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martedì 25 aprile 2023

L’alba non è lontana

Saranno settimane durissime.
Incertezza, i peggiori scenari, notizie false e fango sui media, silenzio delle Istituzioni nazionali e locali, politiche e sportive, tiri mancini dai repressi di sempre.
Tradimenti e delusioni, partenze, pezzi che si staccano.
Ma sento che siamo vicini alla fine della notte, amici.
In un senso o nell’altro (anche il peggiore): ripartiremo molto presto.
Se sarà da più in basso, vorrà dire che ci metteremo un po’ di più a tornare.
L’alba non è lontana, ma come sempre accade gli ultimi momenti senza luce saranno quelli più angosciosi.
Ma torneremo.
Eccome se torneremo.
Perché noi non ce ne andremo mai.
#SampdoriaUnicoFolleEternoAmore
#UnioneCalcioSampierdareneseAndreaDoria  

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lunedì 24 aprile 2023

Buon 25 aprile




E’ la festa che sento di più. E’ la ricorrenza più importante per questo Paese.
Quel giorno ci siamo liberati dei nazisti e abbiamo spazzato via i fascisti. Ci siamo liberati dal giogo dei due suini. Dalla follia di chi combatteva per idee di morte, per far trionfare il male, e ha perso. E’ un giorno di festa. E’ nata l’Italia.
La nostra democrazia è malata, profondamente. Ma è una conquista. 
La dittatura è vomito. La guerra è vomito. Il nazismo e il fascismo sono vomito.
Dobbiamo difendere questa conquista giorno dopo giorno.
E ringraziare chi ha dato la vita per liberarci.

Sempre grazie grazie grazie a chi rischiò vita e famiglia per liberarci dal lurido giogo di quel maiale pelato e del suo sodale suino coi baffetti.


Chi non festeggia il 25 aprile è fascista. 
Chi è fascista non è Italiano.
#25APRILE 

(Foto: tag43)
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Analisi dei diversi tipi di decisioni arbitrali non giuste

Molti tifosi (juventini, milanisti, ma anche interisti, romanisti, etc.) confondono due situazioni diverse: l’errore arbitrale [1] (accettabile e ineliminabile fin quando arbitrerà un essere umano) e la decisione non spiegabile [2] che errore non può essere o può esserlo molto difficilmente (spesso nasconde altro, fosse anche solo un condizionamento psicologico)  o addirittura la direzione di gara orientata [3] (due pesi e due misure, per intenderci). E quindi, facendo confusione, spesso usano la prima (quando a sfavore) per affermare che la seconda o la terza (a favore) non esistono.

Per errore umano [1] intendo il classico caso preVar: un fallo che l’arbitro, in diretta e dal campo, magari essendo coperto, non vede bene e non ha la possibilità di rivedere al replay. O un fallo che l’arbitro giudica lieve e lieve non è. O un fallo che proprio non vede (reazione a palla lontana, ma certo è bizzarro che nessuno dei suoi assistenti la noti). Sono situazioni accettabili. Ovviamente l’errore per sua natura è casuale... se in un match di errori così ce ne sono diversi e sempre a sfavore di uno dei due contedenti, qualche domanda è lecito cominciare a farsela, o sulla serenità e imparzialità del direttore di gara o anche semplicemente sulla sua capacità o sul suo stato di forma del momento. E’ quindi un errore accettabile del tutto in epoca preVar, accettabile ancora oggi in epoca Var in tutti quei casi in cui un regolamebto Var studiato (appositamente?) male impedisce al Var stesso di intervenire.

Passiamo invece al secondo caso [2], la decisione non spiegabile. In epoca preVar era il fallo netto (evidente già senza replay, certissimo al primo replay) con arbitro alla giusta distanza e non impallato; ti chiedevi: come può aver sbagliato? Ma se erano casi sporadici lasciavi correre, arbitrare del resto non è facile. Questa fattispecie in epoca Var è diventata la regina delle situazioni assurde.  Si verifica un’infrazione, o si segna una rete e tu già in diretta capisci che non fischiare il rigore o annullare il gol è assurdo, e poi al primo replay ne sei addirittura certo. Eppure, il Var, nato proprio per questi casi, nonostante abbia la possibilità di rivedere la stessa azione varie volte e da diverse inquadrature, prende la decisione clamorosamente non giusta. Questo non posso catalogarlo come errore, perché frutto di decisione meditata e raggiunta usando riflessi filmati pure di qualità ed evidenza superiori a quelli di cui dispongo io e che mi consentono di dire con certezza che è rigore o che è gol valido. E perché chi decide è in teoria più abile ed esperto di me. Che cosa è allora? Non è un errore, è una decisione non spiegabile che lascia pesanti dubbi sulla serenità, o capacità o imparzialità di chi decide. Se non è un caso isolato, si avvicina al caso [3]. A volte tuttavia basta un caso solo per decidere un match ed è inaccettabile proprio perché, come detto, assolutamente non spiegabile. Così come quando a monte il Var neppure blocca tutto.

Il terzo caso [3] è il più clamoroso anche se spesso meno evidente del [2] a un occhio profano. Non è tanto dare un rigore che non c’è o è molto dubbio o annullare un gol valido, anche se può ricomprendere pure casi come questo nell’arco delle due frazioni di gioco, ma è interpretare sottilmente il regolamento in due modi diversi a seconda di chi lo vìola. E’ essere elastici e accomodanti se a infrangere le regole è un giocatore con una certa maglia, ed essere severi e inflessibili se a farlo è un suo avversario. Sono, nel singolo caso, due interpretazioni entrambe lecite, ecco cosa rende questa condotta diabolica; ma il tutto diventa truffaldino se spalmato su più casi o per i 90’: perché se spalmato in senso opportuno, integra la fattispecie di mancanza di uniformità, che è un difetto abbastanza grave per chi arbitra. In un caso, un “vaffa” accennato all’arbitro viene ignorato perché dopotutto il giocatore è nervoso e va capito e nemmeno io che ho fischiato son poi certo che fosse fallo e un arbitro deve essere anche un buon padre, un fine psicologo e deve saper mediare e raffreddare gli animi; ma se veste colori diversi è un’offesa inaccettabile, lesiva della mia dignità di arbitro, quindi cartellino rosso. In un caso un fallo duro a centrocampo è pericoloso, avrebbe potuto far danni notevoli al giocatore colpito, quindi è rosso; nell’altro caso è giallo, magari arancio, ma insomma non porta all’espulsione. E poi la lunga teoria di falli e falletti interpretati a senso unico, di gioco duro che si lascia correre quando a farlo è una certa squadra e che si sanziona in modo duro (e regolare) quando a subirlo è quella stessa squadra, i cui giocatori di talento vanno “tutelati” anche in nome del bel calcio; e il trucchetto di lasciar correre molto (arbitraggio all’inglese) quando una certa squadra deve recuperare e sta forzando il match, attaccando a pieno organico e facendo forcing; e invece spezzettare il gioco quando la stessa squadra è avanti e deve difendere i tre punti negli utlimi minuti. E ovviamente i casi i cui il Var potrebbe intervenire e non lo fa, inspiegabilmente.

Dopo migliaia di partite ho maturato una certa esperienza nel riconoscere le diverse fattispecie illustrate, e il fatto di tifare per una squadra normale, senza potere finanziario, politico o mediatico, di una società sportiva insomma che pensa solo a giocare al calcio, mi ha aiutato a capire le cose molto meglio di chi abituato da sempre a trattamenti di favore si indigna poi se solo una direzione di gara osa essere equa.

Un esempio di [2], riferito a quest’anno e a situazioni che conosco bene, è il gol annullato in Sampdoria-Atalanta o il rigore non assegnato in Sampdoria-Lazio: due casi che al primo replay è impossibile, ripeto: impossibile interpretare male. Un esempio di [1] può essere qualsiasi decisione arbitrale sulla quale il Var non possa intervenire (in virtù di norme che andrebbero cambiate subito) e che, ragionando in buona fede, potrebbe essere fallo, ma anche no, se visto in diretta e non al replay, e quindi è giusto accettare la decisione del direttore di gara, che vede le cose da una prospettiva diversa e che non ha replay a disposizione, anche se probabilmente più errata che giusta. 
L’esempio classico di [3], osederei definire storico, è quel Juventus-Inter.
Ma di esempi ce ne sono a centinaia, purtroppo...

Perché accadono situazioni come quelle descritte ai punti [2] e [3]? (Quelle del punto [1] abbiamo già detto essere errori dovuti alla fallacia dell’essere umano).
E’ un vecchio discorso. In Italia, francamente, la situazione è drammatica, tanto che il torneo può dirsi sempre o quasi sempre falsato; adesso, poi, col Var, che avrebbe dovuto eliminare certi “errori” non spiegabili, è diventato evidente l’andazzo che regna nel nostro Paese e che supera persino il pudore che chiunque dovrebbe avere: si nega l’evidente (vedi casi [2]) e si resta tranquilli tanto nessuno oserà scatenare putiferi o sollevare questioni il giorno dopo sui media.

Il difetto originario, oltre alla corruttibilità dell’essere umano, è avere un sistema per cui la tua carriera di arbitro dipende dal gradimento che delle tue direzioni hanno i club cosiddetti “maggiori”: è evidente che questo sistema porta solo cose cattive, perché chiunque, o quasi chiunque, davanti a un episodio dubbio, anche se fosse in buona fede, tenderà sempre, anche inconsciamente, a prendere la decisione che meno scontenterà il “potente”. Si chiama istinto di sopravvivenza se fatto in buona fede, piegarsi a un sistema corrotto e marcio se fatto in mala fede per garantirsi una buona carriera e nessun problema il giorno dopo sui giornali, nelle tv o coi superiori. E’ la storia del calcio italiano, da sempre. Io lo seguo dal 1973 e posso ben dirlo.

Poi è chiaro che vi sono diversi fattori che possono spiegare tutte le storture che ho descritto, e che possono agire singolarmente o assieme: il caso, la scarsa capacità tecnica dell’arbitro, il suo pessimo stato di forma, l’inadeguatezza psicologica ad arbitrare, lo scarso senso dell’equità, lo scarso equilibrio, la scarsa indipendenza psicologica, la tendenza a seguire la condotta che meno crea scandali e problemi, fosse anche la meno equa, fino ad arrivare alla vera e propria corruzione (non solo favore per denaro, ma anche per non avere danni o per avare in futuro vantaggio di natura diversa) e altri che dimentico.

Certamente i casi [2] e [3] proliferano e non accennano a diminuire in Italia perchè vi è un sistema compatto e marcio che tiene tutto insieme. Quando accade uno dei casi descritti, i telecronisti, i giornalisti, i commentatori in genere non soffiano sul fuoco, ma smorzano, falsificano e questo impedisce che gli scandali vengano bene alla luce, che se ne parli, che l’opinione pubblica, correttamente informata, si indigni e che chi li compie o chi trama nell’ombra abbia difficoltà a ripetere certe nefandezze. In più il potente, spesso favorito, mette spesso in scena teatrini ridicoli (cui i media danno ampio spazio e che non contestano nel merito per paura o servilismo) per episodi insignificanti o casi [1], alsolo scopo di sviare l’attenzione su quelli di altro tipo...

Vi è una complicità multidisciplinare, per così dire, magari non a livello delle moviole falsificate in tv dei tempi di Calciopoli, ma quasi: nessuna deontologia professionale. Il piccolo, danneggiato, sbraita, ma nessuno lo sente, se non viene amplificato dai media, che si guardano bene dal farlo. Il grande, se una volta ogni tanto subisce un errore [1], ne approfitta per blaterare di complotti [2,3] ai suoi danni e i media amplificano il tutto. Un arbitro sa che se la domenica sbaglia a sfavore del Lecce, quasi nessuno ne parlerà; se sbaglia ai danni del MIlan, il giorno dopo sarà crocifisso in tv e sui giornali e la sua carriera potrà subire degli stop: è fatale che sbagli più facilmente a favore del Milan, sia incosciamente che consapevolmente, per “autodifesa” magari, e non sempre e non solo per immoralità e inquità: ma si tratta sempre di condotte incompatibili col mestiere di arbitrare.

Facciamo un esempio fresco: come è possibile almeno non chiamare al monitor l’arbitro dopo il presunto fallo di Gatti? E’ un tipico caso [2], la decisione di non sottoporre all’arbitro uno o più replay dell’azione, che integra di sciuro una condotta violenta e che avrebbe potuto portare facilmente a un giallo, e magari a un rosso. Quindi un tifoso juventino, se magari beneficia di una direzione di gara morbida, e di inspiegabili “favori” (?) come questo, se poi l’arbitro commetterà un errore di tipo [1] ai suoi danni (succede eccome, anche a sfavore di Juve, Milan, Napoli etc.), si appellerà a questo fatto [1] per affermare che è sempre vittima di fattispecie [2] o, meglio, [3] e per confondere le acque. Un po’ lo farà perchè abituato da sempre a essere riverito non tollera che si applichi il regolamento in maniera uguale per tutti, e un po’ in mala fede, per confondere le acque. 

Poi c’è da dire che quando un potente incontra un altro potente può a sua volta subire il trattamento truffaldino di cui spesso beneficia, e questo rinforzerà il suo inconsistente vittimismo di facciata, quasi ridicolo se non fosse reso più serio da media servili che lo amplificano, senza farne notare le incongruenze.

Le cose da dire sarebbero ancora non poche, ma mi fermo qui.

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domenica 16 aprile 2023

Fatelo ogni tanto un giretto in un discount

Andare al discount ogni tanto vi farebbe capire come sta davvero questo Paese. Al discount lo vedi dalle facce, come sta. E molti spendono dai 5 ai 20 euro, e calibrano ogni prodotto, e per pagare non tirano fuori pezzi da 100.

Lo vedi dalle facce che aria tira. E da come la gente è vestita. Perfino da come si muove: è lenta, impacciata. Dà fastidio, anche perché gli spazi sono stretti. E’ insofferente, ma taciturna. E’ stanca. Senza luce negli occhi.
A capo chino. 
Lo capisci dal silenzio. Nessuna musica di sottofondo, solo qualche annuncio di servizio, e i clienti che non parlano quasi, e se lo fanno bisbigliano.
Anche i bimbi, perlomeno quello sopra i sei anni, sono più tranquilli del normale.
C’è rassegnazione sommessa.
Si devono fare i salti mortali anche per mettere qualcosa sotto i denti, ditemi se è vita. 

Non sei in un grande supermercato, non sei in un tempio del consumismo, in una di quelle grandi cattedrali tutte luci e musica in cui ogni giorno si officia il laido rito del consumo. Sei in un magazzino a caccia di qualcosa per sfamare te e i tuoi figli, in cerca di un paio di scarpe o di una felpa da 9 euro e 99. Non sei spensierato e felice come al centro commerciale, sei stravolto o disperato, e sai già che uscirai insoddisfatto. E a volte compri prosciutto che dal colore pare avere i minuti contati, e pizze surgelate dalle marche mai sentite che prima di infornarle ti fai il segno della croce, e bevande ignote dai nomi ricchi di consonanti, e attrezzi o vestiario che ti chiedi se valga la pena e sai bene che probabilmente non la vale ma il doppio in tasca non ce l’hai sicché se ti serve proprio lo compri, al massimo ti durerà meno... 
Mentre alcuni hanno l’oro anche fra le chiappe, e in bocca, sempre se li ipotizziamo distinguibili con agio.

E’ un Paese alla deriva economica e morale, da decenni. Ci governano buffoni e corrotti, il diritto è un carnevale, il sopruso la regola, il privilegio uno schiaff0 sulla faccia dei molti che sono alla cate -na. 
Nessuno si ribella perché siamo immigrati quindi cittadini di serie B, o vecchi, o malati, o stanchi e disillusi. 
E così non rotolano le te -ste che meriterebbe di rotolare tra rivoli di sangue, e la forbice tra chi vive una vita di lusso e chi marcisce nel fango si allarga ogni giorno di più. 

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sabato 15 aprile 2023

Adesso starete dormendo


Ciascuno nel proprio orticello. Vi trovate bene?
A capirvi ho rinunciato da tempo ragguardevole, adesso mi limito a disprezzare il genere umano in genere, a cui mi han detto che apparterei, ma deve trattarsi di una fake news: al massimo ci potrà essere affinità biologica, ma è tutto.

Se siete nella fase della buona sorte (lavoro, e pure soddisfacente, conto corrente pasciuto, pochi problemi in famiglia, amante rispettoso/a del ruolo, salute accettabile, socialità appagante, abitazione di rilievo, figli poco problematici, poco esigenti e discretamente indipendenti, auto adatta a rappresentare la vostra autostima, hobby e sfizi a guarnire il tutto) e quindi il mondo vi sorride, gli altri riuscite a sopportarli abbastanza bene, a volte anche a trarne diletto, ma li vedete invariabilmente come l’elemento senza il quale il vostro status non brillerebbe: utili, ma inferiori.

Se siete nella fase della cattiva sorte (senza lavoro o con un lavoro ingrato e mal pagato, conti in sofferenza, presente incerto e futuro nerissimo, problemi con moglie e figli, pochi amici e nessuno vero, nessuna amante, al massimo sesso sporadico, socialità assente o disturbante, casa piccola o nessuna casa e affitti precari, notti insonni e giornate trascinate, salute che ancora c’è ma prime avvisaglie non buone, nessun hobby e nessuno sfizio per mancanza di testa e denaro) e quindi il mondo vi sorride ma in realtà è un ghigno sardonico e beffardo, gli altri vi appaiono per quello che dopotutto sono: forme di vita variegate ma a ben vedere poco diverse le une dalle altre, che vi ignorano o vi usano, che vi detestano o vi evitano di proposito, per le quali siete un fastidio, e del resto loro lo sono per voi.

Alla fine “gli altri siamo noi” è una bella frase e ci ricorda anche una bella canzone di qualche Sanremo fa, ma è anche una constatazione irrilevante. Gli altri siamo noi per gli altri, ma per noi gli altri sono altro da noi e basta: una condizione irrimediabile che li condanna.

Ho visto passare qualche decennio e vi ho visto peggiorare. Del resto, sarò peggiorato pure io, è probabile.
Mi sento però di affermare che voi in questo declino eccellete.
Senza falsa modestia, vi lascio il podio, che meritate.
Forse la pandemia del 2020 ha dato la botta finale a una situazione in lento peggioramento, o forse è una scusa, anche se bene non ha fatto.
Sta di fatto che il mondo degli anni ‘50 e ‘60, che già pareva utopia alla fine del secolo, non esiste più nemmeno nel ricordo: oggi siamo davvero bestie gli uni per gli altri. Questa è una delle tante ragioni per le quali si può affermare con la sicurezza di aver ragione che l’umanità non ce la farà: ma è la principale, perché deriva da noi e basta, da come siamo fatti.

Io ogni tanto cerco di entrare in contatto (ma davvero, non per finta) con qualcuno di voi. Un tempo lo facevo per necessità e credendoci, oggi sapendo che si tratta di mero esercizio fine a se stesso e che il tutto si tradurrà in altre delusioni. Ed in effetti non ci riesco. 
Finirà male, io penso. Ma c’è chi pensa che non finirà: non ritengo di dover discutere con chi ha idee così inaccettabili. E c’è chi sostiene che finirà ma molto più in là: l’ottimismo è inguaribile, in certuni.
In ogni caso, sia che finirà male o malissimo, sia che finirà presto o tardi, finirà. E un’altra cosa certa è che noi finiremo da soli, come siamo vissuti. Ciascuno di noi. Anche tu che adesso sghignazzi. 

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lunedì 10 aprile 2023

Oggi ho probabilmente parato l’ultimo calcio di rigore della mia vita.

Oggi ho probabilmente parato l’ultimo calcio di rigore della mia vita.
Non avevo intenzione di fare grandi cose, ma vedere la porta sguarnita (si giocava due contro due, portiere volante ma senza mani, porte piccoline) e tuffarmi per terra, salvando alla disperata il gol col braccio e con una mezza capriola, è stato un attimo: la palla che rotola sospende l’attività neuronale. Naturalmente, avendo usato il braccio, ho provocato un penalty, che però ho parato (porta più grande): tuffo plastico a terra alla mia destra, respinto. Dopo, un altro rigore è finito fuori (in questi casi si dice che il portiere ha ipnotizzato il tiratore) e uno invece è entrato (fil di palo, spiazzato). 
E’ stato, il primo di questi tre, l’ultimo rigore parato della mia vita. Non penso che mi butterò più: l’età è notevole. Fra l’altro ho sconciato un paio di calzoni “buoni”, ora vediamo la tintoria cosa si inventa.
A bocce ho vinto. Sport da anziani, lo so, ma vincere non è mai facile.
Mia figlia è rimasta discretamente stupita dai due tuffi, non se li aspettava. Nemmeno io. Ortopiedia evitata anche questa volta, comunque. Stasera sono in una condizione che, usando un linguaggio strettamente tecnico, potremmo tradurre con “sono un po’ tronco”.
— 

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giovedì 6 aprile 2023

Prima o poi la fine arriverà anche per l’utilizzatore finale

Dovrò sopportare dieci giorni di apologia. Su tutti i i media servi, che leccheranno anche post mortem.
Le terga poco nobili di un individuo che per tutta la vita ha fatto i suoi sporchi interessi e quelli dei suoi familiari, senza rispettare la legge e calpestando gli altri quando necessario; mentendo e intrallazzando; insozzando le Istituzioni.
Poi, forse, finirà l’era di questo ciclopico devastatore morale. Rimarranno i suoi frutti e i suoi ridicoli delfini, tipo quel tizio che querela anche la sua ombra.
#UtilizzatoreFinale 

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lunedì 3 aprile 2023

Quei quattro colori


E’ dura spiegare a un bambino che i rigori si possono anche tirare, non solo avere contro.
E che un tuo giocatore può vedersi annullato un gol pulito e un avversario fare un gol di mano senza che nessuno lo annulli.
E che un avversario può quasi spaccare la gamba a un tuo giocatore senza essere punito e poi tu resti in dieci uomini per via di due gialli ridicoli.
E che lo stesso fallo porta a un fischio se fatto da te, a niente se fatto dagli altri.
E’ dura.
Ma almeno non crescerà tifando come un idi0ta per squadre zeppe di giocatori montati e pagati parecchi milioni e dirette da veri e propri imperi del male, che nemmeno sanno cosa sono i valori dello sport, e che rappresentano (malissimo) in Italia e nel mondo regioni e città con cui non ha e non avrebbe nulla a che fare.
E’ dura ma in questo modo capirà cosa è importante e cosa no.
E gli basterà vestire quei quattro colori per sentirsi felice.
E guarderà la Sud, quando non sarà lui stesso la Sud: e questo sarà sufficiente, al di là dei risultati, dei punti in classifica, della serie, e dei buffoni che a volte, senza volere, sbarrano il più virtuoso dei cammini.
#SampUnicoGrandeAmore

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