Due amici, infatti, non si sposano.
Non si può imbrigliare un sentimento nelle catene di una legge umana (considerando io tale anche quella definita come divina).
L’essere umano è volubile. I sentimenti sono cangianti alla luce del tempo che corre.
Certo, lo so: ha una valenza sociale fortissima, per questo fu inventato.
Per contrastare la disgregazione del tessuto sociale: pensate se uno potesse far figli a destra e sinistra senza essere poi obbligato, oltre che dal sentimento, anche dalle leggi ad occuparsene. E’ dunque innanzitutto una questione di ordine sociale (alcuni direbbero morale, ma sarebbe un’esagerazione). E non nego che abbia effetti non solo negativi.
Per caricare la posta, le religioni diedero ad esso un valore ancora maggiore, seppure arbitrario, rendendolo unico e indissolubile e punendo (in teoria) gravemente chi lo distrugge (con un occhio di riguardo se è l’uomo).
Ma sono tutte convenzioni, invenzioni.
Ecco perché dico: se due se la sentono e ritengono di dover assumere un impegno reciproco, lo facciano: sul momento è sentito come una prova d’amore che ci sentiano di dare e che vorremmo ci venisse data. Ma sappiano, quei due, che quel che si dicono di fronte a tetimoni, e quel che sperano, è come promettere che tra 55 giorni pioverà: è un azzardo e la nostra volontà non sarà sufficiente per far piovere, tanto meno la speranza.
Le leggi lo regolano con precisione e altre leggi lo incentivano: per decenni e decenni sposarsi era anche un modo per tutelare i figli e per godere di diritti altrimenti negati.
Ma resta un voler rinchiudere entro un recinto una nuvola di fumo.
Non si tratta di cattiveria, ma di incostanza e di tutta una serie di specifiche tipiche dell’essere umano, nelle sue declinazioni principali: uomo e donna.
Il divorzio ha allentato la briglia, dal punto di vista civile: ma le complicazioni e gli strascichi che porta non lo rendono desiderabile, sebbene in certi casi sia l’unico rimedio all’irrimediabile.
Molti dicono che il vincolo uccide l’amore, che invece fiorirebbe più leggero su un prato senza recinto. Non so, certamente questo è un fattore ma non è il più importante.
Trascuriamo sempre la nostra natura, i nostri istinti. La cultura li ha repressi, imbrigliati, disciplinati: li ha educati e resi schiavi obbedienti, finanche utili in molti casi. Ma nel profondo essi operano ancora e la brace che cova a volte erompe in incendi devastanti, perché la cultura può vincere la natura ma mai definitivamente, e perché le convenzioni regolano il nostro vivere ma non incidono sul nostro profondo sentire. autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
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