Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola,lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art.21)

* HOME * CHI SONO * REGOLAMENTO * COSA HO APPENA [RI]LETTO * COSA HO APPENA [RI]VISTO, [RI]ASCOLTATO *
MI PIACE * FB 1 * FB 2 * SCRIVIMI * CONDIVIDO * DEFINIZIONI * FONTI * ALIZEE *


.
Se trovi interessante quel che scrivo non sai cosa ti perdi su Twitter e Facebook.
Se non mi trovi interessante, lo accetto, ma hai un problema! :-)

mercoledì 24 maggio 2023

Siamo parvenze di uomini


 
 
 
Abbiamo perso la capacità di leggere nell'altro.
L'uomo primitivo o antico ci riusciva meglio: allora non vi erano tutte le sovrastrutture che oggi sostanziano la nostra ricca ma a ben vedere miserrima esistenza, e tutte le distrazioni e futilità che occupano buona parte delle nostre giornate avidamente consumando energie altrimenti impiegabili.
Al giorno d'oggi molte funzioni che un tempo dovevamo espletare noi vengono svolte per noi dalla tecnologia o favorite dal livello avanzato di organizzazione della società; inoltre a quei tempi era davvero una continua lotta per la sopravvivenza, dalla necessità quotidiana di procacciarsi del cibo senza rimanere vittima della preda o di competitori, alla necessità di evitare rischi di ogni genere (bestie per le quali l'uomo era possibile preda, malattie, burroni, fulmini, rivali per le più svariate ragioni, da quelle di predominio territoriale a quelle legate al possesso di una do-nna o di attrezzature e bestiame, ecc.). Ecco che quindi i nostri sensi erano notevolmente acuiti e davvero svolgevano un ruolo fondamentale per la sopravvivenza: un errore avrebbe potuto rivelarsi fatale. La stessa paura, un meccanismo utilissimo per salvare la pelle, oggi è vista solo come sinonimo di codardia e non come apparecchio "salvavita".
Oggi siamo delle parvenze di esseri umani. La forza fisica non è più necessaria per nulla, se non per svolgere lavori faticosi (che dovrebbero essere svolti proficuamente da macchine, se solo il progresso tecnologico fosse stato impiegato per migliorare la vita della popolazione e non, e in maniera spesso scandalosa, il tenore di vita di alcuni suoi membri): non serve per procacciarsi il cibo (è sugli scaffali dei supermercati o imbustato in sporte degradabili come la nostra umanità da solerti commessi, spesso addirittura recapitato -non di rado assieme a inutilità chiamate gadget tecnologici- al nostro domicilio da fattorini che per due lire attraversano il traffico della città con qualunque condizione meteo su trabiccoli insicuri), né per competere con rivali per qualsivoglia conquista (contano di più l'astuzia, i mezzi virtuali, il potere e il denaro); di fatto in palestra ci andiamo solo per salvaguardare la salute, altrimenti minata da un'eccessiva sedentarietà sconosciuta ai nostri antenati o per primeggiare con corpi scolpiti e poi, se del caso, opportunamente abbronzati e tatuati in punti strategici che lasceremo scoperti con studiate scelte di abbigliamento.
Né dobbiamo cacciare animali nella foresta per procurarci di che coprire il nostro corpo proteggendolo dal freddo e dagli agenti atmosferici o far legna per affrontare l'inverno (troviamo quanto serve già pronto nei negozi).
Oggi anche con un corpo poco robusto, poco prestante o addirittura denutrito o flaccido o obeso possiamo vivere egregiamente ed eventualmente proteggerci (anche se non oltre una certa misura) dalle conseguenze negative in termini di salute da una gestione scorretta della nostra attività fisica e della nostra alimentazione.
Oggi la differenza la fa la ricchezza materiale, un tempo la facevano la forza fisica e la capacità di procurarsi riparo e cibo: puoi vivere nel comfort più soddisfacente senza essere in grado di procurati direttamente nulla di quello che possiedi: è sufficiente acquistarlo.
La capacità di leggere nell'altro, dicevamo.
Oggi non riusciamo più a cogliere le sfumature dell'anima di chi ci sta di fronte, anche quando queste più che sfumature sono tratti marcati e difficilmente ignorabili, persi come siamo in pensieri che gravano come macigni sulla nostra misera vita sfiancata da disturbi evitabili (e che quindi ci rendono incapaci di interessarci di chi ci sta di fronte, incapaci o non interessati a farlo) o persi in pensieri e attività superflue e inutili che però attraggono tutta la nostra attenzione nei confronti del mondo esterno. Gli altri sono percepiti (o per estrema necessità -e si sa, l'estremo bisogno rende l'uomo insensibile ed ancora più egoista, quando non pericoloso- o per estrema superficialità) come un mezzo per ottenere qualcosa che ci serve per vivere o per soddisfare i nostri bisogni indotti e futili, o per evitare noie e pericoli, non come essere umano a sé stante e degno di attenzione e rispetto.
Voi direte: ma anche in epoche lontane la vita era gravata da macigni pesantissimi, per esempio quello di doversi davvero guadagnare la vita giorno dopo giorno, salvandosi nel contempo da tutta una serie di minacce letali, e anche quello di doversi garantire la protezione di qualcuno per cautelarsi dai soprusi dalle possibili azioni malevole di molti. Vero, ma allora l'uomo aveva la possibilità di affrontare questi macigni e di risolvere i problemi della sua esistenza, oggi è ingabbiato, molto spesso, in un sistema, che lo emargina e lo rende di fatto non solo invisibile ma anche incapace di emergere, di riscattarsi, di "farcela", perlomeno a vivere con dignità. Un tempo era possibile raggiungere uno stato di pienezza interiore e di comunione con gli altri e con l'ambiente, pur all'interno della cornice di una vita non del tutto libera e non assistita da quei diritti che oggi definiamo naturali; oggi sempre meno.
Non riusciamo più a capire se abbiamo di fronte un uomo disperato o sereno. Chiediamo "come va" all'amico, al conoscente che incrociamo (spesso nostro malgrado) per strada, e sotto sotto speriamo che risponda che "va tutto bene", o che "si va avanti anche perché indietro non si può", perché in caso contrario saremo costretti, in una certa misura, a chiedere le ragioni di una risposta così negativa e quel che è peggio a restare ad ascoltarla, fingendo partecipazione emotiva. Non solo non ci interessa sapere o intuire cosa pensa e cosa prova l'altro (perché siamo schiavi impegnati a salvarci la pelle o perché siamo esseri superficiali e viziati che non devono guadagnarsi la vita spaccandosi la schiena), ma spesso nemmeno ci interessa sapere se l'altro è malato o ha problemi gravi: esistiamo solo noi, gli altri sono puri mezzi, al pari di un'auto o di un cestino per la spazzatura.
Ma anche supponendo che qualcuno di noi, avendo serbato una residua dose di umanità, si interessi davvero a quello che accade intorno a sé e non solo in funzione di un possibile vantaggio o eliminazione di uno svantaggio, la capacità di capirsi è nel corso dei secoli scemata sempre più.
Ci sono persone disperate, in giro. Ci parli e non traspare nulla. La conversazione segue i canoni standard di un normale scambio di convenevoli tipico di quest'epoca. La persona ti sembra magari un po' triste ma potrebbe essere pure di carattere riservato, oppure angosciata da qualche incombenza pratica di poco conto o con una particolare fretta dettata dal frenetico ritmo della vita moderna. E invece è disperata, totalmente. Si aggira fra di noi e sembra come noi, ma è un morto che cammina. Potrebbe essere capace di azioni estreme, compresa quella di abbandonarsi. In ogni caso dà risposte formalmente corrette ma vuote alle tue domande di plastica: solo che le tue sono così perché sei insensibile e emotivamente inadeguato, le sue sono vuote perché la disperazione lo ha consumato e lo sta portando alla rovina: vorrebbe urlare, spaccare qualcosa o qualcuno, ma non lo fa, per abitudine, per una residua forma di rispetto della proprietà privata e dell’incolumità altrui, o forse non lo fa ancora. Non è più padrone della sua vita, ne è schiavo. Lentamente, si riduce fino a sparire il suo interesse per qualsiasi cosa, tutto gli appare inutile, grigio, vuoto di senso. Non fa più quasi nulla, non vede nessuno, non si interessa a niente, vegeta. L’esistenza diventa una pena continua e intollerabile, lo scorrere delle ore è veloce e straniante ma anche così lento da risultare una tortura insopportabile. I ricordi sono lame conficcate nel cuore, il futuro non esiste, il presente è una pesante croce da portare. Questo non accade a chi ha un problema di salute (mentale), non stiamo parlando di questo; accade a chi viene triturato da un sistema disumano che premia pochi senza merito per massa -crare i molti, che ti spossessa della tua vita, che ti rende impossibile soddisfare anche le più elementari esigenze, figurarsi qualche legittimo e moderato desiderio. E’ un meccanismo automatico e autorigenerante che nella sua avanzata fa cadere molti, che vengono semplicemente prima ignorati poi scartati dalla società, da quelli che godono e si sollazzano succhiando il sangue dalle vene della massa, a quelli che schiavi inconsapevoli o consapevoli strisciano ancora la catena per terra ma riescono tutto sommato a proseguire, fino a quelli come te che ormai non pensi altro che a te stesso, alla tua vita, ai tuoi problemi spesso di poco conto.
E così, persi e abbandonati, costretti a interagire con automi di carne e ossa che invece paiono ancora trarre profitto dal meccanismo disumano di cui sono rotelle più o meno grandi e importanti o che, sapendo di essere infimi ingranaggi, non possono comunque distogliere lo sguardo dalla strada, alla pari di animali da soma coi paraocchi, queste persone svuotate vagano per le strade, sono fra di noi, in mezzo a noi. Spesso sono persone che vediamo ogni giorno, o addirittura frequentiamo di quando in quando; un conoscente, un vicino, un parente. Non lo sospetteremmo mai e quando poi accade il fatto brutto o irreparabile siamo sinceramente stupiti (ma la sincerità non allieva la nostra inemendabile colpa).
Siamo essere poveri e meschini, animali da fatica e trattiamo gli altri come se fossero invisibili, o semplice strumenti per il nostro benessere. Quello che conta è il qui e l’ora; l’io. Il resto, se non utile, non conta.
E quando un giorno dovessimo fare noi quella fine, forse capiremmo.
--
--
--
(img: from borgenproject)
 
 
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.


Nessun commento: