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lunedì 24 aprile 2023

Analisi dei diversi tipi di decisioni arbitrali non giuste

Molti tifosi (juventini, milanisti, ma anche interisti, romanisti, etc.) confondono due situazioni diverse: l’errore arbitrale [1] (accettabile e ineliminabile fin quando arbitrerà un essere umano) e la decisione non spiegabile [2] che errore non può essere o può esserlo molto difficilmente (spesso nasconde altro, fosse anche solo un condizionamento psicologico)  o addirittura la direzione di gara orientata [3] (due pesi e due misure, per intenderci). E quindi, facendo confusione, spesso usano la prima (quando a sfavore) per affermare che la seconda o la terza (a favore) non esistono.

Per errore umano [1] intendo il classico caso preVar: un fallo che l’arbitro, in diretta e dal campo, magari essendo coperto, non vede bene e non ha la possibilità di rivedere al replay. O un fallo che l’arbitro giudica lieve e lieve non è. O un fallo che proprio non vede (reazione a palla lontana, ma certo è bizzarro che nessuno dei suoi assistenti la noti). Sono situazioni accettabili. Ovviamente l’errore per sua natura è casuale... se in un match di errori così ce ne sono diversi e sempre a sfavore di uno dei due contedenti, qualche domanda è lecito cominciare a farsela, o sulla serenità e imparzialità del direttore di gara o anche semplicemente sulla sua capacità o sul suo stato di forma del momento. E’ quindi un errore accettabile del tutto in epoca preVar, accettabile ancora oggi in epoca Var in tutti quei casi in cui un regolamebto Var studiato (appositamente?) male impedisce al Var stesso di intervenire.

Passiamo invece al secondo caso [2], la decisione non spiegabile. In epoca preVar era il fallo netto (evidente già senza replay, certissimo al primo replay) con arbitro alla giusta distanza e non impallato; ti chiedevi: come può aver sbagliato? Ma se erano casi sporadici lasciavi correre, arbitrare del resto non è facile. Questa fattispecie in epoca Var è diventata la regina delle situazioni assurde.  Si verifica un’infrazione, o si segna una rete e tu già in diretta capisci che non fischiare il rigore o annullare il gol è assurdo, e poi al primo replay ne sei addirittura certo. Eppure, il Var, nato proprio per questi casi, nonostante abbia la possibilità di rivedere la stessa azione varie volte e da diverse inquadrature, prende la decisione clamorosamente non giusta. Questo non posso catalogarlo come errore, perché frutto di decisione meditata e raggiunta usando riflessi filmati pure di qualità ed evidenza superiori a quelli di cui dispongo io e che mi consentono di dire con certezza che è rigore o che è gol valido. E perché chi decide è in teoria più abile ed esperto di me. Che cosa è allora? Non è un errore, è una decisione non spiegabile che lascia pesanti dubbi sulla serenità, o capacità o imparzialità di chi decide. Se non è un caso isolato, si avvicina al caso [3]. A volte tuttavia basta un caso solo per decidere un match ed è inaccettabile proprio perché, come detto, assolutamente non spiegabile. Così come quando a monte il Var neppure blocca tutto.

Il terzo caso [3] è il più clamoroso anche se spesso meno evidente del [2] a un occhio profano. Non è tanto dare un rigore che non c’è o è molto dubbio o annullare un gol valido, anche se può ricomprendere pure casi come questo nell’arco delle due frazioni di gioco, ma è interpretare sottilmente il regolamento in due modi diversi a seconda di chi lo vìola. E’ essere elastici e accomodanti se a infrangere le regole è un giocatore con una certa maglia, ed essere severi e inflessibili se a farlo è un suo avversario. Sono, nel singolo caso, due interpretazioni entrambe lecite, ecco cosa rende questa condotta diabolica; ma il tutto diventa truffaldino se spalmato su più casi o per i 90’: perché se spalmato in senso opportuno, integra la fattispecie di mancanza di uniformità, che è un difetto abbastanza grave per chi arbitra. In un caso, un “vaffa” accennato all’arbitro viene ignorato perché dopotutto il giocatore è nervoso e va capito e nemmeno io che ho fischiato son poi certo che fosse fallo e un arbitro deve essere anche un buon padre, un fine psicologo e deve saper mediare e raffreddare gli animi; ma se veste colori diversi è un’offesa inaccettabile, lesiva della mia dignità di arbitro, quindi cartellino rosso. In un caso un fallo duro a centrocampo è pericoloso, avrebbe potuto far danni notevoli al giocatore colpito, quindi è rosso; nell’altro caso è giallo, magari arancio, ma insomma non porta all’espulsione. E poi la lunga teoria di falli e falletti interpretati a senso unico, di gioco duro che si lascia correre quando a farlo è una certa squadra e che si sanziona in modo duro (e regolare) quando a subirlo è quella stessa squadra, i cui giocatori di talento vanno “tutelati” anche in nome del bel calcio; e il trucchetto di lasciar correre molto (arbitraggio all’inglese) quando una certa squadra deve recuperare e sta forzando il match, attaccando a pieno organico e facendo forcing; e invece spezzettare il gioco quando la stessa squadra è avanti e deve difendere i tre punti negli utlimi minuti. E ovviamente i casi i cui il Var potrebbe intervenire e non lo fa, inspiegabilmente.

Dopo migliaia di partite ho maturato una certa esperienza nel riconoscere le diverse fattispecie illustrate, e il fatto di tifare per una squadra normale, senza potere finanziario, politico o mediatico, di una società sportiva insomma che pensa solo a giocare al calcio, mi ha aiutato a capire le cose molto meglio di chi abituato da sempre a trattamenti di favore si indigna poi se solo una direzione di gara osa essere equa.

Un esempio di [2], riferito a quest’anno e a situazioni che conosco bene, è il gol annullato in Sampdoria-Atalanta o il rigore non assegnato in Sampdoria-Lazio: due casi che al primo replay è impossibile, ripeto: impossibile interpretare male. Un esempio di [1] può essere qualsiasi decisione arbitrale sulla quale il Var non possa intervenire (in virtù di norme che andrebbero cambiate subito) e che, ragionando in buona fede, potrebbe essere fallo, ma anche no, se visto in diretta e non al replay, e quindi è giusto accettare la decisione del direttore di gara, che vede le cose da una prospettiva diversa e che non ha replay a disposizione, anche se probabilmente più errata che giusta. 
L’esempio classico di [3], osederei definire storico, è quel Juventus-Inter.
Ma di esempi ce ne sono a centinaia, purtroppo...

Perché accadono situazioni come quelle descritte ai punti [2] e [3]? (Quelle del punto [1] abbiamo già detto essere errori dovuti alla fallacia dell’essere umano).
E’ un vecchio discorso. In Italia, francamente, la situazione è drammatica, tanto che il torneo può dirsi sempre o quasi sempre falsato; adesso, poi, col Var, che avrebbe dovuto eliminare certi “errori” non spiegabili, è diventato evidente l’andazzo che regna nel nostro Paese e che supera persino il pudore che chiunque dovrebbe avere: si nega l’evidente (vedi casi [2]) e si resta tranquilli tanto nessuno oserà scatenare putiferi o sollevare questioni il giorno dopo sui media.

Il difetto originario, oltre alla corruttibilità dell’essere umano, è avere un sistema per cui la tua carriera di arbitro dipende dal gradimento che delle tue direzioni hanno i club cosiddetti “maggiori”: è evidente che questo sistema porta solo cose cattive, perché chiunque, o quasi chiunque, davanti a un episodio dubbio, anche se fosse in buona fede, tenderà sempre, anche inconsciamente, a prendere la decisione che meno scontenterà il “potente”. Si chiama istinto di sopravvivenza se fatto in buona fede, piegarsi a un sistema corrotto e marcio se fatto in mala fede per garantirsi una buona carriera e nessun problema il giorno dopo sui giornali, nelle tv o coi superiori. E’ la storia del calcio italiano, da sempre. Io lo seguo dal 1973 e posso ben dirlo.

Poi è chiaro che vi sono diversi fattori che possono spiegare tutte le storture che ho descritto, e che possono agire singolarmente o assieme: il caso, la scarsa capacità tecnica dell’arbitro, il suo pessimo stato di forma, l’inadeguatezza psicologica ad arbitrare, lo scarso senso dell’equità, lo scarso equilibrio, la scarsa indipendenza psicologica, la tendenza a seguire la condotta che meno crea scandali e problemi, fosse anche la meno equa, fino ad arrivare alla vera e propria corruzione (non solo favore per denaro, ma anche per non avere danni o per avare in futuro vantaggio di natura diversa) e altri che dimentico.

Certamente i casi [2] e [3] proliferano e non accennano a diminuire in Italia perchè vi è un sistema compatto e marcio che tiene tutto insieme. Quando accade uno dei casi descritti, i telecronisti, i giornalisti, i commentatori in genere non soffiano sul fuoco, ma smorzano, falsificano e questo impedisce che gli scandali vengano bene alla luce, che se ne parli, che l’opinione pubblica, correttamente informata, si indigni e che chi li compie o chi trama nell’ombra abbia difficoltà a ripetere certe nefandezze. In più il potente, spesso favorito, mette spesso in scena teatrini ridicoli (cui i media danno ampio spazio e che non contestano nel merito per paura o servilismo) per episodi insignificanti o casi [1], alsolo scopo di sviare l’attenzione su quelli di altro tipo...

Vi è una complicità multidisciplinare, per così dire, magari non a livello delle moviole falsificate in tv dei tempi di Calciopoli, ma quasi: nessuna deontologia professionale. Il piccolo, danneggiato, sbraita, ma nessuno lo sente, se non viene amplificato dai media, che si guardano bene dal farlo. Il grande, se una volta ogni tanto subisce un errore [1], ne approfitta per blaterare di complotti [2,3] ai suoi danni e i media amplificano il tutto. Un arbitro sa che se la domenica sbaglia a sfavore del Lecce, quasi nessuno ne parlerà; se sbaglia ai danni del MIlan, il giorno dopo sarà crocifisso in tv e sui giornali e la sua carriera potrà subire degli stop: è fatale che sbagli più facilmente a favore del Milan, sia incosciamente che consapevolmente, per “autodifesa” magari, e non sempre e non solo per immoralità e inquità: ma si tratta sempre di condotte incompatibili col mestiere di arbitrare.

Facciamo un esempio fresco: come è possibile almeno non chiamare al monitor l’arbitro dopo il presunto fallo di Gatti? E’ un tipico caso [2], la decisione di non sottoporre all’arbitro uno o più replay dell’azione, che integra di sciuro una condotta violenta e che avrebbe potuto portare facilmente a un giallo, e magari a un rosso. Quindi un tifoso juventino, se magari beneficia di una direzione di gara morbida, e di inspiegabili “favori” (?) come questo, se poi l’arbitro commetterà un errore di tipo [1] ai suoi danni (succede eccome, anche a sfavore di Juve, Milan, Napoli etc.), si appellerà a questo fatto [1] per affermare che è sempre vittima di fattispecie [2] o, meglio, [3] e per confondere le acque. Un po’ lo farà perchè abituato da sempre a essere riverito non tollera che si applichi il regolamento in maniera uguale per tutti, e un po’ in mala fede, per confondere le acque. 

Poi c’è da dire che quando un potente incontra un altro potente può a sua volta subire il trattamento truffaldino di cui spesso beneficia, e questo rinforzerà il suo inconsistente vittimismo di facciata, quasi ridicolo se non fosse reso più serio da media servili che lo amplificano, senza farne notare le incongruenze.

Le cose da dire sarebbero ancora non poche, ma mi fermo qui.

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.


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