Mi saluta da trenta metri. È l'imbrunire, in piazza. Non so chi sia. Buonasera.
Ricambio: buonasera.
Qualche decennio fa ci si salutava anche se non ci si conosceva, adesso la cosa è sospetta.
Si avvicina. È in pantofole, tuta e rebecchina di lana. Donna, sui sessanta. Capelli raccolti. Magrolina. Dall'aspetto un po' sofferente. Parla di bimbi. Dice che non è suo figlio un tal Alessandro qualcosa. Proprio no.
Annuisco. Dice altro, cose senza senso, almeno per me. Ma cortesemente do retta due minuti, poi saluto.
Dieci minuti dopo vedo che sta dicendo sempre le stesse cose a un altro uomo, cappellino e stessa età, che le dà vagamente ragione. Fra l'incuriosito e il rassegnato.
Mi sembrava strano fin da subito.
Qualche decennio fa ci si salutava anche se non ci si conosceva, adesso la cosa è sospetta.
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