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giovedì 17 marzo 2022

Mi chiedo che cosa ci vogliano fare con quella vernice




[6147 caratteri; la parola “nausea” compare 5 volte e le parole sono 1252, parentesi quadra inclusa: questo è perfezionismo maniacale. Comunque Guerra e Pace, in inglese, contiene circa 600.000 parole, oltre al fatto di essere mediamente scritto meglio]

MI CHIEDO CHE COSA CI VOGLIANO FARE CON QUELLA VERNICE

10 aprile 2021, sabato

Due giorni fa ho terminato La nausea di Sartre. Lo avevo già letto in gioventù, poi per anni mi sono limitato solo ad averla di frequente, ma questo è un altro discorso che sarebbe troppo noioso affrontare e che chiamerebbe per forza il mondo sul banco degli imputati, e chi sono io per pretendere di processare tutto quel che ci circonda (da notare il carattere minaccioso dell’espressione)? Avevo anche letto L’età della ragione (che ho sotto adesso), ma questo non lo ricordavo, anche se a ben vedere ne ho tracce dentro di me.

Devo ammettere che La nausea è un romanzo filosofico che mi ha segnato ben al di là di quanto sospettassi. Non vi allarmate, questo testo che state leggendo non è una recensione anche se può avervene dato l’impressione, tanto meno è la recensione di un libro del poliedrico francese; ma toglietemi una curiosità (non tutte, però, perché senza che vita sarebbe? Sarei costretto ad accendere la televisione, non solo a spolverarla di quando in quando): davvero siete arrivati a questo punto senza fare scrolling? Mi stupite, non pensavo che le vostre giornate fossero così prive di impegni e così aride di soddisfazioni dal doverne cercare nel tentativo di constatare quanto siano meschini i conoscenti o i vicini di casa che filosofeggiano come tromboni sui social. Vi ho ritrovato, nella Nausea intendo, idee che ho da sempre e che non ricordavo di aver trovato lì o di aver precisato meglio leggendo quelle pagine.
Sartre è troppo complesso e ricco di sfacettature per poter io adesso dire di ritrovarmici almeno in buona parte: sarebbe presunzione. Ma certamente non mi è alieno.

Da pochi minuti ha cominciato a piovere una pioggia molto fine: sono quasi le cinque del pomeriggio. Ho aperto la finestra del mio studiolo perché attirato dai lamentosi latrati di un cane e ho visto Ba e Fra rientrare di fretta a casa con due o tre sacchetti bianchi, che mi è parso contenessero barattolini di colore o qualcosa di simile, e con due o tre rotoli di carta. Ba aveva anche un ombrello chiuso in mano. Il cielo è grigio, l’aria è fredda, le previsioni del tempo dicono che va a peggiorare: anche quelle della mia vita, del resto, e in media sono più affidabili.

Ali e Mo hanno appena terminato di guardare un dvd con un film piuttosto datato di Scooby-Doo, un cartone che non mi ha mai entusiasmato; questo non ha ostacolato in alcuna misura il discreto successo della serie, e la cosa un po’ mi disturba: il fatto di non aver avuto voce in capitolo, sia chiaro, non il successo della serie.

Adesso continuerò a leggere le avventure di Matteo e Marcella: sono al punto in cui Daniele ha reso Marcella consapevole della sua volontà, anche se lo ha fatto ispirato da odio e non da affetto. Mi viene in mente che ai tempi della pubblicazione della Nausea, quando cioè alcuni editori stavano discutendo dell’opportunità o meno di pubblicarlo, uno, non ricordo chi, si chiese se Sartre avesse talento. Certamente costui aveva il talento di non riuscire a intuire quello degli altri, forse si faceva influenzare dalla fama, che quasi mai ne è figlia diretta.

Ho due copie della Nausea, entrambe in italiano. La seconda è un po’ macchiata, la comprai usata. Adoro i libri usati, anche se non amo chi li macchia, proprio per niente. Non sono macchie vive, ma a me le macchie infastidiscono (gli aspiranti Freud possono ricamarci su), quindi tempo fa l’avevo rilegato con perizia con una sottile e liscia copertina trasparente. Un lavoro ben fatto. Mi ha dato soddisfazione, anche se ne ho subito percepito l’estrema inutilità, già mentre lo stavo facendo in verità, nella prospettiva della fine che tutti ci attende e anche, son sincero, tenuto conto del fatto che ne ho due copie, nessuna delle quali ancora così vecchia da poter avere un valore economico di rilievo, per tacer del fatto che quella che ho letto e leggo è l’altra.

Mi chiedo cosa ci faranno con quella vernice. Il fatto che l’ombrello fosse chiuso, invece, posso spiegarlo con l’esiguità delle precipitazioni in corso e con la vicinanza tra il parcheggio e il portone. A chi può venire in mente di verniciare qualcosa in questo fine settimana uggioso e insignificante? Verniciare richiede ottimismo e caldo secco, quest’ultimo presto o tardi lo avrò. Scooby-Doo ha avuto nei decenni passati un successo veramente planetario e penso che oggi sia tutto sommato preferito a Sartre, se parliamo di una platea di bambini under 12. Con gli adulti le cose cambiano, Sartre va alla grande, è il secondo autore più letto dopo Fabio Volo e dopo gli articoli della Gazzetta dello Sport, se non ricordo male.

Dopo l’età della ragione, che potrò ben presto dire di aver letto due volte ma probabilmente mai raggiunto, è mia intenzione continuare la mia rivisitazione di Bassani, un autore ignorato dai più: del resto, son tutti su Sartre, è comprensibile. Non vi capita mai, sui treni o al caffè, o su panchine scrostate poste sotto alberi rachitici in parchi desolati, di vedere giovani e meno giovani immersi nella lettura di Nekrassov o de L’essere e il nulla? Davvero, no? Nemmeno a me, ma avevo necessità di un confronto, come disse quel tale che dopo cinque birre e due spritz è stato arrestato per rissa giovedì scorso giù al baretto, sul far della sera.

Sartre non saprà mai che l’ho letto e apprezzato e che ho sempre trovato i suoi lineamenti familiari, ma, son sincero, non penso che a impedire questa sua consapevolezza sia più di tanto il fatto che è deceduto da anni; anche se, occorre riconoscerlo, l’essere morti non aiuta a venire a conoscenza delle cose del mondo, fossero pure relative a insignificanti forme di vita come la mia (falsa modestia che però in società è richiesta e dà un tono).

Ho deciso di buttare giù queste poche righe, oggi che è sabato, perché domani non ne sarei stato in grado, essendo la domenica uno dei più grandi inganni universali di cui è vittima l’incauto e ingrato bipede che l’autore di Delitto e castigo definiva uomo: in teoria giorno di riposo e letizia, da dedicare ai culti religiosi (per chi ci è portato, gli altri possono sempre provare con un taxi, ma nei festivi non è facile), agli affetti familiari o all’inspiegabile rimpianto di non averne, e agli hobby; ma in pratica giorno del tutto singolare proprio perché diverso dagli altri e privo delle loro così rassicuranti abitudini e dei tranquillizzanti orari che scandiscono le nostre vite, giornata spesso funestata da fastidiosi cerchi alla testa che il risveglio eredita dal sonno, festival della malinconia e delle rotture di scatole, del resto già fortemente inquinato dal cupo presagio di un lunedì ingombrante e incombente perfino a partire dall’immediato dopo pranzo. Volevo vedere l’effetto che avrebbe fatto, sullo schermo lucido di un moderno tablet di marca, questo mio agitato panorama mentale: ché, poi, riuscire a trasformare in grande capolavoro il proprio disagio interiore è da sempre la chiave di ogni artista di successo, il che rende ancora più bizzarro e inspiegabile il fatto che io ci abbia provato e, sia chiaro, non per l’inadeguatezza del citato disagio. 

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.


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