martedì 24 marzo 2020
Come passa il tempo
Giorno boh di quarantena. Non fidatevi: non sono mai quaranta giorni.
Attraverso il salotto scavalcando i cartoni di pizza e le bottiglie di birra vuote.
Un paio di mutande riposano ammucchiate sul divano, sembrano le mie, anche se un tempo erano bianche.
Una trentina di piatti incrostati di sugo e formaggio torreggiano nel lavello che sgocciola con regolare cattiveria, il tablet in standby da ieri pomeriggio, cerco le calze e le trovo appese al quadro dell’ingresso.
Il sole è alto nel cielo, e splende inutile e beffardo.
La persiana sbatte, un corvo rumoreggia, due cani lontani abbaiano in sincrono.
Ogni quattro ore circa passa un’auto, potrebbe anche essere la stessa.
Frammenti di anacardi sparsi qua e là importunano il mio piede nudo e ricco di arsura.
Odore di sottaceti ovunque, aria viziata, muri ormai neri, strani insetti verdi e blu a spasso per la casa: non hanno ali.
La tv accesa a volume zero da sempre continua imperterrita con la sua giostra di contagi e morti, curve ed esperti, polemiche e lacrime, tamponi e mascherine.
Il nuovo catarro invernale si affeziona parecchio e dopo un mese ancora non ti vuole lasciare del tutto: ho l’ovatta nelle orecchie.
Ho finito la carta igienica, sto usando il calendario a muro, divenuto improvvisamente un oggetto di arredamento di dubbio gusto e nessuna utilità: dopo, sarà la volta degli scontrini e delle fatture dal 2000 al 2010.
Il magro conto corrente mostra le ossa, ho speso fortune in food delivery e per stampare i moduli dell’autodichiarazione, giunti ormai alla duecentoseiesima versione.
A volte incontro un’altra forma sopravvivente, assomiglia a mia moglie ma non ho chiesto nulla per la stanchezza e per una mia innata discrezione. Forse figliammo anche, nell’Era preCovid, ma adesso non ricordo bene. A volte sento una voce giovane due stanze più in là, ma potrebbe essere il figlio di un vicino: qualcuno dovrebbe esserne rimasto.
I polmoni sono lusingati dall’importanza che la mia ansia attribuisce loro da qualche tempo. Giro per casa col dito nel saturimetro e il termometro sotto l’ascella, alla francese.
Ho iniziato dozzine di libri e finito nessuno, potrei gareggiare a un quiz sugli incipit.
Ho scritto due romanzi e tre saggi, o li ho scopiazzati, non ricordo davvero, sono in buona fede.
Oggi cambierò le lenzuola, sta per finire il mese ed è giorno di bucato. Le stenderò senza lavarle: ci sono lussi che al momento non posso permettermi, nella lavatrice metto le bucce della frutta e i fazzoletti di carta.
Stanotte ho sognato che ero in fila per fare la spesa: tre centinaia di persone, tutti con maschere antigas e larghe tute bianche con strani simboli gialli e neri. Poi mi sono svegliato, era solo un sogno. Mi ero addormentato in fila.
La pizzeria a due isolati è un vanto per il mio quartiere: ormai faccio solo uno squillo e tosto arrivano due capricciose e due würstel e prosciutto, quattro birre ghiacciate e un chilo di focaccia. Adesso cerco il telefono.
I miei titoli azionari, che sottoscrissi con lungimiranza due settimane prima dell’arrivo del Corona, adesso valgono quattro spicci ma se nel portafoglio titoli metto anche il valore dell’LDL compenso le perdite. Il fibrinogeno è stabile, in un’ottica di lungo periodo avrei potuto pensarci.
Ormai la spesa me la fa ogni sabato mattina un vecchietto rugoso che abita di fronte e che ha sconfitto il morbo: gli do ricca mancia, col patto che non mi racconti la sua stupida storia.
Amazon ha ripreso a spedire tutto, anche i sex toys.
Mi sono rimasti solo metà degli amici che avevo, e per fortuna era quello con cui me la intendevo di più. Miia madre, ormai quasi novantenne, dovrebbe trovarsi in un hotel di Phoenix Arizona (l’American Inn, mi pare), o a Massa, faccio confusione. Ho mai avuto una madre?
E’ inattivo da mesi l’abbonamento a YouPorn, la carta è scaduta, mi accontento dei clip gratuiti di pochi minuti, tanto più che non ho mai avuto tempi ragguardevoli. Non pago bollette da una vita ma luce acqua e gas ci sono ancora: immagino si tratti di una decisione dell’Esecutivo. Adesso, pare, governa un attempato industrialotto di Arcore, via Skype direttamente da Nizza. Il ministro degli Interni spara ai barconi, quello della Sanità gioca a burraco in attesa del bollettino serale.
Ho le unghie così lunghe che accendo la luce della cucina direttamente dal bagno.; almeno, spero che siano unghie.
La barba spesso mi si impiglia nella cerniera dei pantaloni, sapeste il dolore. Almeno, spero che sia barba.
Nel tinello da sei mesi è seduto un tale che non mi pare di conoscere, sembra straniero: ormai non puzza nemmeno più.
Questi tre anni di emergenza virus sono volati.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.
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