Vi ricordate dei calzini bianchi da uomo, cotone 100%, lunghi, che non si trovano in nessun supermercato ma solo in anacronistici negozietti di abbigliamento e di cui ho parlato in un recente post ormai consegnato alla storia? Ebbene, ora ne ho due paia nuove, me le ha acquistate la mamma (da me incaricata e istruita) in quel famoso negozio del viale che porta alla stazione ferroviaria. Costo 7 euro e mezzo cadauno. Due paia di calzini di filo banali, non griffati, nemmeno particolarmente resistenti, mi sono costati 29.044 lire. Con 15 euro ci prendo dai 16 ai 18 caffè (e anche questo è un furto), oppure un buon libro di Dostoevskij (100 euro non sarebbero troppi, se però andassero al buon Fedor e non all’editore), o ci trascorro due serate al cinema. Ci pranzo due giorni al bar (un panino, una minerale, un dolce, un caffè). O ci acquisto cinque paia di calzini identici (ma non bianchi) in un supermercato. Bianco, il colore del lusso. Questi negozietti si difendono dalle tenaglie fameliche della grande distribuzione gonfiando i prezzi, specialmente sui prodotti introvabili o su quelli di nicchia, di fatto strangolando noi, poveri consumatori non omologati. E noi? Non ci resta che sfoggiare con garbo ed un po’ di superbia il calzino di merceria appena acquistato, anche perché non riusciremmo mai a strangolarci da soli per la disperazione con quello: non li fanno così resistenti, li usi qualche settimana ed ecco subito il tuo piede far capolino da un merdoso buchino.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
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