Ogni tanto ci ripenso, certo.
A tutto il tempo che ho buttato via con te, da quel giorno agli esordi del servizio civile.
Ero un poco spaesato, ci siamo conosciuti.
Interpretavamo il servizio in modo diverso. Eravamo diversi. Ma cominciò qualcosa.
Non detti retta ai primi segni.
Ogni tanto ci ripenso, certo.
A quanto ti ho dato, senza secondi fini, come faccio sempre.
Pensavo che fossi solo un po’ grezzo, ma in fondo buono.
Pensavo fossi solo un po’ egoista e maleducato, ma in fondo affezionato.
Pensavo che fossi solo poco garbato, poco raffinato, ma in fondo sincero.
Pensavo che sapessi valutare il mio disinteresse e la mia amicizia.
Pensavo che per te certe cose avessero un valore, al di là della tua superficialità che credevo di difesa e di facciata e che invece, ahimè, era tua sostanza.
Pensavo che fossi più intelligente, più sentimentale, più vero.
E invece mi hai fregato.
Mi hai usato fino a quando il bilancio per te era positivo, poi hai chiuso come si disdice un abbonamento a una rivista.
A mia scusante dico che, a parte i primi segni che ho colpevolmente ignorato, non era poi facile capire che valevi molto meno di quel che credevo e che non vi era nulla di sincero e di veramente partecipe in te.
Il modo in cui hai chiuso ha certificato il mio errore, ma mi ha anche fornito prova indiscussa di quel che sei: ecco perché non ho ripensamenti né rimpianti, solo tanta tristezza.
Sì, lo so: il taglio è avvenuto per una cosa davvero futile.
Ma era solo l’ultima, di goccia. E poi a traboccare è stato il tuo vaso, già pieno di boria e falsità di cuore, non il mio: e questo colpo di fortuna mi ha salvato da altri anni di teatrino.
Il casus belli è stato un’inezia, ma è proprio questo fatto, e il modo col quale hai chiuso, ad avermi dato la prova di quel che sei e delle menzogne che sei sempre stato. Ecco perché proverò sempre tristezza ma non riaprirò mai, per nessuna ragione al mondo, questo infame capitolo della mia vita. Hai portato con te altre due persone e hai guastato tutto il guastabile, del resto il centro della tua vita sei sempre stato tu.
Ti lascio alla tua vita lieve. Lieve perché superficiale, non perché sapientemente leggera.
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