Sto osservando la mia vita, mica la sto vivendo.
Cioè, non fraintendetemi: butto dentro ossigeno, muovo gli occhi, mangio, parlo, cammino, dormo, faccio cose, vedo gente, leggo, scrivo, faccio battute, guardo le gambe, i kuli e le tette, mi sporco e poi mi lavo e poi mi sporco di nuovo, entro in musei, mi fermo al rosso, disprezzo il disprezzabile, faccio la spesa, mi sistemo le mutande, parcheggio, od- I0 tutto e tutti, scarto i ciccolatini, non sc*p* (mi son sposato apposta, ero stufo del sesso): chiunque la definirebbe vita, questa accozzaglia di attività, e mi chiederebbe: e quindi cosa minchia hai scritto alla prima riga?
Devo chiarire.
Certo che vivo, se intendete quelle cose, ma è un fatto meccanico, che non sento mio: in realtà lo faccio come se lo facesse un altro, e nel frattempo, sotto sotto, di nascosto, mi guardo.
E non è un bello spettacolo.
Mi accorgo di questo, osservandomi vivere: una cosa di cui voi non vi accorgete, perché voi vivete, mica vi guardate vivere.
E’ uno spettacolo triste, a volte meschino, sempre piuttosto desolante. Non bastano pochi flash a illuminarne le lunghe e fonde ombre.
Inoltre, così facendo, vedo con più chiarezza anche voi, perché non sono sul palco con voi impegnato a recitare la mia parte del caxxo, ma sono sulla poltroncina, mi vedete? No? Ma come… guardate meglio, sono in decima fila, all’estrema sinistra, quello con gli occhiali e la mano sul bracciolo.
Voi avete sogni, desideri, obiettivi; fate programmi; vi disperate se qualcosa non va come avevate previsto, stappate una bottiglia se invece imbroccate qualcosa. Io no. Ve l’ho detto, è un fatto meccanico, come se non ne potessi fare a meno, come se fosse il movimento del Sole nel cielo, che non puoi comandare, ma solo osservare.
Questo non mi aiuta a vivere, anzi complica maledettamente le cose. Ti fa vedere meglio cos’è questa roba che chiamiamo vita e interazione sociale, certo, e questo è positivo, alzi il velo che offusca la vista degli altri; ma ti fa capire cose che è necessario non capire, anzi, nemmeno sapere che esistono, se si vuole provare a vivere senza la sofferenza del singolo giorno e della orribile notte che lo unisce al successivo.
Apparentemente, noi che ci guardiamo vivere (non sono certo il solo, ma siamo in pochi), siamo come gli altri; forse sembriamo un poco strani, a volte, ma è tutto. Molti direbbero anche che siamo felici, tanto per farvi capire quanto siete incapaci. E invece non lo siamo, su di noi pesa di più la vita, ci schiaccia con più forza e più gusto, perché qualcosa di più abbiamo capito, e quindi molte salvifiche illusioni ci sono precluse.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
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