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lunedì 29 gennaio 2024

Due idee grandiose

Da grande vorrei fare l’inventore.
Del resto al punto in cui sono per continuare a mangiare devo pur… inventarmi qualcosa.

Ho sempre ammirato chi ha migliorato la vita degli esseri umani con il frutto purissimo del proprio ingegno cristallino: pensate solo a quali grandi invenzioni siano state il telecomando senza fili per la tv  (Robert Adler) e la minigonna (Mary Quant)!

Oggi in particolare mi concentrerei per trovare la soluzione a due problemi che mi angustiano la vita e mi costringono poi a farmi di Cynar, il noto amaro che opera contro il logorio della vita moderna, come era uso dire il grande Calindri.

La prima invenzione ha a che fare con la cartoleria. Parlo delle graffettatrici o pinzatrici. E’ una scocciatura insopportabile quella di provare a graffettare e sparare a vuoto perché sono finiti i punti, da una recente statistica è emerso che si tratta di un evento in grado di aumentare lo stress degli impiegati ed è il responsabile di almeno il 7% di tutti i delitti avvenuti in ambito lavorativo nel secolo scorso. Inventerei dunque la graffettatrice che con un led luminoso a energia atomica avvisa l’utilizzatore quando siamo a 5-6 punti di metallo dalla fine, di modo che possa provvedere a ricaricare lo strumento senza soffire le atroci conseguenze del penoso shock appena descritto. Non mi piace volare ma per ritirare il Nobel farei un’eccezione.

La seconda è un chip che impiantato obbligatoriamente sottopelle a ciascun adulto over 20 renderebbe inevitabilmente visibili sulla fronte di ciascuno, a vantaggio degli altri, alcuni dati essenziali sulla persona: stato civile (sposato, divorziato, single, mortodifiga), partito per cui si è votato alle ultime elezioni, elenco dei primi dieci oggetti che nella vita ci si è sparati su per il sedere. Questo faciliterebbe le relazioni sociali e fornirebbe una fonte di intrattenimento gratuita durate le lunghe attese alle Poste o alla Asl.

Lo so, sembro un idiota, ma è tipico dei geni: genio e sregolatezza. autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.

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giovedì 25 gennaio 2024

Ciao, carissimo!


I social mi stanno un po’ stancando. Tiktok è per gente con problemi. Twitter era ottimo ma poi è arrivato Musk, adesso son quattro gatti e il pepe non c’è più. Instagram è pura vacuità. Facebook era quello in cui si poteva comunicare di più, ma negli ultimi anni è stato abbandonato da tanti, è da sempre snobbato dai giovani (quelli che hanno gusti musicali di nerda) e ormai la gente è sempre più assente o inerte, dopo tre righe passa oltre: la vita è stressante, i neuroni pochi e stanchi. Youtube forse sta tornando in auge, non saprei, ma i fasti di un tempo se li scorda. 
Il blog è un bello strumento, ma ormai se uno fa qualcosa va sui social. Pubblicare un libro per i contemporanei è come cercare di svuotare l’oceano con un secchiello: non avete idea di quanti libri escono in un mese, nessuno li legge, salvo rare eccezioni (quelle in cui l’autore è famoso e vende, anche se scrive minchiate). Potrebbe aver senso pubblicare un futuro classico: sarebbe odiato dalle generazioni successive e dagli studenti, ma almeno qualche lettore l’avrebbe. Vedrò cosa posso fare.

Continuare a scrivere qui mi dà l’illusione della presenza e della partecipazione di gente che perlopiù è invece indifferente; e non parlo dei like, a quelli non ho mai badato. Ma anche le illusioni alla lunga hanno l’affanno.

Non si comunica più. Io ormai saluto solo, con affetto intendiamoci (Carissimo! Ciao! Come stai? Tutto bene? Quant’è, eh?), ma è tutto. Se parli di qualcosa quell’altro già sta pensando ai casi suoi ma annuisce cortese: non gli frega nulla. Se ti chiede come stai? Rispondi “bene”, per carità, altrimenti poi è costretto a chiederti e come mai? E tu devi parlare di te, e lui manco ti ascolta. A volte neppure ti chiede “come mai”? Manco si ricorda il tuo nome, vuoi scommettere? A volte nemmeno annuisce, ti sta davanti come se fosse in coma e poi dice; ah sì, eh? Ti capisco, ora ti devo lasciare, ciao. Se è pronto appena ti vede da lontano cambia marciapiede o strada: io me ne accorgo, cari bipedi grigi e spenti, ma faccio finta di non vedere, mi fate pena. Saluto gente con la quale avrò scambiato dieci parole in dieci anni (saluti esclusi). Sembra che abbiamo tante conoscenze invece non abbiamo per amico manco un cane e se ce l’abbiamo sai che soddisfazione: il cane è fedele per definizione, anche il cane del baffetto tedesco era fedele al suo padrone nonostante fosse un verme schifoso, nella fedeltà del cane non c’è giudizio di merito né scelta, solo devozione per istinto. 

L’uomo nasce animale sociale, adesso è solo un animale. Non facciamo nemmeno più finta: ognuno pensa a sé, alla fine conta solo l’individuo, gli altri limitatamente alla misura in cui possono essere utili. Anche le storie d’amore, se togli quelle fresche di conio, quelle che vanno avanti per abitudine/convenienza e qualche raro caso fortunato, sono ormai solo o storie di sesso spesso non esclusivo o rapporti bianchi o separazioni di fatto. 

Se riesci ad astrarti e a guardare il quadro da fuori, hai un’immagine desolante del tutto. 

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mercoledì 24 gennaio 2024

Amico è… ?

AMICO E’…?*

Ho pochissimi amici (li ho?), però ancora non ho trovato una definizione di amico che sia al contempo sensata e realistica. Ma non so che termine usare e allora uso quello, per farmi capire.

Ho standard troppo alti? Se lo dico sembro superbo, evito. La storia mi giudicherà, non io, ho altro a cui pensare. E poi mica faccio selezione. E chi seleziono? Il signor Nessuno e la signora Non C’è?
Sarà perché sono pesante? No, escludo 100%. Pesante mi trova chi ha gusti pessimi (non è arroganza o immodestia, è che è vero. Se son bravo a tirare i penalty e lo dico non sono superbo, son bravo a calciarli, è diverso).
Poco estroverso? Può essere, ma specialmente fino ai 30. Tuttavia adesso non sono un animatore, anche se non mi chiudo nel bunker.

Ma poi sono amici, quei pochi? In che senso? E io? Lo sono? Magari non per come loro vedono la questione.
Comunque da quando li vedo ogni tot anni ci vado molto d’accordo, questo è un vantaggio.

Il mio è un grido di aiuto? No. Un rimpianto? Forse. Una constatazione amara? Sì. Più che altro son confuso: a vent’anni non pensavo sarebbe andata così. Non sapevo come sarebbe finita, ma questo quadro lo avrei trovato strano e improbabile.

Troppi non ne vorrei, devo dire la verità. Del resto la parola troppi indica già un eccesso. Ma almeno capire la definizione mi piacerebbe, che diamine.
Oggi comunque l’amicizia non si coltiva più. Le lettere non sono più attuali. I whatsapp ok ma è un’altra cosa. Le telefonate, guai! Prima devi preannunciarti su whatsapp. Vedersi è facoltativo. 
Un tempo due amici si facevano un bicchierino e due discorsi, adesso questo gusto non c’è più.
Oggi trovo difficoltà enormi a coltivare un rapporto, nessuno fa sponda, è disarmante. Anche dopo anni non si fa breccia.

Se poi sei amico di una donna e questa è sposata, cancellala pure. Se sei amico di un uomo è questo è sposato, molte volte lo stesso.
Certo, l’istinto sessuale complica, ma quello è sempre esistito e non ha mai impedito le amicizie. I greci, ricordiamolo, avevano rapporti di ogni tipo anche coi maschi (giovani). L’istinto sessuale è parte di noi, non gli attribuirei troppe responsabilità. E’ che mancate di coraggio e di autonomia. Non siete padroni delle vostre vite. Un amico lo si butta via, se trovi altro. E’ questo l’andazzo. Del resto chi non si stufa di un gioco o di un gadget o di un luogo di villeggiatura, dopo anni e anni?

Alla fine il matrimonio forse qualche colpa ce l’ha, più che il sesso.
Ecco, se fosse per questo, non mi sarei dovuto sposare, perché in questo mondo, se ti sposi, con gli amici è finita, ad eccezione dei single, dei divorziati o di quelli (pochi) che interpretano il matrimonio nel modo giusto. Con le amiche stessa roba e pure peggio, le vecchie le perdi, di nuove non te ne fai: ci sono le convenienze.
Da non sposato gestisci meglio. Lo so che non ha senso, lo dico anche io. Ma così è.
La pandemia le cose non le ha migliorate, ma insomma: il problema è più antico.

Ma si fa per parlare, eh. 
Non avevo voglia stasera di parlare dell’Inter (mica sono bianconero) o di quel fenomeno del Ganassa che rappresenta un esempio per tutti: se ce l’ha fatta lui…

Un amico forse è quello che non cambia mai nei tuoi confronti e di cui non si avverte il peso: fra tutte le definizioni anche questa è parzialissima e forse assurda, ma non la trovo bruttissima. 

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Sugli “altri”, che non sono noi: e questo resta un gran difetto.

A volte ho l’impressione che gli altri ce l’abbiano su con me. Magari del tutto improvvisamente e, a mio modo di vedere, senza uno straccio di motivo. Ma naturalmente potrei sbagliarmi. Ad innescare questa mia sensazione può essere una risposta non data o data veloce, una carenza di attenzione, una mancanza di tatto.

Al riguardo individuerei tre possibili spiegazioni:
1) ce l’hanno su con me, senza ragione, perché sono umorali o interpretano le cose a cacchio;
2) non ce l’hanno su con me, semplicemente vanno di fretta, pensano ad altro, io per loro conto poco di più dell’ombrello durante un periodo anticiclonico, e quindi la loro fretta e noncuranza viene da me interpretata per astio, e invece è solo che non frega loro granché di me, insomma, non è rabbia ma solo sana indifferenza (ehi, che fortuna!);
3) nulla di tutto questo è vero e io ho un piccolo ma robusto complesso di persecuzione.

Fondamentalmente (che avverbione, eh: non vuol dire nulla ma iniziarci un periodo fa scena) il problema degli altri è che sono altro da noi. Se fossero noi, avremmo pochi problemi (no, non nessuno, perché ne abbiamo pure con noi stessi, pensateci). Il fatto che siano altro da noi complica le cose in maniera esponenziale. Ma questo è irrisolvibile, gli altri sono gli altri e noi siamo noi, anche se un trio sanremese provò a farci credere che non è così.

(Ogni tanto metto uno spazio per facilitare la lettura e anche perché ancora non costa nulla)

Penso che un elemento che intorbida le acque nel mio stagno sia che io do ai rapporti personali un’importanza maggiore di quello che la media delle persone è abituata a dare. E questo accade un po’ per dna/indole un po’ per educazione/abitudine. La vita è una, è breve e finisce senza preavviso, a volte anche presto o sul più bello (tipo quando stai per condurre in porto da vittorioso una finale di coppa). Nessuno ha mai letto il libretto di istruzioni e nessuno ha mai visto il libretto di garanzia: sa tanto di prodotto di dubbia provenienza, tendenzialmente taroccato, una di quelle cose che faresti meglio a non acquistare, specie online: il punto è che non la acquisti, te la ritrovi di botto e due secondi dopo un’ostetrica cattiva ti sculaccia e ti pulisce da strati di roba tipo muco con un asciugamano.

Essendo quindi la vita un articolo di natura incerta, dall’uso dubbio e potenzialmente una gran fregatura, tendo a non avere molti rapporti ma a non gestire quelli che ho come se fossero i calzini poco prima di finire in lavatrice (addio). E quindi mi scontro con persone che invece, a volte, ti trattano come se fossi un oggetto o anche meno. Io considero sempre una persona, anche la peggiore, più importante di qualsiasi oggetto (potrei fare un’eccezione per l’adrenalina se fossi nel pieno di uno shock anafilattico) e questa, a ben vedere, è la mia rovina, perché dà la stura a una serie di inevitabili, continue piccole e grandi delusioni.

Dovremmo allora fare a meno di questi “altri”? Forse sì, ma è impossibile, ecco quindi che occore sceglierli meglio, forse. Ma anche questa è una vana pretesa: faremo sempre errori, gli altri sono mutevoli, imprevedibili, traditori, come spesso, occorre ammetterlo, siamo noi: d’altra parte, io sono io ma per te sono un altro, la fregatura sta proprio qui.  

Alla fine, penso che occorra rassegarsi: del resto che si tratta di un prodotto di cui sconsiglierei l’acquisto l’ho già detto, vero? 

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martedì 23 gennaio 2024

Gli altri sono una bella rogna

Gli altri ti cercano quando hanno bisogno di te.
O di una cosa che puoi fare per loro, o per avere un po’ di compagnia quando sono soli. E tu ci stai, perché mica ci pensi sul momento.

Fin qui non ci sarebbe nulla di male, o almeno non troppo, non fosse che, quando stanno bene, hanno tutto, amano e sono amati o gli affari filano lisci, generalmente non ti cercano.
Ameno che tu non sia una persona che, per il tuo ruolo o status possa aiutarli indirettamente o indirettamente a migliorare la loro già luminosa esistenza.

Il caso tipico è quello dell’amico single: ti cerca, è sempre libero e propone cose. Appena ha la tipa, sparisce. Ma se si lasciano, viene a piangere sulla tua spalla.

Un caso da studiare sono poi quelli che si sposano e cessano di esistere come entità singole: fanno tutto in due, nessuno dei due ha più una sua vita, le amicizie non contano più, tranne alcune ma rigorosamente trasformate in frequentazione di coppia, mocciosi al seguito. E non si esce mai da soli né di giorno né (mamma santissima) la sera. Rapporti così, a parte qualche eccezione, sono destinati a finire oppure a trascinarsi.

A questo punto voi penserete: perché, tu cosa fai?
Io, per carattere, cerco poco sempre perché non voglio “disturbare”: son genovese e son così per carattere e per educazione. Ma il matrimonio o il fidanzamento (fatta eccezione per i primi due mesi, ok) non cambiano il mio modo di vivere, non butto a mare chi conoscevo prima, chi si sposa deve mantenere una sua vita. Certo è che, cercando già poco di mio, non appena noto un minimo raffreddamento mi fermo e non faccio nulla. Inseguire non è nelle mie corde, in questo campo le cose imposte sono squallide, false ed effimere. Io non impongo la mia straordinaria presenza.

Alla fine è difficile, da fuori, attribuire responsabilità nei casi in cui un’amicizia si appanna così, senza ragione, per inerzia. Ma sapendo io di non esser cambiato, per me è facile sapere chi ha colpa e chi no. Certo, posso sembrare anch’io sfuggente, ma solo per reazione: una differenza non facile da cogliere, dall’esterno, ma decisiva.

Il punto è che ai rapporti umani dovremmo dare poca importanza: sono essenziali, perché siamo animali sociali, ma sono molto spesso viziati dall’interesse e bacati dall’abitudine. Dovremmo sempre ricordarci che nessuno è per sempre. E’ durissima farsene una ragione e vivere avendo metabolizzato questa verità, ma l’alternativa è passare di delusione in delusione. 

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venerdì 19 gennaio 2024

Segnatevelo, così mi evitate ulteriori scartavetrate alle gonadi

L’avrò detto centinaia di volte dai ‘70 a oggi, a centinaia di persone, per lo più amici o conoscenti o semplici tifosi; detto e scritto. Mi sarei pure un pochino stufato.

Se non vi è giustizia, se il regolamento vale solo per qualcuno, se si possono truccare i bilanci e farla franca, se ci si possono attribuire anche gli scudetti rubati, se la legge è uguale per tutti ma per qualcuno è più uguale che per altri, se ad alcuni il regolamento si applica alla lettera e ad altri usando il “buon senso”, se si è di continuo vittima non di errori (comprensibilissimi) ma di vere e proprie porcate inspiegabili (quindi in malafede), non ha senso parlare di come si è giocato, degli infortuni, della sfortuna, dei limiti tecnici e tattici della rosa, degli investimenti, delle scelte di mercato, dell’allenatore e delle sue strategie. Non ha senso non perché siano irrilevanti, ma perché senza la premssa il resto non conta nulla. 
Ve lo volete ficc -are in testa?

Non solo sono due temi del tutto separati (e quindi chi per esempio dice: ok l’arbitro ci ha danneggiato in maniera inspiegabile però noi abbiamo giocato male, oppure ok non era rosso però siamo stati ingenui etc. sbaglia grossolanamente) ma sono pure uno propedeutico all’altro: se non vi è correttezza di fondo nella direzione di una gara, se il gioco non è pulito, tutto il resto perde senso.

Se il gioco non è pulito, non è un gioco. E’ uno sporco affare.

Se a un tavolo da poker uno o due giocatori barano, non conta quanto io sia lucido, abile, fortunato; non ha senso rammaricarmi per gli errori che ho fatto, non ha proprio senso. Prima viene la correttezza: le regole devono essere chiare e valide per tutti. Poi il resto. Senza il primo punto, parlare del secondo è da stupidi.

Adesso ricominciate, eh. 


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Un sistema marcio nel profondo

Se io avessi i fondi e decidessi di investire nel calcio non lo farei mai in Italia. Qui il sistema è marcio nel profondo, governato da decenni dalle stesse facce, gestito malissimo. Non pensa al futuro, non investe sui giovani, ha strutture fatiscenti, non rispetta la tradizione nè lo spirito del calcio, calpesta i valori sportivi, non condanna chi sgarra, accarezza i potenti e vessa i deboli. Gli arbitri sono poco capaci o senza personalità e la loro carriera dipende da quanto accontentano chi comanda: quindi inutile aspettarsi trasparenza o arbitraggi sereni e corretti. I regolamenti sono due. Il gioco è, di fatto, truccato. In A attualmente abbiamo società che si sono macchiate di reati gravissimi e non hanno pagato per la loro colpa. Ogni domenica assistiamo a decisioni sconcertanti. I media sono del tutto inaffidabili o venduti al potente di turno. I giornalisti sono, nella media, di scarsa qualità. Nessuno sa più di calcio, al massimo incontri qualcuno che ricorda albi d’oro e statistiche. I calciatori sono mocciosi viziati che pensano solo ai milioni. I procuratori guadagnano decine di milioni sul nulla (avete presente gli influencer) e hanno un potere immenso: sono uno dei cancri di questo sport. Inoltre chi dovrebbe occuparsi dell’ordine pubblico non fa quel che dovrebbe. Tutto è studiato per allontanare le persone dagli stadi e costringerle a guardare i match su piattaforme inadeguate. Tutto è studiato per dar da mangiare ai soliti noti, gli squali che affossano questo gioco e che pensano solo ai quattrini; agli altri, quelli che praticano un gioco e non un business, restano solo le briciole.
Hanno ucciso la poesia di questo sport. 
Investirei in Inghilterra.
Manfredi e Raddrizzani, ve lo dico contro il mio interesse: pensateci bene prima di impegnarvi troppo. Ci avete salvato, ma come vi sarete resi conto questo non è più un gioco.
#Sampdoria #VivaLoSportPulito 

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giovedì 18 gennaio 2024

Scusa se non la penso come te e nemmeno mi scuso

*SCUSATE SE QUANDO DISCUTO CON VOI (ARGOMENTANDO CON CIVILTA’) E RITENGO DI AVERE RAGIONE NON MI METTO IN GINOCCHIO E NON CAMBIO PUNTO DI VISTA ADOTTANDO IL VOSTRO E SCUSANDOMI PER L’ACCADUTO!*

Negli anni mi hanno tolto l’amicizia alcune persone, sulle varie piattaforme che ho frequentato. Non molte, ma non due. Io non l’ho mai tolta a nessuno. Ho solo bloccato, e poche volte (tattica che faccio da poco tempo, peraltro) chi, sconosciuto, era secondo me in odore di segnalarmi solo per vendetta, dopo una discussione da parte mia civile e da parte sua sopra le righe: si chiama prevenzione, e lo scopo è evitare meschini atti inconsulti da parte di tizi agitati e con qualche problemuccio.

Uno (che conoscevo pure di persona, sia pure vagamente) me la tolse perché contestavo fortemente la sua idolatria per il maiale pelato che ha devastato l’Italia nel ventennio (sarebbe pure reato, oltre che minchioneria). Un altro, il “corifeo”, perché “osavo” scrivere commenti sotto ai suoi post, a volte, e a pensarla diversamente da lui (diceva che era la sua pagina Facebook -il che è falso, è di Facebook- e non si rendeva conto che è lecito eccome scrivere sotto i post pubblicati “a tutti” o, se sei amico di social, nella modalità “amici”). Un altro, addirittura ex compagno di classe, perché esprimevo nei commenti ai suoi post idee (politiche) opposte alle sue, e si diceva pure di sinistra, ehehehe. Naturalmente lo facevo come lo faccio ora, sempre con garbo, senza offedere personalmente e senza violare netiquette o leggi, magari solo mantenendo il punto con insistenza, questo sì, ma uno deve cambiare idea per compiacere un altro? E da quando? E poi ci sono stati altri casi, ma sempre piuttosto “classici”.

Ma stasera si è verificato un caso unico. 
Una persona che mi chiese l’amicizia anni fa annuncia di volermela togliere dopo una discussione (civile da entrambe le parti, non ricordo la minima offesa) su un caso di cronaca sul quale io ho ragione e lei torto (ma questo non importa, sarebbe lo stesso se avessi torto io): non ha saputo citare nemmeno i punti in cui i due accusati, da lei e da qualche altro, si intende, avrebbero violato la legge o sparso odi0, e il motivo è che non esistono. E poi il caso è chiaro, i fatti cristallini, anche troppo. 
Ma al di là del caso specifico (ripeto: decidere chi ha ragione è ininfluente ai fini di quel che sto raccontando) la cosa stupefacente è che l’amicizia mi viene tolta affermando tranquillamente che la ragione è che io “difendo l’indifendibile”. 
Cioè (sì, avete letto bene) mi si banna perché sostengo il mio punto di vista (che fra l’altro è anche quello dei pochi giornalisti che ragionano, sia detto en passant) senza cambiarlo, e lo faccio, si badi, argomentando a fondo, senza mai offendere e senza citare inesattezze o falsità, ma solo fatti. La cosa è incredibile! Un po’ come se un dittatore ti dicesse: ti mando al confino perché sostieni cose diverse dalle mie e perché mi stai antipatico assai. Sarebbe davvero incredibile. Invece in genere dicono ti confino perché sei un pericolo per la sicurezza nazionale, perché sei un nemico della nazione, perché sei una spia, etc: cioè si cerca almeno di salvare la faccia e di non far vedere che si censura solo perché non piacciono le idee dell’altro. 

Essere bannati e sentirsi dire che la ragione è che difendo (magari con insistenza, ok, ma difendere blandamente è non crederci, e allora tanto vale giocare a ramino con uno spaventapasseri) un punto di vista è bellissimo.

Vuol dire non aver capito che se stai su un social e pubblichi post non in modalità “solo io” devi accettare il confronto. Bannare un tizio perché difende un punto di vista per te indifendibile è addirittura meraviglioso. Che dite, non è quasi una medaglia?

Non ha detto che mi cancella perché offendo, o perché mento, o perché riporto citazioni false, o perché tarocco le recensioni (…), il che sarebbe falso, ma perché difendo il mio punto di vista e magari, aggiungo io, lo faccio con forza e non accenno a voler cambiare idea. Fantastico!

Poi, per rimpolpare una pietanza un po’ leggera, aggiunge (5 minuti dopo!) qualcos’altro, perché forse la ragione le appariva deboluccia (io invece la trovo massiccia, oltre che meravigliosa, ve l’ho detto) e dice che sulla pagina di Piovontrton sarò pure simpatico -mi ha conosciuto lì mesi e mesi fa (grazie 🙂) ma per il resto, sulla mia pagina Facebook (che legge, dunque, e di questo la ringrazio sinceramente) sono “piuttosto pesante”.  Ok. Ti banno perché non la pensi come me e insisti a pensarla come vuoi tu e anche se argomenti mi dai noia perché per me hai torto e argomenti l’indifendibile, e poi detto fra noi sei pure pesante e quando cammini sul pavimento si sente il rumore da sotto e vesti sempre con colori mal abbinati. 

Meraviglioso!!!

News 01:30:
Adesso parla di querela, cioè vorrebbe querelarmi perché ho detto che forse stasera è poco lucida una persona che dice di bannarmi perché sostengo il mio punto di vista. Ed è la stessa persona che poco prima mi ha definito “pesante” e ha pure lasciato capire che sono intellettualmente disonesto (darei ragione a X solo perché mi piace o mi sta simpatico, così ha detto!): ragazzi, ditemi cosa devo fare, devo querelare pure io? Ahahahahaha. Negli anni mi hannno detto cose gravi, mica ‘ste boiate. Uno mi disse pure che mi avrebbe aspettato nel parcheggio grande fuori dalla stazione e io non ho mai capito di quale stazione parlasse. 
Mi ricorda quella famosissima cantante che su Twitter mi disse che mi avrebbe denunciato alla postale perché avevo definito un suo tweet raxxista. La querela che scatta in automatico. Nota cautelativa per il giudice: per “poco lucida” intendevo opaca e la colpa era mia, non mi sono espresso bene perché avevo bevuto due cynar belli pieni (vero) e non mi ero accorto che avevo alitato sul mio tablet e in effetti non vedevo più bene, cioè non vedevo più lucidamente, i miei e suoi post, ecco spiegato l’inghippo; poi ho passato lo straccetto e tutto si è sistemato, ho trovato allora molto logico, dopo aver passato lo straccio, che uno ti banni perché la pensi in maniera diversa dalla sua. Basta come scusa o devo anche prendere i ceci e inginocchiarmici su?

News 01:46
Mi ha tolto la facoltà di commentare i suoi post. Quindi non mi esclude dagli amici, mi tiene lì insieme agli altri, ma con una museruola sulla bo —cca. Penso che il Nobel per il Confronto Civile e Democratico non possa ormai più sottrarglielo nessuno, da qui a fine 2024, e già mi complimento con lei per la superba vittoria!
Che senso ha tenere uno fra gli amici se non può commentare? E’ una punizione, lui ti legge ma porcaccia la miseria non può replicare e quindi tutti penseranno eh ma se Mauro non replica allora vuol dire che ha riconosciuto che ha ragione lei e lui ha torto!!! Ehehehehehe.
Molto astuta, come no…. 
Anche questo non è meraviglioso?
E poi ha offeso un terzo (quella sì che assomiglia a un’offesa, non le altre) e lo ha ribadito, ma non teme le querele che minaccia qui e là.
Il tutto è bellissimo.
La museruola è un poco stretta ma carina (è fucsia e io adoro il fucsia) e poi io parlo con gli occhi, anche, e grugnisco, e certi miei silenzi poi dicon più delle parole a volte, farò capire lo stesso che non sono d’accordo, il mio punto di vista mi sopravviverà, ho l’impressione che l’unica sia abbandonarmi in auto -stra -da, la museruola non basta.
Ehi, vedi Mauro, non replica più, quel tuo amico di Facebook si è convinto finalmente, ha messo la testa a posto quel peNsante che non è altro? Ah no, “pesante”, scusate.

News 01:57
Yup! E’ venuta a commentare un mio post (lei può farlo, io no, ecco perché io non speranze di vincere quel Nobel di cui dicevo poc’anzi, sigh) per consigliarmi (affettuosamnete, si capisce) una perizia alla testa! Quasi quasi appena becco l’offerta vado subito (del tipo due elettro —sciocc  al prezzo di uno). 
——


*ADESSO SONO FERITO*

La cosa che mi dà più fastidio non è essere bannato (figurarsi) o che mi si tolga l’amicizia per ragioni inesistenti (e vabbè) o che mi si minacci querela per niente (quando poi chi la minaccia ha detto cose poco carine su di me e io manco mi ero accorto, per dire). Né che altri la pensino diversamente da me sul caso Biagiarelli o su altri casi: so di aver ragione, ma non perché sono un genio, solo perché è un caso facilissimo, davvero, uno dei più facili che abbia mai trattato qui.

La cosa che mi dà fastidio (ma che è stata aggiunta però ben cinque minuti dopo l’originario post di abbandono, quasi a mo’ di rimpolpo) è che io sarei “pesante” nella mia pagina Facebook. Qui si lede la mia vanità di scrittore e il vulnus è notevole!!! E che lo faccia una persona che spesso ha detto di trovarmi divertente e di leggermi con piacere, o anche “simpatico”, peggiora le cose. Adesso sono in crisi.

Naturalmente scherzo, so bene che ce l’ha con me perché difendo il mio punto di vista e allora cerca di ferirmi, ma non importa. Il fatto è che io tengo all’opinione di chi mi legge.

Il pesante vi saluta con affetto.

(Ps: che sia un refuso e abbia voluto scrivere “pensante”? Lo escludo ma l’idea mi solletica!)

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.

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domenica 14 gennaio 2024

Mi guardo vivere


Sto osservando la mia vita, mica la sto vivendo.

Cioè, non fraintendetemi: butto dentro ossigeno, muovo gli occhi, mangio, parlo, cammino, dormo, faccio cose, vedo gente, leggo, scrivo, faccio battute, guardo le gambe, i kuli e le tette, mi sporco e poi mi lavo e poi mi sporco di nuovo, entro in musei, mi fermo al rosso, disprezzo il disprezzabile, faccio la spesa, mi sistemo le mutande, parcheggio, od- I0 tutto e tutti, scarto i ciccolatini, non sc*p* (mi son sposato apposta, ero stufo del sesso): chiunque la definirebbe vita, questa accozzaglia di attività, e mi chiederebbe: e quindi cosa minchia hai scritto alla prima riga?
Devo chiarire.

Certo che vivo, se intendete quelle cose, ma è un fatto meccanico, che non sento mio: in realtà lo faccio come se lo facesse un altro, e nel frattempo, sotto sotto, di nascosto, mi guardo.
E non è un bello spettacolo.
Mi accorgo di questo, osservandomi vivere: una cosa di cui voi non vi accorgete, perché voi vivete, mica vi guardate vivere.
E’ uno spettacolo triste, a volte meschino, sempre piuttosto desolante. Non bastano pochi flash a illuminarne le lunghe e fonde ombre.

Inoltre, così facendo, vedo con più chiarezza anche voi, perché non sono sul palco con voi impegnato a recitare la mia parte del caxxo, ma sono sulla poltroncina, mi vedete? No? Ma come… guardate meglio, sono in decima fila, all’estrema sinistra, quello con gli occhiali e la mano sul bracciolo.

Voi avete sogni, desideri, obiettivi; fate programmi; vi disperate se qualcosa non va come avevate previsto, stappate una bottiglia se invece imbroccate qualcosa. Io no. Ve l’ho detto, è un fatto meccanico, come se non ne potessi fare a meno, come se fosse il movimento del Sole nel cielo, che non puoi comandare, ma solo osservare.

Questo non mi aiuta a vivere, anzi complica maledettamente le cose. Ti fa vedere meglio cos’è questa roba che chiamiamo vita e interazione sociale, certo, e questo è positivo, alzi il velo che offusca la vista degli altri; ma ti fa capire cose che è necessario non capire, anzi, nemmeno sapere che esistono, se si vuole provare a vivere senza la sofferenza del singolo giorno e della orribile notte che lo unisce al successivo.

Apparentemente, noi che ci guardiamo vivere (non sono certo il solo, ma siamo in pochi), siamo come gli altri; forse sembriamo un poco strani, a volte, ma è tutto. Molti direbbero anche che siamo felici, tanto per farvi capire quanto siete incapaci. E invece non lo siamo, su di noi pesa di più la vita, ci schiaccia con più forza e più gusto, perché qualcosa di più abbiamo capito, e quindi molte salvifiche illusioni ci sono precluse.

Non potete riconoscerci, né aiutarci. Alla fine, siamo tutti sulla stessa barca, solo che voi non lo sapete. 

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lunedì 1 gennaio 2024

Amore fra sconosciuti

Se Luisa si innamora di me non ama me. 
Ama il me che a lei sembra che io sia. 
E’ normale, dai, senza dover scomodare Pirandello.
Io non so come è il me che fa girar la testa e strizzare le ovaie a Luisa, posso solo a volte intuire qualcosa di vago dalle sue reazioni.
So però che non è il vero me, che conosco (non del tutto, sia chiaro) io.
E non è neppure il me che vede in me l’edicolante o la mamma o il padrone.
Fin qui mi pare tutto chiaro.
Allora è anche difficile agire in modo che Luisa continui ad amarmi (lasciamo perdere quelle condotte che sempre tengono vivo l’amore, tipo lusso e agio), posso solo andare a intuito. E se poi penso che quella che amo non è la Luisa in sé ma la Luisa per me, il discorso si fa ingarbugliato.
In pratica io non amo Luisa e Luisa me, ma entrambi amiamo degli sconosciuti a noi stessi. Sono loro che si amano, non noi.
Quindi quando un amore finisce (sempre, ammesso poi che fosse davvero iniziato e non fosse solo infatuazione o interesse economico) non finisce per noi ma per quei due sconosciuti: non so se questo possa consolare.
Ecco però che diventa più facile, forse, capire che un amore finisce sempre senza una vera ragione perché è così che inizia.
Buon anno, eh.

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