domenica 29 marzo 2020
Questo fortissimo silenzio
Forse chi non ha mai riflettuto su cosa vuol dire essere preda della depressione può in un certo qual modo farsene un’idea in questo periodo di forzata reclusione domiciliare.
O chi ha sempre ritenuto, sotto sotto, che si tratti di malattie inventate, grazie alle quali una persona ci marcia e si fa i fatti suoi.
Adesso vi verrà in mente quel collega che si assentava dal lavoro per malattia e per lunghi periodi... o quel conoscente di cui non sapevate, alla fine, proprio un bel niente.
Forse chi a queste cose non ha mai pensato riesce a capire, adesso, quanto possa essere devastante per una persona depressa, e magari anche sola, la domenica, questa giornata che per molti di noi è svago e riposo. Una giornata che è un pungo in uno stomaco per chi è solo e/o depresso. Una giornata in apparenza felice che serba dentro di sé un piccolo carico di veleno amarissimo, per chi viene morso.
Allo stesso modo sono insostenibili le vacanze estive, quelle di Natale, di Pasqua, il Capodanno...
Le luci, l’aria di festa, la corsa agli acquisti, i pranzi coi parenti, i regali sospirati dai bambini, “dove lo passi quest’anno”, “cosa fai il 31”, le spiagge brulicanti di bagnanti, le serate al ristorante, la disco, i picnic, etc.
Una tortura quotidiana si dipana proprio nei periodi in cui noi siamo invece più spensierati, allegri, frenetici.
Guardate fuori dalla vostra finestra, oggi: strade deserte, lunghe file di automobili parcheggiate, nessun passante, nessuna voce, un autobus ogni mezz’ora, nastri di asfalto la cui unica funzione sembra ormai solo quella di riempire con un tono grigio uniforme lo spazio fra le case. Un silenzio irreale, totale, disturbante, che la domenica si fa fortissimo e straziante.
Ecco, questo è quello che prova un depresso, o una persona sola e infelice: ma lo prova sempre, dentro di sé; non solo la domenica di una quarantena imprevedibile solo due mesi fa, che ci angoscia e ci spaventa ma che riusciamo ad affrontare perché siamo in compagnia e perché abbiamo comunque voglia di vivere, di leggere un libro, di giocare coi figli, di cucinare una pizza, di fare una videochiamata.
E loro, i depressi, gli infelici, i soli, sono un esercito folto e silenzioso. Non li riconosci a vista: potrebbe essere l’uomo che è davanti a te alla cassa del supermarket, o la donna che incroci davanti al Tabacchi. O la commessa con cui scambi due chiacchiere di circostanza. Sono persone che si sono ammalate per sfortuna, o che la vita ha trattato male. A volte la vita, che con noi è stata buona o anche solo “neutra”, sa accanirsi contro una persona, se la prende di mira. Sono persone “normali” che sono finite nel gorgo per caso, o per la cattiveria di qualcuno, o sono persone con un problema che non sono mai riuscite a superare. D’un tratto si rompe qualcosa, magari non senti nemmeno il crack: ma da quel momento nulla è più come prima, diventi invisibile, e più provi ad uscirne più affoghi, come se fossi nelle sabbie mobili. La vita è bravissima a distruggerti.
Quando leggete di un suicidio, e a margine del fatto di cronaca qualcuno prova a fornirne una spiegazione, riflettete su questo. E provate a capire che non è umanamente possibile sapere fino in fondo i veri motivi che rendono la vita una tortura quotidiana per alcuni di noi, o che spingono qualcuno a decidere di farla finita.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.
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