La risposta “finché c’è la salute” è intelligente e stupida allo stesso tempo.
Intelligente perché davvero la salute è la prima cosa. Sì, viene prima del denaro (ovvio) e anche dell’amore (non l’avreste detto, eh?), perché se è vero che un malato amato è più fortunato di un malato dimenticato, senza salute nulla vale, neppure l’amore. Se muori, te lo friggi, l’amore. L’amore va al secondo posto. Di un’incollatura, certo, ma è così. Anche perché fra salute e amore io scelgo salute: da sano posso sempre dare amore, anche se non ce l’avrò avendovi rinunciato; da malato/morto non do e non ricevo una fava. Naturalmente non pretendo che tutti voi siate d’accordo: mi spaventerei.
Ma è anche la più stupida perché è come dire che non si è felici (la felicità non esiste, è noto). Cioè, dire che va tutto male ma sto bene quindi va tutto bene è senza senso. E’ ovvio che la salute è la base; ma, assodato che stai bene, se ti va tutto male ti va tutto male e basta.
Altrimenti non ti andrà mai tutto male, se stai bene; mentre, se muori o stai malissimo, ti andrà tutto male. Ma allora la risposta “insomma, ma finché c’è la salute...” che senso ha? Nessuno, è una convenzione, come il ciao o l’accenno al caldo afoso.
E’ come quanto di chiedono “come stai?” O “come va?” e tu dici “bene” o più cautamnete “si tira avanti” anche se va malissimo. Lo fai perché altrimenti l’altro va nel panico: deve chiederti come mai. E tu pure: devi spiegargli un sacco di cose, di cui al lui non frega nulla. Un bel “bene” è una formula convenzionale che fa scivolare l’ingranaggio; è puro olio sociale. Tanto agli altri di te non frega nulla, su. autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
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