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domenica 25 maggio 2025

Quello è un macellaio

Quello è un macel -laio. Un sub -umano. Un verme. Un orrendo criminale. Un maiale sporco e puzzolente. Merita una fi -ne in -fame e festeggerò se accadrà, lo devo a 70mila innocenti ster -minati, a 20mila bambini massa -crati, a milioni di persone che stanno morendo di bom -be, di sete e di fame. Non vedo differenze tra lui e il suino coi baffi austriaco, se non nei numeri (per ora). A me chi fa i distinguo fra geno -cidio e “orrendo crimine di guerra” sembra un perfetto e molto grande coglio e mi fa ribrezzo.
Questo governo italiano, complice al pari di Usa, Gb, ecc. di questo orrendo geno -cidio (forniamo armi in gran quantità e supportiamo politicamete l’assassino, oltre a non aver mai riconosciuto la Palestina), non agisce in nome mio. Verrà il giorno in cui paghe -erete, è ovvio. Viene sempre. Chiedete a Milosevic, a Gheddafi, a Ceausescu, al merd-0so baffetto austriaco, al ridicolo e assas -sino pancione pelato italiano, a tutti i vermi assas -sini della storia. 
#Free #Pale #Stine 

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Diamoci un taglio, l’ultimo

Alla fine, cosa ci vediamo a fare? Meglio non vedersi. Ci sentiamo tutto l’anno sui social o su Uozapp, anzi quasi ogni giorno; ci chiamiamo al telefono una volta l’anno o meno, vedersi (addirittura di persona, Dio mio!) ogni tot mesi è controproducente: rovina l’immagine che abbiamo cristallizzato l’uno dell’altra o dell’altro e ci costringe ad entrare in contatto con l’alter ego, quello reale, quello che conosciamo meno e che è diverso da quello che ci scrive o ci manda le faccine e mette i laic. 

Le amicizie oggi non hanno bisogno del contatto fisico, nemmeno del contatto visivo: se proprio si deve, c’è Zum o meglio ancora le foto postate su Feisbuc o Insta. Figurati se ho bisogno di far due passi con te, di guardarti negli occhi, di ascoltare la tua voce, o di prendere un prosecco o una pizza: è roba dell’altro secolo. Oggi ti taggo, ti mando un link, ti scrivo due righe e due emoticon: e la vita procede. Se proprio sono ispirato, ti racconto una cosa via mail, ma già la mail è roba antiquata, tipo una stretta di mano o un abbraccio: quasi sconveniente.  Nessuno ha voglia di averti davanti, si preferisce interagire virtualmente. 

Alla fine, vedersi dopo molti mesi e sapere che poi non ci si vedrà più per mesi è deleterio: crea aspettative. E poi c’è il rischio che io apprezzi la tua presenza o tu la mia, o financo che mi innamori se sei del sesso che cerco: sono rischi da evitare con accuratezza. Potremmo scorprire di avere interessi in comune e di aver piacere di coltivarli insieme: l’inizio della fine. Siamo sposati, quindi per definizione abbiamo rinunciato a essere persone, ad avere una vita che non sia dentro la gabbietta. In occasione di ricorrenze, ci facciamo puntualmente, da brave persone civili, gli auguri con messaggi originali e spiritosi e ci mandiamo un regalino per posta o con amazzon: direi che pretendere di più sarebbe da originaloni.
Se proprio dovrà essere, verrai al mio funerale, quello sì, anzi no: perché vi ho liberato dall’obbligo in un post di qualche settimana fa, ricordi? Semmai, verrò io al tuo, tanto in questi casi non correremo il rischio di vederci, e questo è ciò che conta davvero. Fare una manciata di chilometri per passare qualche ora insieme è follia. Ma anche se abitiamo vicini, uno spritz o una passeggiata sono davvero troppo. Io so che ci sei, tu sai che ci sono. Due chiacchiere su argomenti futili via smartphone e poi ognuno nel suo guscio. Chiamami se hai bisogno di aiuto, tanto so che non lo farai e so che non me lo darai.

La presenza fisica è stata sopravvalutata per secoli. Un tempo erano le distanze e la scarsità e arretratezza dei mezzi di trasporto a rendere più facile mantenere questo distacco essenziale; oggi abbiamo finalmente gli strumenti per poter essere “amici” senza frequentarci: adoro il progresso!
Io non ero di quest’idea, ero ancora uno di quei fissati che avrebbe voluto vedere più spesso i cosidetti amici o amiche, ma mi son reso conto da solo che la mia visione era superata: il mondo ormai viaggia su binari diversi, e vedersi, a meno che non si debba fare qualcosa di sporco, è inutile, anzi sconsigliabile. E anche nei casi citati non sarebbe male prendere confidenza col sesso a distanza o virtuale: potrebbe dare grandi soddisfazioni ed eliminare una delle ultime remore alla voglia di abbracciare con gioia questo nuovo mondo senza più relazioni personali dirette.

In fin dei conti, l’altro da noi è sempre qualcosa difficile da accettare fino in fondo. L’assenza di contatto fisico, o anche solo di visione diretta, rende più accettabile avere un rapporto. Presto, non dovremo neppure più uscire per andare a lavorare, perché non ci sarà più lavoro o quasi. Vivremo con un reddito statale di base e ci faremo portare sul divano tutto quello di cui necessitiamo da robot servizievoli. Questo ci toglierà la tentazione di uscire per strada e abbracciare la prima che passa, o di chiedere a un amico o a un’amica di uscire una sera. In fin dei conti prendere una boccata d’aria, alzare gli occhi al cielo, sentire il sole sulla pelle sono tutte operazioni superflue, superate e che possono portare solo rogne mediche o di tipo meteo. Sono buffonate per tipi eccentrici; sono stranezze di chi ha chissà quali secondi fini.

Dato che già siamo a un passo da un mondo fatto così, e che già ci vediamo una volta ogni morte di Papa, per non costringere i poveri cardinali che vivono in attici di 500 mq a riunirsi spesso per farsi una grigliata, facciamo il passo decisio e non vediamoci più.

Ci ricorderemo come eravamo, non ci vedremo invecchiare, non ci vedremo morire: verremo a saperlo a cose fatte, magari ci dedicheremo un pensierino su Feisbuc e faremo tanti laic; fino al trapasso, ci scambieremo qualche riga e per il resto ognuno andrà all’infer -no seguendo la sua personale, originalissima via.

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venerdì 23 maggio 2025

Varie di calcio, di politica, di donne che mi…

*VARIE DI CALCIO, DI POLITICA E DI DONNE CHE MI STIMAVANO ALLA GRANDISSIMA E POI…*

Contento che vinca il Napoli (però ribadisco: Conte MAI piaciuto, e non parlo di tattica) ma desiderei quel che desidero da decenni: un campionato regolare, senza ombre lunghe come una notte di sei mesi senza luna. E anche quest’anno non l’ho avuto, né in A né in B.
Ci credo che la Salernitana avrebbe voluto giocare il playout col Frosinone prima di sapere la sentenza sul caso Brescia: in questo modo avrebbe avuto la B assicurata, ehehehehe! O vincendo il playout, o anche… perdendolo, col Brescia poi condannato. Salernitani, non siamo tutti scemi qui sulle rive del Bisagno, eh!
Stasera gli juventini sono felici. La stupenda e miserevole e miserabile paranoia antinerazzurra, rinfocolata dallo schifo di Calciopoli (i cui autori sono venerati a Torino) è grave e vi rende provinciali. Per dire, è tipo quella dei bicolori genovesi (ma appunto loro sono provinciali, voi in teoria no…)
Far giocare un playout a metà o fine giugno, dopo un mese senza partite ufficiali, coi giocatori già mentalmente in vacanza o prossimi a scadenza, è una enorme boiata, sarebbe la conclusione falsata di un torneo falsato (dal caso Brescia e da altre cosucce).
Quel belinone di Trump (nonché complice del massa -cratore di bambini) la finisce di sparare minchiate al solo scopo di far guadagnare milioni in borsa ai suoi amici? E’ un reato. E lui è un idiota al cubo, vedi decisione su Harvard, nemmeno una scimmia acefala.
Capezzone definisce “politica” israeliana la barbara ucci -sione di 65/70 mila civili innocenti, tra cui 20mila bambini. Devo commentare? Non ho abbastaza soldi per reggere la causa eventuale di un deputato a 13mila/mese nostri.
A luglio mi definiva “una persona meritevole”, che aiuta tutti, sagace, ironico,  che regala calore, con cui è un piacere lavorare, che lascia “un solco nei nostri cuori”, che è “un’anima speciale” e neppure lui “sa quanto vale”, ed è un “collega d’oro, ciao e “grazie di tutto”!
A gennaio (mai visti nel frattempo) si convince che io ho fatto una cosa che NON ho fatto (spiace deluderla, ma se non l’ho fatta dire che l’ho fatta sarebbe mentire, e una persona così meritevole non può mentire) e non vuole sentir ragioni: accuse e offese. In pratica dimostra di non avere la minima fiducia in una persona che aveva definito come sopra.
Io, se pensassi quel po’ po’ di robetta su una persona, la starei a sentire e fra le mie paranoie (certe e nette) e le sue affermazioni opterei per queste ultime. C’est la vie, direbbe il poeta. Io penso altro.
La cosa peggiore della morte sarebbe sapere di essere morti. Sarebbe peggiore di tutto il resto, che già fa schifo assai.
Inviterei la Samp a denunciare il pres. del Brescia o quanto meno a valutare attentamente se ci sono gli estremi per farlo, perché se davvero oggi ha detto quello che ha detto, dopo aver ammesso nei giorni scorsi la storia dei crediti inesistenti, merita di pagarla. Le regole sono chiare e due anni fa ne abbiamo fatto le spese pure noi (e per un semplice ritardo, cosa molto meno grave). Non cerchi ridicole scuse e non inventi fandonie per salvarsi la faccia. Fra l’altro ce l’ha con noi da due anni, quindi è anche poco credibile.
— 

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mercoledì 21 maggio 2025

La vita è come un calcio di rigore




Come un penalty, non puoi tirarlo una seconda volta. La vita è una, se ti va male per sfortuna o perché fai scelte errate (e del resto è difficile azzeccarle tutte la prima volta che fai una cosa, in questo caso: vivere; è infinitamente più probabile sbagliarne moltissime), sei fritto, non hai segnato e perdi tutto, senza rimedio. Un altro penalty non ti sarà assegnato, un’altra vita non c’è.

E poi c’è una differenza tra calcio e vita che peggiora le cose. Che, a differenza che nel calcio, qui non solo è la prima volta che vedi un pallone e che tiri un rigore, ma prima di accorgerti e di capire per bene cosa stai facendo, hai già posizionato il pallone e hai già fatto la rincorsa; hai già il tuo corpo in una certa posizione (magari quella sbagliata) e il piede pronto a impattare la sfera di cuoio in un certo modo. Potresti anche aver sbagliato la scelta degli scarpini. Perché quando vivi è difficile che tu possa prendere scelte consapevoli (si fa per dire) prima dei 20 anni, e a quel punto come detto la rincorsa e l’approccio sono già belli che decisi, grosso modo.

Ecco perché verso i quarant’anni o un po’ prima o un po’ dopo ci accorgiamo che abbiamo sbagliato varie cose e che non possiamo più rimediare: il pallone della nostra vita finirà fuori o fra le braccia dell’estremo difensore, oppure sul palo. E il resto della vita sarà come guardare la sfera che molto ma molto lentamente va verso la porta ma non gonfierà la rete; e poi sarà come vivere per decenni quegli istanti che sempre seguono lo sbaglio di un rigore: sosrpresa, delusione, sconforto, disperazione, rassegnazione, rimorsi, sensi di colpa, incubi.

Ci danno in mano un gioco da tavolo ma non ci spiegano nessuna regola: dobbiamo capirle da soli. E il gioco non è di quelli semplici o intuitivi, tutt’altro. Mano a mano che giochiamo facciamo sempre meno errori, ma sono sempre tanti e molti cominciano già a condizionare e non poco il nostro futuro. A volte ci blocchiamo, non sappiamo che fare: è il momento in cui pensiamo di non aver capito tutte le regole. Poi si riprende, ma gli errori sono inevitabili. E cominciano a pesare. Quando ti accorgi che sei fritto o che il Caso si è accanito contro di te, è tardi per rimediare, la palla è partita. 

Certo, non per tutti è così. C’è chi nasce con una base di partenza favorevole (ricchezza, salute di ferro) ma non puoi deciderlo tu: è come quando scivoli poco prima di impattare la palla e proprio grazie a questo infortunio ti esce un tiro sporco e imprevedibile che beffa il portiere.

Perché non sono solo i nostri errori di neofiti a condizionare il punteggio di quel gioco chiamato vita, o le decisioni prese correttamente; interviene appunto anche il Caso, che può salvare chi sbaglia o affossare chi dovesse sbagliar di meno.

Se gli esseri umani fossero computer, le strade pullulerebbero di pc che si sono volontariamente formattati il disco, perché affrontando la cosa da un punto di vista freddo, logio, razionale, pare evidente che per moltissimi non esiste via di uscita. Ma gli uomini, e questa è la loro forza ma anche la loro condanna, ragionano in maniera molto diversa da come “ragiona” un pc. 

E quindi, tranne alcuni che non ce la fanno comunque e che in base a un ragionamento che pare da pazzi ma in realtà sanissimo decidono di abbandonare il campo, gli umani vanno avanti a testa bassa, senza alzare mai lo sguardo oltre i cento metri. In questo modo riescono a vivere protetti da quelle formidabili dro -ghe naturali che si chiamano illusione, speranza, miopia. 

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Un istante che ti inghiotte

Anche l’anima può soffrire di claustrofobia. Chiamatela come volete: anima, cuore, spinterogeno. Non intendo quella immortale, questi sono altri discorsi. Intendo ciò che ti fa percepire te stesso in relazione a quel che ti circonda e al tempo passato e futuro. 

La claustrofobia dell’anima è quando sei in una situazione che percepisci come senza via di uscita. Non ci sei fisicamente, ma è peggio: perché in quel caso cercheresti con tutte le tue forze di uscire, e vorresti davvero farlo, e mai ti daresti per vinto, cercheresti sempre una via, sapresti che esiste, che deve esistere. Qui, invece, non riesci quasi a respirare ma non hai una finestra da spalancare, una porta da sfondare o una parete in cui cercare un pertugio. Sei chiuso senza essere fisicamente costretto, e quindi lo sei ovunque ti trovi. E’ una sensazione orribile. Sono istanti in cui davvero tutto perde importanza, ti alzi di scatto, come per prendere aria, che però non manca, anche se ti sembra davvero che manchi. Sono istanti brutali, se durano più di una manciata di secondi possono portare a conclusioni definitive. Io ho sempre capito le dinamiche che portano a certi gesti, prima ancora di avere l’età per capire la vita e quei gesti: era una specie di sapere innato. La maggior parte delle volte questa sensazione orripilante dura pochi secondi, alzarsi e camminare già migliora le cose, ma è solo un sollievo momentaneo: se sei caduto anche solo per un fugace attimo in uno di quei pozzi, se ne hai indovinato anche per un secondo il fondo limaccioso e letale, per poi riemergere subito, è perché stai percorrendo un terreno infido ricco di trappole e di pozzi e presto ne vedrai da vicino un altro, mai sapendo, in quel momento, se riuscirai a uscirne. 

L’istinto alla vita è fortissimo in noi, e lotta strenuamente; ma quei blackout devastanti per un attimo spengono tutto e al buio della notte più nera tutto è possibile. Se ti è successo, sei a rischio. Sai che potrà risuccedere, non sai se potrai superare quel gradino. Stai vivendo una vita guasta, che di tanto in tanta dà segnali del suo stato in costante degrado. Stai nuotando e ti mancano le forze. Le acque sono nere e profonde, spesse, dense. La fatica aumenta e ogni metro è una conquista che sembra epocale. Non stai vivendo, stai sopravvivendo. Non respiri, boccheggi. Non hai una vita, la subisci e non ne sei dentro appieno, galleggi in superficie, vedi e non puoi far niente per cambiare le cose, e tutto ti sembra vano, sbagliato, immodificabile, perduto. La tua stessa vita, il suo significato. Il futuro è compromesso, il presente un calvario. 

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domenica 4 maggio 2025

Piccola analisi a favore di chi, mio concittadino, non era…

*PICCOLA ANALISI A FAVORE DI CHI, MIO CONCITTADINO, NON ERA NATO (come me) E (a differenza di  me) PARLA SENZA AVER STUDIATO*

Io ho sempre riconosciuto i 9 scudetti assegnati al Genoa calcio (dei quali mi frega solo poco), chi sono per decidere io dei palmares altrui? Però dobbiamo capirci: chiamarli scudetti è fuorviante. Perché se si vuole essere onesti le cose bisogna dirle per intero, non solo la parte che più piace: troppo comodo.
Partite giocate dal Milan per laurearsi campione d’Italia nel 1987: TRENTA (otto mesi)
Partite giocate dalla Juve per laurearsi campione d’Italia nel 2019: TRENTOTTO (nove mesi).
Partite giocate dalla Sampdoria per laurearsi campione d’Italia nel 1991: TRENTAQUATTRO (otto mesi)
Partite giocate dall’Inter  per laurearsi campione d’Italia nel 2010: TRENTOTTO (nove mesi).
I campionati moderni durano da 30 a 38 giornate, in genere (8-9 mesi).

E veniamo al Genoa. Che vince 9 “scudetti” fra il 1898 e il 1924. Quando ancora non esiste la “serie A”, che nasce nel 1929. E quando ancora non si assegna quello che oggi chiamiamo “scudetto”.

Come li vince questi campionati il Genoa?

1898: giocando DUE PARTITE. Il campionato dura UN GIORNO (è un torneo quadrangolare).
1899: giocando UNA PARTITA (ripeto: UNA). Il campionato dura 14 giorni.
1900: giocando DUE PARTITE. Il torneo dura un mese e mezzo.
1902: giocando QUATTRO PARTITE. Il torneo dura un mese e mezzo.
1903: giocando UNA partita. Il torneo dura un mese e mezzo.
1904: giocando UNA partita . Il torneo dura tre settimane.
—-QUINDI FIN QUI il Genoa vince 6 “scudetti” giocando 11 partite in tutto… quando, come detto, nei campionati “moderni” ce ne vogliono da 180 a 228, di partite…—-
1915: settimo “scudetto”, ma pasticciaccio. Si giocano 21 partite, ma attenzione: campionato sospeso per la guerra, scudetto assegnato al Genoa a campionato non finito e quando l’esito del torneo era ancora incerto. Vi è il dubbio che fosse stato assegnato al Genoa solo il titolo di vincitore del Girone Nord. In ogni caso si dovevano ancora giocare partite decisive. Genoa dichiarato vincitore in quanto “favorito” per decisione postbellica della FIGC. Vi erano inoltre sospetti di conflitto di interesse mai chiariti. Quindi vinto non sul campo ma in seguito a decisione fantasiosa.
1923: giocando 28 partite. 
1924: giocando 24 partite. Solo quest’anno nasce lo “scudetto”. Piccola perla: la finale di andata della Lega Nord fu omologata (vittoria Genoa) nonostante l’invasione di campo di un tifoso del Genoa che stese con un pu -gno un giocatore del Bologna! Quella di ritorno a Bologna fu data persa a tavolino al Bologna per le “intemperenze del pubblico”…. (Si parlò di due pesi e due misure).

Conclusione.

Hai vinto 9 scudetti, ma i primi 6 li vinci giocando 11 partite (alla Sampdoria del 1985 furono necessarie 13 partite (nell’arco di diversi mesi) solo per vincere la sua prima Coppa Italia…).
Il settimo non lo vinci sul campo; per via della guerra ti viene assegnato a tavolino quando l’esito è incertissimo.
Gli altri 2, gli ultiimi 2, sono gli unici che assomigliano a campionati standard come durata (ma vedi pasticciaccio della finale col Bologna).

Quindi?
Son 9. Ma abbiamo visto come. Di campionati che si possano definire standard ed equiparare a quelli moderni (la serie A nasce nel 1929) ce ne sono solo 2. Gli altri assomigliano a tornei di una o due partite. 

Solo per precisare, eh. Perché le cose van dette per intero. Inutile dire poi che “voi avete vinto la Coppa delle Coppe che nemmeno esiste più”… Perché, il campionato non ha cambiato nome? Nessuna di quelle 9 cosette è campionato di serie A, se vogliamo dirla tutta… E perché, la Coppa Campioni esiste ancora? E comunque, quando esisteva, ed era la vera Coppa dei Campioni perché vi partecipavano solo i campioni nazionali, non come oggi, alla prima partecipazione siamo arrivati secondi! Consideriamo poi che la Samp vinse lo scudetto dopo 34 partite (non una o due o cinque…) in un torneo in cui vi erano i migliori giocatori d’Europa: il MIlan di Gullit, Rijkaard, Baresi, Maldini e Van Basten allenati da Sacchi, la Juve di Baggio, Tacconi, Casiraghi e Schillaci, l’Inter di Klinsmann, Zenga, Brehme, Trapattoni e Matthaus, il Napoli di Maradona, Careca, Alemao  e Zola. E non perse nessuna delle 12 partite interne ed esterne con Milan, Juve, Inter, Napoli, Roma, Lazio.

Se poi passiamo a considerare le partite giocate in Europa; le coppe nazionali ed europee vinte; il totale delle finali italiane ed europee giocate; gli anni giocati in A; i piazzamenti ottenuti in A; il numero di derby vinti allora è notte completa.

Sì, il Genoa rivendica un decimo scudetto (in maniera bizzarra, dato che accogliendo il ricorso si dovrebbe assegnare al Genoa l’accesso alla semifinale e non il titolo di quell’anno, se la logica ha ancora un senso)… ma noi pensiamo subito ai 4 scudetti dell’Andrea Doria (secondo alcuni 5) vinti, riconosciuti dalle autorità calcistiche e poi, anni dopo, per motivi politici, disconosciuti…

Le parole sono importanti, la storia ha valore, ma va raccontata bene, inutile far giochetti. Altrimenti si fa confusione. 9 scudetti ok ma almeno 6 tipo trofeo birra Moretti e 1 assegnato per simpatia.

Per quel che vale questa cosa eh. Perché noi avevamo prospettive un po’ più ampie della supremazia cittadina (comunque granitica da quando esistiamo) e difatti siamo arrivati un po’ più lontano. Far meglio dei rivali concittadini può far piacere, ma non è obiettivo esaustivo per noi.

Da notare che io ho citato solo fatti, non invenzioni o opinioni. 

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venerdì 2 maggio 2025

Prendiamola così


 
 
PRENDIAMOLA COSI'
(Riflessione per Doriani)
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Se nel 1979 L'Arcangelo Gabriele fosse sceso ai piedi della Sud e ci avesse detto:
"Ho una bruttissima notizia, cari i miei turbolenti ragazzi: andrete in C nel giro di dodici mesi perché così vuole il Cielo e poi impiegherete qualche annetto -più del dovuto- a tornare in A, ma poi da quel momento avrete un Presidente-Papà che vi educherà e coccolerà nel miglior modo possibile, e farete parlare di voi in Italia ed Europa per decenni, giocherete 10 finali di cui 9 in soli 10 anni, vincerete, voi che in bacheca avete solo 4 Viareggio, 1 scudetto sfiorandone altri due, 4 Coppe Italia, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa d'Italia, una ventina di tornei estivi di cui alcuni prestigiosi e sei volte il titolo di capocanniere, e sarete anche vicecampioni d'Europa, continuando peraltro a mantenere il primato di vittorie nei derby e diffondendo ovunque gioia, sportività e simpatia.... ci state?
Cosa avremmo risposto? Io avrei firmato ovunque, anche sull'ala di Gabriele.
Ecco, ragazzi. Speriamo di sfangarla, ma se sarà C, prendiamola così.
Perché è un buon modo di prenderla. Perché noi sappiamo prendere anche le cose meno belle. Perché noi abbiamo i colori più belli del mondo, una filosofia sportiva unica, il ricordo di un Presidente quale mai nessuno ha avuto o avrà e anche, il che non è vitale ma aiuta, qualche bel trofeo serio da lucidare ogni tanto, vinto con le nostre sole forze, contro tutto e contro tutti, senza indebitarci.
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Immagine: blucerchiando punto com
 
 
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giovedì 1 maggio 2025

Primo maggio dei caduti

Forse non avete capito. Quanti miliardi di milioni muove il sistema industriale, agricolo e commerciale italiano? Quanto denaro muove questo marcio e infestante sistema capitalistico italiano? Quanti milioni di milioni di profitto genera per pochi, al prezzo dei salari da fame o della disoccupazione quasi senza welfare per tantissimi? Quali e quanto immensi sono gli interessi in gioco?
E voi pensate che un migliaio di vittime l’anno siamo un’enormita? LO sono per chi è ancora un essere umano e sa quanto vale una singola vita.
Ma sono un prezzo ridicolo da pagare o da tollerare che chi ha il denaro anche in bocca è prontissimo ad affrontare e a considerare come inevitabile e irrilevante effetto collaterale della produzione di beni e servizi e della generazione di immensi e immeritati profitti, per giunta macchiati di sangue oltre che di corruzione ed evasione.
Ecco perché tutti si indignano e promettono sostanziali interventi volti a risolvere il problema, ma poi non fanno niente, e da decenni e decenni, anzi: rendono ancora meno stringenti i controlli e meno dure le pene.
Datevi una svegliata, un bel secchio d’acqua gelata in faccia potrebbe aiutarvi. 

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Noi risaliremo, voi mai

Che i dirigenti abbiano colpe grandi è assodato, tornarci su è esercizio noioso sebbene necessario. Ci hanno preso per portarci in A in 1-2 anni, ci stanno portando in C, dopo una serie di errori non da poco, il più grande dei quali è stato, non capendo nulla di calcio, non affidarsi a chi ne sa; quando lo hanno fatto è stato, a occhio, troppo tardi. Questo errore è imperdonabile. Se non sai quel che fai, generalmente farai molto male; non ammetterlo, è arroganza, il cui prezzo noi ora paghiamo. La riconoscenza per averci salvato (dal fallimento e da cosa? Dalla D) non può influenzare il giudizio sull’operato deficitario di persone non competenti che ci stanno portando un gradino più su di quella D.

Detto questo, e citati per dovere i soliti 8-10 punti che ci hanno letteralmente scippato, e la sfortuna non banale che ci perseguita (infortuni e altro), restano gli allenatori e i giocatori, essendo i rifosi non solo gli assolti per definizione, ma i veri eroi e le vere vittime di questa situazione: noi meriteremmo di giocarci ogni anno lo scudetto, siamo qui a vedere una vittoria ogni sei mesi.

Gli allenatori sono stati tre prima degli attuali: nessuno ha fatto errori gravi, tutti hanno fatto errori e non molto di buono; è bastato per portarci dove siamo, però. Gli attuali sono troppo pure per noi, francamente, e sono qui per amore, stanno facendo di tutto: non potrò mai addebitare loro alcuna colpa. Saranno gli unici a uscirne a testa alta, assieme a noi tifosi e alla “maglia”, spesso non onorata, ma sempre fulgida.

I giocatori, alla fine, sono i colpevoli principali dello scarso rendimento tecnico, tattico e agonistico della squadra: perché nonostante una dirigenza che va a tentoni (sta imparando -poco e a nostre spese), allenatori solo normali, sfiga e solite direzioni di gara “calciopolosche” (possibile che in questo Paese di buffoni ne dobbiamo subire almeno una decina all’anno, poco più poco meno?), in campo, come si dice, vanno loro, e loro hanno mostrato limiti caratteriali, psicologici, motivazionali notevoli che li hanno portati a rendere molto meno di quello che avrebbero potuto perché se una cosa è certa è che come rosa non siamo da C nemmeno se sogni, ma una squadra non è la semplice sommatoria di undici o ventidue individui, è molto ma molto di più e noi, reduci da quindici anni d’oro zecchino, lo sappiamo bene.

Questi giocatori, questi allenatori (fatto salvo lo staff attuale) saranno sradicati dalla nostra memoria collettiva. Non ci saranno memories, fotografie, retrospettive su quello che hanno fatto, e sapete perché? Perché, ciascuno nel suo piccolo, e chi più e chi meno, non hanno dato tutto e questo, a Genova dai quattro colori, è gravissimo. Non esiste cosa peggiore, nessuna sconfita è peggiore di questo per noi. Spero che questo fatto sia chiaro, ma so che non lo capirete, cogliere la particolarità della nostra realtà non è per tutti.

Oggi, con i grigiorossi, piuttosto antipatici (Pickel non ha fatto che lamentarsi e non ha preso neppure un giallo per la sua permanente rottura di cogli0 -ni), con una telecronaca non assurda come spesso capitava fino ad alcune settimane fa ma nemmeno perfetta e con un arbitro (5,5) del tipo “imparziale ma di qualità rivedibile” (gli altri, nella mia classificazione scientifica di B, sono “quelli che arbitrano bene e hanno qualità” -rari- e “quelli che ti affossano con errori non spiegabili” -quindi non sono errori-, e di questi ce ne capitano sempre troppi, anche se la categoria più frequente è la prima che ho citato) abbiamo giocato un buon primo tempo davvero (bel gioco, bell’atteggiamento, 4 occasioni grandi a 1, si meritava di andare sul 2-0). Non ci siamo riusciti e nel secondo tempo abbiamo giocato poco, forse non ne avevamo più, senza però subire granché. Ma a noi adesso servono i punti a pacchetti di tre, quindi questo pareggio evita di condannarci stasera, forse, ma non sposta molto, se non vai a battere Catanzaro e Salerno.

Avessimo giocato così a Carrara (almeno come nel primo tempo odierno), per dirne una, avremmo vinto seccamente; ma non lo abbiamo fatto. Oggi sì, ma davanti c’era la Cremonese.

In verità, sulla carta, avremmo avuto e avremmo anche ora, tranquillamente (e sottolineo tranquillamente), la capacità tecnica e tattica, nonchè la forza morale di un ambiente paradisiaco per chi vuol giocare a calcio, per salvarci con agio (anzi, avremmo potuto puntare almeno ai playoff). Ma non riusciamo a tradurre questa potenzialità in eventi fattuali e abbiamo sopra elencato le colpe. Ce l’avremmo anche ora, perché possiamo tranquillamente  fare 5-6 punti nelle restanti tre. Ma in potenza, ecco il punto. Come accade non proprio di rado, retrocederà una squadra che se leggi i nomi dici che è una roba impossibile, ma ci è già successo anni fa, il calcio è così.
Lo stipendio arriva lo stesso, fare di undici uomini una squadra è una cosa non facile e ci vuole materiale umano predisposto a questo. Ma il materiale umano, e altre mille cose, non le ho scelte io. Io però non avrei il denaro per fare scelte, quindi occorre prendere quel che viene: la C, la demenza senile (presente anche e soprattutto nei giovani) dei complessati e patetici tifosi a due colori, i discorsi idioti di chi, giornalista o cazzaro comune, non sa quasi nulla di noi e pontificherà. Va bene così, ce la faremo. Dalla C risaliremo, è certo. Chi ci ha portato qui, invece (calciatori, allenatori, dirigenti, sistema arbitrale, un certo titolare di apparati filtranti e il delinquente non filtrato) da questo abisso morale non si toglierà mai. 
Come quel tale che si inventò un rigore a Bologna (lo ammise) e quello che si inventò una punizione a Londra (lo riconobbe); quei figuri che cambiarono il regolamento della qualificazione a un posto Uefa a campionato inoltrato per favorire una nota squadra bicolore; quei pagliacci che molte volte, in molte partite, ci hanno affossato di proposito per obbedire ai desideri degli squali di uno sport infetto; chi si è venduto (letteralmente e reo confesso) il derby pugliese e ci ha condannato alla B; chi è rimasto a guardare mentre trafficoni vari ci stavano spolpando e sarebbe dovuto intervenire per legge, o per amore e senso del dovere e nulla ha fatto.
Siete tutti coperti di fango, la faccia e il sedere, francamente indistinguibili. Noi no, al massimo saremo solo in C. 

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it) Per tornare alla home page clicca qui. Se questo blog ti interessa e vuoi essere aggiornato sui suoi contenuti iscriviti al mio feed oppure seguimi via mail. Se vuoi segnalare questo articolo clicca sul titolo del post e vai a fondo post.

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