alle stelle e nessuno prende misure per combatterla; nel cesso c'è finita pure una barcata di soldi per (non) fare il ponte sullo Stretto; inoltre foraggiamo il Vaticano che poi per sdebitarsi governa ad interim col Pdl e sprechiamo risorse per le cosiddette missioni di pace in giro per il mondo; non parliamo dell'inutile carrozzone delle province che tutti dicono di voler abolire e nessuno abolisce, o dei cosiddetti enti inutili che ancora esistono e succhiano denaro pubblico; per chiudere ricordiamo i super compensi a manager pubblici e a presunte star del tubo catodico, gli aiuti alle industrie che quando tutto va bene si intascano vergognosi profitti e non appena qualcosa gira storto minacciano di buttare per strada migliaia di lavoratori costringendo di fatto lo Stato ad aprire la borsa e gli interventi a favore delle banche che prima ci hanno venduto titoli di merda e ora vengono tenute a galla dai nostri quattrini che, in questo modo, ci fregano due volte. Per far buon peso aggiungiamo i privilegi e gli stipendi faraonici dei nostri politici, le tangenti che movimentano milioni di euro, gli sprechi del settore pubblico, ecc.
E' vero, ha ragione il nostro premier, non sono rimasti più soldi per aiutare i precari che dopo una vita a tre-quattro euro l'ora in questi mesi restano pure a spasso. Non ci sono più soldi perché ve li siete mangiati tutti con vergognose ruberie o immani vaccate.
Se tuo padre ha perso il lavoro, mio caro figliolo, e se fino a ieri guadagnava solo 1000 euro al mese è perché non è bravo e capace come certi imprenditori di successo. Se tua madre è preoccupata e piange spesso è perchè non ha sposato un miliardario. Se tua sorella evita di uscire da sola è perchè, con evidenza, non è abbastanza bella da meritare un soldato al suo fianco. Se il nostro vicino tratta male gli ambulanti e la sera esce col suo cane assieme ad altri esagitati è perché va a giocare alle ronde. Se il tuo caro fratellone sta sempre chiuso in camera è perchè non sopporta più di essere offeso per la sua natura e pensa davvero di dover guarire. Se il tuo caro amico Karim presto non sarà più il tuo compagno di banco è perchè, come te, non sa ancora bene l'italiano, lui però dovrà frequentare classi separate. Se, moretto come sei, ti prendono per straniero e ti insultano senza conoscerti, mio bel bambino, non è perchè tutti i romeni sono criminali, ma perchè tutti i romeni cattivi hanno deciso di venire in Italia, terra delle possibilità. Se tuo padre sarà costretto a fare cose brutte tipo rubare il tonno al supermercato per darti da mangiare, potrà capitare che non ci vedremo per un po', nessun lodo potrà salvarlo. Ma non abbatterti, piccolino, vedrai che presto le cose cambieranno. "La crisi non è grave", ha detto Berlusconi... ah no, commentava l'ennesima sconfitta del Milan, preso a sportellate dalla Samp.
Una banda di nominati non eletti che non rappresentano nulla se non, a malapena, se stessi, naviga nell'oro e si coccola nei privilegi mentre la crisi economica infuria e una marea di persone disperate e alla fame sta montando sempre più, una massa di immigrati senza più un futuro che ora nemmeno possono curarsi quando stanno male e di residenti spiantati che sentono sempre più stretto il laccio alla gola e sempre più acuti i morsi della fame. Ronde di cittadini vogliosi di menar le mani pattugliano le città aumentandone l'insicurezza e diminuendone il grado di civiltà, mentre una banda di incompetenti e di pregiudicati con la bocca piena di cibo blaterano di sacrifici, miopi come talpe, inutili come le previsioni del tempo di un mese fa, incapaci se va bene, disonesti se va male. Presto o tardi conoscerà amari risvegli chi ora si culla nella sua ovatta di indifferenza, perché non è pensabile che si possa andare avanti per sempre su questa china: il popolo è catatonico e imbambolato, chiamato alle urne mette sempre la crocetta sul Pdl o sul Pd che ci salveranno, ma forse lo stomaco che urla farà presto risvegliare le coscienze e tornerà ad indignarsi di fronte alle indegnità, anziché a subirle passivamente come un branco di idioti pasciuti e cornuti.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
lunedì 2 marzo 2009
Money for dope, di Daniele Luttazzi
Dici che Daniele Luttazzi ha fatto un album di canzoni e sulla faccia di chi ti ascolta leggi la prevedibile e sarcastica diffidenza: quante volte un attore si butta in sala di registrazione per sfruttare la sua popolarità e finisce per sfornare un prodotto che solo i biografi e i fan possono avere il fegato di definire memorabile? Non mi stupisco quindi dello scetticismo che le mie parole suscitano ogni volta: è tutto sommato comprensibile e giustificato, specialmente in un paese come il nostro in cui, come siamo propensi ad esaltare fino all'eccesso perfetti incapaci solo per il fatto di essere cialtroni o telegenici o tutte e due le cose, così siamo del tutto impreparati a riconoscere artisti geniali in grado di esprimere il loro talento in più campi: pensiamo sempre che se uno nasce comico debba morire comico, che se una persona è brava a fare una cosa non possa eccellere in nient'altro,solo ai politici siamo disposti a riconoscere il doppio ruolo di amministratori e buffoni.
Daniele Luttazzi, noto ai più per essere stato censurato e cacciato più volte dalle tv in cui ha lavorato, è un geniale e poliedrico artista nato a Sant'Arcangelo di Romagna nel 1961. Attore, scrittore, musicista, giornalista e illustratore, non fa le cose tanto per farle: da sempre appassionato di musica, negli anni '70 aveva anche fondato una band e composto decine di canzoni, animato da una onnivora e sfrenata passione musicale che non lo ha mai abbandonato; la sua formazione è profonda e sedimentata, il suo timbro vocale maturo, la qualità e l'ispirazione dei suoi testi e delle sue musiche elevatissime, l'arrangiamento impeccabile.
"Money for dope" è la sua prima opera musicale e davvero non si poteva immaginare un esordio migliore. Il geniale autore satirico che proprio non riesce a trattenersi dal dire tutto quello che gli passa per la testa a costo di rimetterci sempre la medesima, l'irresistibile, incontenibile e caustico fustigatore di vizi e malcostumi dimostra fin dalle prime tracce di questo concept album di essere anche un cantante e un musicista sopraffino. Cantato in inglese, uscito nel 2005, per definizione dello stesso autore "Money for dope" è un musical elegiaco che in dieci tracce racconta la storia di una carissima amica la cui esistenza fu stroncata dall'eroina negli anni '70: una tragedia che segnò profondamente Luttazzi e che il tempo gli ha permesso di elaborare e di cristallizzare in una serie di quadri musicali di rara bellezza e intensità espressiva.
"Money for dope" è un prodotto di valore artistico assoluto, una vera e propria rivelazione. L'ho ascoltato decine di volte, lo conosco alla perfezione e non ho dubbi: siamo di fronte a un'opera coi fiocchi. Una storia musicale che spazia da toni di allegra spensieratezza e felicità di vivere a cupi e lividi scenari di desolazione e di inguaribile tristezza, un viaggio nell'anima di una ragazza sfortunata e in quella di un'epoca segnata da un flagello che proprio in quegli anni fece la sua comparsa. Dall'iniziale stupore per l'album che non ti aspetti si passa ben presto ad una incondizionata ed entusiastica ammirazione per questo piccolo gioiello che miscela pop, jazz, new wave, rock, funky, musical e che impressiona fortemente e a tratti commuove profani e addetti ai lavori: basta dare un'occhiata alle recensioni che si è meritato sulle riviste e sui siti di settore.
Luttazzi dimostra una padronanza del mezzo espressivo quasi miracolosa e alterna brani belli a pezzi indimenticabili: l'incredibile "Silence" che apre i giochi, con quel "the girl was spectacularly lovely" che ti apre il cuore, "Guard my tongue", ironica e suadente, "Letters on fire", vera e propria fenice che muore e risorge più volte dalle sue ceneri mescolando generi diversi con grande naturalezza e ti conduce dove non avresti mai pensato di giungere ascoltando le prime note, "Doom", "Make your mother sigh" e, infine, il pezzo che da solo vale tutto l'album, quella "Money for Dope" che con due pennellate appena ti raggela col suo pessimismo cosmico, col suo minimalismo senza scampo; ti trasmette una malinconia incredibile e cio' nonostante hai sempre voglia di metterla su, senza contare il video che ne è la naturale propaggine e con uno stupendo bianco e nero riesce a rendere in modo mirabile il dolore e la desolazione di una canzone che ti fa venire la pelle d'oca ogni volta che la senti.
E' un cd che consiglio con grandissima convinzione, certo che non potrà deludervi.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
domenica 1 marzo 2009
Se la punizione è già sufficiente
Un lettore de "Il Secolo XIX", il 25/2/2009, scrive nella rubrica delle lettere che: si diventa gay a causa dei genitori; i gay non conoscono l'amore ma solo la libidine; se curati possono guarire. Questi sono i tre punti cardine del suo intervento e, credetemi, non ho dovuto forzare: ho solo ripetuto i concetti espressi. Penso sia giusto pubblicare una lettera anche se scientificamente non esatta (vedi OMS), offensiva e discriminatoria: odio la censura. E non penso che sia sempre e comunque il caso di "dimostrare" punto per punto l'insensatezza di certe affermazioni, specie quando è drammaticamente palese. Ritengo peraltro che per alcune persone il fatto di avere simili idee e quello di non coglierne appieno la portata sia già una punizione abbastanza dura.
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