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martedì 29 giugno 2010

Ordinarie stranezze italiche

La seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo ha condannato oggi il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, a parziale riforma della sentenza di primo grado in cui era stato condannato a nove anni. Marcello Dell'Utri, lo ricordiamo, è un politico italiano, attualmente senatore della Repubblica per il Popolo della Libertà; strettissimo collaboratore di Silvio Berlusconi sin dagli anni settanta e suo socio in Publitalia '80, nel 1993 fondò con lui Forza Italia.
Davvero non capisco cosa abbiano da esultare gli esponenti del PDL e Dell'Utri stesso. Al di là del fatto che la possibilità di finire in gattabuia si fa da oggi più concreta, oggi è stato ancora una volta ribadito che Marcello Dell'Utri è un mafioso. Fino al 1992, prima con Berlusconi, poi nella Fininvest, poi in Publitalia, ha sicuramente lavorato per la mafia e contemporaneamente per il Cavaliere, altro collezionista di guai giudiziari. Questo dicono le sentenze. Dopo il 1992 mancano le prove che abbia seguitato a farlo, tutto qua, e le parole di alcuni pentiti non sono state considerate sufficienti in assenza di riscontri, ma su quest'ultimo punto ci diranno di più le motivazioni della sentenza, ad oggi non note. Ripeto: cosa c'è da festeggiare?

A proposito di italiche stranezze mi viene in mente il nostro caro presidente Napolitano, garante di non saprei dire cosa ma di certo non della Costituzione (forse garante del suo quieto vivere), che prima, senza tentennamenti, sfodera col consueto entusiasmo la sua infaticabile penna e con una bella firmetta nomina (su proposta del governo) Brancher ministro con delega all'Attuazione del Federalismo, nonostante il ministero a lui destinato esista già e sia palesemente inutile e nonostante ci sia vacante da mesi quello lasciato orfano da Scajola e nonostante Brancher abbia già sul groppone diverse disavventure giudiziarie. Poi, quando Brancher, appena nominato, decide, guarda caso, di avvalersi del legittimo impedimento (una delle tante porcate di questo infausto periodo berlusconiano) per salvarsi le chiappe ministriali dal procedimento che lo vede coinvolto, adducendo motivazioni risibili che spingono il pm ad affermare addirittura di sentirsi preso in giro, Napolitano (sì, sempre quel Napolitano) si adira come un'iguana a cui sia stata pestata la coda e fa sentire la sua voce forte e tonante, come se a firmare la nomina fosse stato un altro, suo fratello gemello per esempio. Nemmeno quelli del Pdl ci capiscono più nulla, con questi comportamenti che definire incoerenti è una gentilezza.

Per i curiosi e gli smemorati, Aldo Brancher è il primo ministro della storia repubblicana ad aver ammesso di aver pagato mazzette a un altro ministro. E' stato condannato con giudizio di primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti. In Cassazione il secondo reato è andato in prescrizione (per riduzione dei termini decisa dal governo Berlusconi, oh yes), mentre il falso in bilancio è stato depenalizzato dal Governo Berlusconi II, del quale faceva parte (ma guarda un po'). Quindi chi parla di assoluzione mente. E' inoltre indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sullo scandalo della Banca Antonveneta e la scalata di Gianpiero Fiorani all’istituto creditizio.

Per chiudere, ricordiamo che, investito dalla bufera, Brancher ha detto di voler rinunciare al lodo (in attesa di altri salvagenti, par di capire) ma non ha certo sentito l'esigenza di dimettersi da ministro.

Naturalmente tutto questo non ci stupisce. Il sentimento che ci provoca è un altro, come ben sapete.

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)

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3 commenti:

fioredicampo ha detto...

Sono talmente d'accordo che l'ho condiviso su FB.
PS lo sapevi che Brancher è stato anche prete?
Un saluto.

mauroarcobaleno ha detto...

GRAZIE
Brancher prete, eh gia'... uno a volte fatica a trovare la sua strada...-)

luca ha detto...

la vicenda brancher fa vomitare, questo regime fa vomitare, quelli che lo difendono fanno pena.