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martedì 2 giugno 2020

Scrittori si diventa, serial killer non so


Di quello che scrivo ogni settimana solo una minima parte finisce sui social o sul blog: esattamente quella che vi agevola il vomito, si direbbe.
Quello che scrivo potrebbe essere senza valore o avere un valore; essere robaccia o parole con un loro intrinseco e non disprezzabile senso. Mi riferisco a tutto, non solo ai post politici, sportivi o di attualità. Io scrivo davvero di tutto, siete fortunati a imbattervi solo in una minima parte di quel che scrivo.
E’ evidente che sui social è più facile che finisca il post politico o di attualità rispetto al brano intimista o all’haiku, ma spesso faccio eccezioni, come sapete bene se solo fate mente locali sui vostri incubi ricorrenti.
Se volete materiale diverso, è necessario che ci frequentiamo, ma capite bene che il gioco potrebbe non valere la candela: sono un tipo poco “normale”, scusate se mi vanto.

Perché pubblico? Esibizionismo, complesso di superiorità, scarsa conoscenza dei miei limiti, esistenza di contratti adsl a buon prezzo?
No. E’ la stessa ragione per la quale leggo e scrivo. Devo.
Un pittore (o uno che si crede tale) deve dipingere. Un dittatore nazista deve sterminare le persone e seminare il terrore. Un falegname si sogna la notte il tavolino che realizzerà il giorno dopo. Io scrivo. Magari poi il tavolino traballa, ma non è questo il punto.

Cosa determina il valore di quello che uno scrive, o del tavolino? Il gradimento del pubblico sotto forma di vendite? Il gradimento tout court sotto forma di elogi e commenti positivi? La (non imparziale) opinione dell’autore? Probabilmente nulla di tutto questo. Vendere non vuol dire aver scritto qualcosa di valido, anche se può eccezionalmente capitare di scrivere qualcosa di buono e di riuscire a venderlo bene: ma son casi rari. D’altra parte non bisogna cadere nell’errore opposto: non è che se non vendi o non ti legge nessuno sei un nuovo Dostoevskij: sarebbe troppo facile e io allora sarei a un passo dal Nobel.
L’opinione degli altri ha certamente un valore indicativo ma si deve sempre distinguere il giudizio spassionato dalla cortesia di chi ti è amico o non vuole comunque ferirti.; in questo senso è maggiormente indicativo il disprezzo, che si manifesta nel non leggere o nel giudicare apertamente come scarico di fogna quello che si è letto. L’opinione dell’autore, infine, può essere fondata, ma non sarà mai presa troppo sul serio: il macellaio si vanta sempre della freschezza della sua carne.

Io intanto scrivo. Poi potrebbe capitare che mi uccida e, si sa, nulla è come un suicidio per (ri)valutare un autore e passarlo da palloso imbrattacarte a imperdibile Vate. Del resto, il destino dei Grandi è spesso quello di morire sconosciuti e ricoperti di contumelie, fra l’indifferenza di eredi che poi si ritrovano ad essere sommersi di diritti d’autore come se piovesse.

Insomma, direte voi: avresti potuto dire fin da subito che scrivi per tua figlia...

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.


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