Noi non “festeggiamo” la retrocessione come fecero altri un anno fa (devo ancora capire quel corteo). La retrocessione non si festeggia. Ma neppure ci suicidiamo o cadiamo in depressione: in un sampdoriano il sorriso è una condizione preliminare, e del resto la nostra maglia, con quella fascia orizzontale, ricorda proprio un sorriso, mescolato all’orgoglio di una città gloriosa il cui scudo portiamo sul cuore non a caso.
Però è un fatto che ogni domenica noi abbiamo cantato e cantiamo sempre e con grande gioia, anche se abbiamo vinto vincere in casa 1 partita in 12 mesi, e anche se abbiamo subito porcherie da tutti o quasi tutti negli ultimi anni, e anche se da Natale è ovvio che sarebbe stata B, sosteniamo la squadra sempre e comunque e in maniera commovente e quando possibile la seguiamo in buon numero: questo e altri dettagli incredibili (tipo la protesta condivisa coi giocatori del pre-Torino, o la protesta ben organizzata e motivata di Samp-Spezia) permettono di dire che siamo retrocessi a modo nostro, un modo blucerchiato: un modo del tutto particolare, non so se unico, ma di certo molto raro. A me questo basta, francamente. Non ho mai preteso risultati in vita mia, ma qualità morali e impegno; e so riconoscere le condizioni oggettivhe che incidono su una stagione.
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La retrocessione è avvenuta per una serie di fattori. Qualsiasi squadra, nelle nostre condizioni iniziali e sottoposta all’azione di quei fattori, sarebbe retrocessa. Quindi siamo dispiaciuti, ma davvero era scritto. Non nel libro del destino, ma come conseguenza dei seguenti fattori:
-limiti tecnici della rosa e dello staff (peraltro causati anche dal punto che segue) e che derivano anche dalla gestione degli anni precedenti (pessima) e che di fatto ci hanno condannato a lottare dall’inizio per la permanenza;
-mancanza di denaro per la gestione ordinaria e per le campagne di rafforzamento organico, chiedere all’ex presidente;
-azioni e omissioni di un ex presidente che ha fatto di tutto, non mi interessa con quale fine, per distruggerci e impedire che fossimo ceduti ad acquirenti seri, con la complicità di soggetti vari, e qui mi fermo...;
-errore (grave e riconosciuto) di chi anni fa ha regalato la società (prezzo 1 euro) a quell’ex presidente;
-inerzia assoluta e colpevole delle istituzioni che sarebbero dovute intervenire avendone il potere e il preciso dovere e che nulla hanno fatto, se non per affossarci;
-sfortuna generica, infortuni;
-persecuzione arbitrale incredibile, specialmente nei primi mesi (quanto bastava a metterci in una condizione da cui era proibitivo risalire): coi 10 punti circa sottratti da decisioni che non si possono definire errori ce la saremmo giocata fino agli ultimi 90’. Non accetto contestazioni su questo, io parlo sulla base di fatti oggettivi reiterati e gravissimi, non sulla base di partigianeria o suggestioni da avvinazzati; probabilmente qualcuno voleva eliminare la grana Ferrero dalla serie A, invece di impedirla o risolverla come da suo preciso dovere, ma le ragioni di questo comportamento schifoso e contrario allo sport e alla legge non mi interessano. Giocar male è un diritto, aver sfortuna un’evenienza, subire torti uno schifo inaccettabile.
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Detto con sincerità, la retrocessione, dati questi fattori, era certa da Natale, salvo miracoli in campo societario (sblocco delle trattative) o di altro tipo. Ed è davvero l’ultimo dei nostri problemi, adesso. Il principale è evitare il fallimento a cui ci sta portando l’ex presidente (scelto da sapete chi). Se ci riusciremo, sarà B e se l’acquirente sarà di nuovo una persona seria (come abbiamo sempre avuto sulla sedia di presidente, tranne una volta...) torneremo volando in A. Se non ci riusciremo, sarà D, perdita del titolo sportivo etc. E dovremo ripartire da un po’ più in basso.
Io sono pronto alla B e alla D. Alla prima di campionato, sarò là. Con tutta probabilità se sarà B, con certezza assoluta se sarà D.
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Siamo in pista dal 1946 (prima eravamo Sampierdarenese e Andrea Doria). Siamo nati in una città in cui esisteva un’altra squadra piuttosto nota, che aveva collezionato diversi scudetti (anche se non pochi vinti in due giorni) e che regnava incontrastata pur non facendo nulla di che da decenni. E dal 1946 non abbiamo mai avuto rivali in città e in regione. Inoltre abbiamo giocato moltissimi campionati di A, qualcuno di B, nessuno di serie inferiori. Abbiamo un nome in Europa e in Italia. E abbiamo un palmares luccicante, che solo nel 1980 avremmo giudicato incredibile poter realizzare, che abbiamo ottenuto con le sole nostre forze (nessun potere mediatico o politico) e che abbiamo messo insieme, senza mai abdicare alla nostra correttezza, sportività simpatia e stile, in un decennio abbondante di successi italiani ed europei, giocando un numero di finali e semifinali notevolissimo e portando a casa sette trofei principali. E poi abbiamo la maglia più bella del mondo (per evidenza e come risultato di innumerevoli sondaggi tra i tifosi calcistici di tutto il pianeta) e una tifoseria unica. E, infine, abbiamo ricevuto gli insegnamenti di vita e di sport di un uomo eccezionale, un Presidente che non avremo mai più e che nessuno ha mai avuto e mai avrà. Siamo e saremo. La Sampdoria siamo noi, è tutte queste cose qua, non un ex presidente che ci sta uccidendo e ci tiene in ostaggio da anni, non una retrocessione.
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A posto così. Ora stiamo alla finestra. Due mesi e certe facce di tolla spariranno per sempre, senza beccare un quattrino. Poi si ricomincerà. Non importa da dove, ma liberi.
Liberi da chi agisce per il male, liberi da chi roso dall’invidia e da un complesso di inferiorità cronico e devastante gode solo quando a noi qualcosa va male.
Aspettateci, perché torneremo presto. E saremo quelli di sempre.
La nostra storia non si cancella oggi, non si cancellerà mai. E ancora dobbiamo scriverne.
— autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
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