Su "Il Secolo XIX" di oggi la lettera del giorno è quella di tale Giovanelli che, accanto a critiche sacrosante sulla scarsa qualità della programmazione della RAI e sulla sostanziale inefficacia dell'azione della Commissione di Vigilanza, fa alcune affermazioni che mi trovano in completo disaccordo: afferma fra le altre cose che Leoluca Orlando non sarebbe stato adatto a ricoprire l'incarico di presidente della Commissione per via di certe sue affermazioni passate su giudici, marescialli e sull'attuale governo (opinioni che farebbero di lui un personaggio "nebuloso") e che l'opposizione doveva quindi proporre sin da subito l'"ottimo Zavoli". Il direttore del giornale (Vaccari) nel rispondere a Giovanelli afferma che la nomina del presidente spetta all'opposizione ma non la si può fare "a dispetto della maggioranza" (insomma, chi deve decidere?); che la candidatura di Orlando è stata sostenuta da Veltroni solo per non arrivare alla rottura con Di Pietro; che non ha senso proporre "un candidato che divide" mentre invece avrebbe senso "cercare un candidato che unisce, pur nel rispetto delle pregorative". Ho scritto pertanto quel che segue.
Gentile Direttore,
ho letto con attenzione la lettera del giorno di oggi 26/11 a firma di Gian Paolo Giovanelli e la sua risposta e ovviamente ne condivido le acute critiche alla programmazione Rai, all'inefficacia della Commissione di Vigilanza e alla gerontocrazia che ci governa. Ma non condivido nella maniera più assoluta la voglia di praticare buonismo e consociativismo a tutti i costi che sottende sottilmente ad entrambi gli interventi, questa ricerca costante dei toni di grigio, dei compromessi e delle soluzioni condivise in un'epoca in cui coloro che occupano gli scranni del Parlamento (senza peraltro esservi stati eletti) non hanno invece mezze misure e pensano solo agli interessi loro e ad arraffare il più possibile, mentre il Paese affonda inesorabilmente in una crisi culturale ed economica spaventosa. Non sono un amante dello scontro a tutti i costi ma chi, per diletto o per lavoro, si trova ad osservare la realtà italiana dovrebbe ormai aver capito che quel che in America potrebbe essere un sano ed apprezzabile tentativo di smussare le asprezze del confronto politico e di cercare punti di contatto per il supremo bene del Paese in Italia è invece attualmente una tattica inutile e dannosa per lo stesso Paese, imbottigliato in una tragica situazione di immobilità senza via d'uscita e dominato da personalismi ed egoismi ignoti alla cultura anglosassone e capaci di rendere fine a se stessa questa politica dell'accordo bipartisan. Il mio ragionamento non si riferisce al peraltro squallido episodio del "pizzino" di Omnibus di pochi giorni fa ma ha un respiro molto più ampio. In questa fase è bene quindi dire sempre e comunque le cose come stanno a costo di essere asciutti, prediligere il bianco e il nero a costo di tralasciare qualche sfumatura: si perderà qualcosa in precisione, ma si avrà il vantaggio di incidere in modo molto più deciso e profittevole sulla realtà che ci circonda.
Passando al caso in esame, la nomina della Vigilanza spetta per prassi all'opposizione quindi è indifferente che il nome proposto piaccia o no al governo; una riserva si potrebbe avere (eccome!) se venisse proposto un condannato, anche se questo titolo di demerito non sembra costituire, oggi come oggi, un ostacolo all'acquisizione di cariche politiche, semmai un vantaggio. Il nome di Orlando dunque sarebbe andato benissimo, se non si fosse scontrato con l’abituale arroganza del governo in carica; definirlo il prodotto della volontà di Veltroni di non rompere con l'IDV o bollarlo come inadatto a ricoprire cariche istituzionali per via di certe opinioni espresse in passato non ha senso: nel parlamento italiano siedono decine e decine di persone che per fedina penale o per affermazioni e azioni degli ultimi quindici anni sarebbero da definire, loro sì, del tutto inadatti a ricoprire incarichi istituzionali e che invece li ricoprono con buona pace di tutti, e che vedono anzi fondare il proprio prestigio proprio sulla loro incompetenza, inadeguatezza e mancanza di trasparenza, per non parlare dello scarso rispetto delle istituzioni o delle inquietanti venature di latente razzismo che a volte manifestano con i loro comportamenti.
Una democrazia sana prevede come è noto sofisticati contrappesi tra poteri e contropoteri proprio al fine di garantire i diritti di tutti e il rispetto delle leggi; far buon viso a cattivo gioco di fronte al tentativo, in atto da anni, di mettere la mordacchia a chi dovrebbe vigilare e di disattivare nella sostanza la funzione di controllo di organi ormai solo formalmente ancora operanti, o sottovalutare la portata di questo tentativo, significa accompagnare seraficamente mano nella mano questo nostro Paese lungo la china di una sempre più spiccata oligarchia di pochi privilegiati che, dietro l'apparenza di una democrazia formale, nella sostanza gestiscono biecamente il potere per meri interessi personali o di gruppo. Quando poi a patire di questa sonnolenta e complice accettazione dell'inaccettabile quotidiano sono anche i mezzi di comunicazione di massa (o molti fra di essi), proprio quegli organi cioè che per natura dovrebbero svolgere la funzione di cani da guardia della democrazia al servizio della verità, lo sconforto di chi non si vuole rassegnare allo status quo si fa ancora più acuto e il cittadino resta davvero senza alcuna difesa che non sia la dignitosa ma inefficace indignazione personale.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
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