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martedì 5 maggio 2009

Fenomenologia del derby della Lanterna

Parliamo un po' di calcio e in particolare di derby, ad esser precisi di quello genovese (Sampdoria-Genoa, altrimenti detto "derby della Lanterna"): se n'è da poco giocato uno e allora cogliamo l'occasione per buttar giù alcune riflessioni che erano in canna da anni. Derby: in generale, nel calcio, si usa il termine derby per definire sfide tra squadre della stessa città (stracittadine) o della stessa zona geografica (es: Pisa-Livorno). Il termine viene anche usato per gare che oppongono squadre che, per questioni geografiche, sportive, sociali o politiche hanno fra loro una rivalità storica molto accesa (Inter-Juve è il derby d'Italia).(wikipedia.it).

Quello giocato domenica 3 maggio ha visto prevalere il Genoa per 3-1; in questo modo i rossoblù si sono aggiudicati entrambi i derby della stagione 2008-'09, evento che non si verificava da 44 anni. Quest'anno il Genoa, protagonista di un ottimo campionato, al di sopra delle aspettative, ha attualmente 19 punti più della Samp: non accadeva in seria A da 32 anni (in B da 28 anni) e comunque si era sempre trattato, semmai di una manciatina di punti. In generale, Samp e Genoa hanno disputato lo stesso campionato 68 volte, se la memoria non ci inganna: includendo quest'anno, solo 6 volte su 68 (9% scarso) il Genoa ha chiuso con più punti della Samp (5 volte in A, 1 volta in B). Quanto al numero complessivo di derby giocati (un centinaio in tutto), ad averne vinti di più è sempre la Sampdoria, come recitano le statistiche.
Il 3-1 maturato due giorni fa è stato meritato: nel contesto di una partita equilibrata, il Genoa ha avuto il merito di trasformare le occasioni avute in gol, sigillando poi la vittoria con la terza marcatura, maturata in uno dei più classici contropiede che ha trafitto la Samp tutta protesa nei minuti finali all'affannosa ricerca del pari. L'arbitraggio non è stato sufficiente e su questo è concorde la maggior parte dei commentatori: sono stati convalidati due gol irregolari (uno per parte) ed è stato negato un rigore su Pazzini (sul 2-1) che poteva portare la Samp al pareggio; inoltre Morganti ha tollerato il gioco duro (in particolare dei rossoblù) e ha perso il controllo del match durante le risse dei minuti finali. A completamento del quadro tracciato sul derby appena giocato diciamo che il Genoa si presentava all'evento con la fama di squadra più fallosa della serie A (le statistiche mostrano che è la squadra che ha commesso il maggior numero di infrazioni nelle prime 33 partite), la Sampdoria con quella di essere una delle squadre ad aver subito il maggior numero di falli. Cassano (Samp), ad oggi, risulta il giocatore di A ad aver subito più falli (seguito da Lavezzi): ha subito 141 falli in 33 partite, quindi una media di 4,27 falli a partita; nel solo derby di domenica scorsa ne ha subito ben 9, quindi più del doppio di una media già altissima. Il notevolissimo numero di falli commessi dal Genoa nel corso di quest'anno (e nel derby appena giocato) si può solo in parte giustificare con il tipo di gioco sviluppato dalla compagine rossoblù (ritmo alto, pressing asfissiante); lo stesso Biava (Genoa), d'altra parte, ha confermato le impressioni che tutti i commentatori hanno maturato, dichiarando che quando affronti gente brava come Cassano devi subito fargli sentire che aria tira, cercando di non farti sanzionare dall'arbitro: mi sembrano parole chiare. Queste parole, unite all'analisi del derby del 3 maggio e delle partite dei rossoblù di quest'anno e dell'anno scorso, ci consentono di affermare che se l'arbitro avesse applicato il regolamento del giuoco del calcio il Genoa avrebbe subito uno o due cartellini rossi ben prima degli ultimi minuti del match. Non che i giocatori della Samp non abbiano commesso qualche intervento eccessivamente duro, il clima era complessivamente acceso domenica sera, ma il comportamento di una stagione è più probante di quello di un singolo match e i dati parlano chiaro. Entrare da dietro su Cassano equivale a un rosso, secondo le regole; queste regole non sono state applicate. Ecco perché sappiamo di non venir meno alla nostra provata obiettività se affermiamo che il Genoa ha meritato la vittoria sul piano del gioco (ha saputo segnare tre gol il che non è poco) ma ha anche giocato sporco oltre il lecito, sfruttando il permissivismo di un arbitro non in serata: il gioco del calcio ha poco a che fare coi calci, specie con quelli sistematicamente rifilati ai giocatori di maggior talento della squadra avversaria al solo scopo di intimidirli o di far loro del male (vedi l'evidenza dei fatti e, se proprio sei ancora scettico, le parole di Biava). D'altra parte l'affermazione di Gasperini (Genoa), secondo cui i genoani sarebbero caduti nel tranello delle provocazioni orchestrate dai giocatori blucerchiati è così al di fuori della realtà dei fatti da meritarsi l'appellativo di fandonia; vero è che con un arbitro severo il giusto la partita sarebbe stata corretta e il Genoa avrebbe dovuto giocare solo a calcio, gioco in cui del resto quest'anno ha fatto faville, e non a calci, "favorendo" così la Samp che è più abituata al primo gioco che non al secondo.

Lasciando da parte il derby del 3 maggio e spostandoci su un piano più generale, notiamo come i vincitori del recente derby abbiano parlato spesso, prima e dopo la serata di domenica, di supremazia cittadina. In anni diversi da questo, quando il Genoa generalmente inseguiva i rivali in classifica, un'eventuale vittoria nel derby veniva giudicata dagli stessi come sufficiente a decretare tale supremazia, perché, si diceva, la classifica non conta, conta lo scontro diretto. D'altra parte la memoria ci assiste e ci permette di ricordare anche a voi che, quando a vincere il derby erano invece i sampdoriani, da parte rossoblù di soleva dire che la supremazia si sarebbe misurata alla fine del torneo contando i punti maturati e non certo sulla base di uno o due match spesso decisi da singoli episodi. Quest'anno, naturalmente, avendo vinto su entrambi i fronti (due derby su due e più punti in classifica) i genoani non hanno avuto dubbi nell'aggiudicarsi la palma di prima squadra della città. Sono però necessarie alcune considerazioni.
A determinare la supremazia sportiva di una squadra cittadina sull'altra non è certo la vittoria in un derby (e a chi parla converrebbe che fosse così, avendone, come detto, la Sampdoria vinti il maggior numero, dall'anno di fondazione -1946- ad oggi) e nemmeno, a nostro avviso, il numero di punti totalizzati a fine stagione (e a chi parla converrebbe anche in questo caso che fosse così, perchè il 90 per cento delle volte, dal '46 a oggi, più punti hanno preso la strada di Bogliasco): non riteniamo valido questo criterio quest'anno (sorriderebbe al Genoa) come non lo ritenevamo valido in tutti gli altri anni (più di 60 su 68) in cui a finire "sopra" era la Samp oppure le due squadre finivano a pari punti. A determinare la supremazia cittadina (se un tale concetto può aver senso) è, semmai, la prolungata, globale e non occasionale prevalenza di un team sull'altro in termini di competizioni italiane ed europee giocate, di trofei conquistati, di finali disputate e anche di piazzamenti ottenuti. Insomma, per potersi definire più forte, con una qualche ragione che non sia mera partigianeria infondata, una squadra deve per anni ottenere risultati globalmente più significativi; in caso contrario si potrà solo parlare, ragionevolmente, di vittoria dell'ultimo derby, il che comunque non è poco, dato che un derby è sempre meglio vincerlo che perderlo, per i 3 punti ma anche per questioni psicologiche e di prestigio. Non basta far meglio un anno o due per potersi definire più forte, serve continuità, e serve far meglio in maniera significativa e soprattutto globalmente e non in singole competizioni isolate ad arte dalle altre di una stessa stagione; quella continuità e quel "dominio" complessivo che la Samp per varie volte nel corso della storia del dopoguerra ha avuto nei confronti del Genoa e il Genoa mai. Vincere un derby dà diritto a dire che si sono battuti i cugini ma non a parlare di supremazia e ad usare concetti di simile e ingiustificata ampiezza. Tanto per fare un esempio: il ciclo d'oro della Samp (all'incirca dall'82 al '92, con promozione in A, uno scudetto, 4 Coppe Italia, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa d'Italia e tante altri piazzamenti di prestigio e finali italiane ed europee conquistate) , ecco, quello sì che dà titolo per parlare di supremazia della Samp in quegli anni.

Ho quarant'anni, seguo il calcio da quando ne avevo sei e ho sempre considerato il derby come una partita uguale alle altre, anche se ovviamente più sentita. E lo dice uno che ne ha vinti parecchi, di derby, e comunque più di quanti ne ha persi. Non è per smitizzarlo, e non è nemmeno perché l'ultimo l'ho perso, figurarsi: penso che il mio articolato ragionamento abbia ai vostri occhi ben più valore di un simile inconsistente e, concedetemelo, stupido sospetto. Il derby genovese è magico, la cornice di pubblico è fantastica e generalmente civilissima e sportivissima, vincerlo è bello, perderlo scoccia a tutti. Non mi sognerei mai di pensare però che vincere il derby possa da solo salvare la stagione della mia squadra, per me è abominio concepire un tale pensiero, né del resto che perdere un derby sia sufficiente a macchiare indelebilmente una stagione per altri versi accettabile o addirittura ottima. L'unica eccezione che ammetto è questa: se una delle due squadre ha avuto una stagione pessima, un concentrato di sfortuna, brutto gioco e risultati sportivi disastrosi, ebbene pensare, in questo caso, che una vittoria nella stracittadina possa salvare la stagione può anche essere, in un certo qual modo, lecito; in tutti gli altri casi no, secondo la mia opinione. Così come perderlo in tali circostanze può essere l'ennesima mazzata. Ed è anche un pensiero assurdo per quanto mi riguarda cominciare la stagione avendo come obiettivo primario o fra gli obiettivi primari quello di finire davanti ai "cugini", come dichiarato da Gasperini di recente: pensarlo mi parrebbe limitante e limitato, provinciale, angusto. Mi darebbe fastidio se a pensare una tal cosa fosse un giocatore o dirigente blucerchiato.

In generale, secondo la mia filosofia, una squadra gioca, nel sacro rispetto delle regole, degli avversari (che non sono mai "nemici") e dell'arbitro (al quale alla fine del match va comunque stretta la mano anche se fino a poco prima, poniamo, ti ha preso in giro danneggiandoti con perfidia, vedi Calciopoli) per divertirsi, per divertire i sostenitori e gli spettatori in genere e, poi (questo "poi" è cruciale), per cercare di vincere (ma, come detto, non a qualunque costo); sarà che sono sportivo di nascita, sarà che in questo mi sento molto anglossassone, sarà che ho beneficiato degli indimenticabili insegnamenti di Paolo Mantovani, il quale anziché vincere anche una sola volta in modo sporco avrebbe preferito perdere per tutta la vita; non so perché, ma io la penso così, per me lo sport è questo e non altro. Ecco quindi che la bontà o meno di una stagione sportiva si giudica, soddisfatti tutti questi fattori, sia chiaro, dai piazzamenti ottenuti nelle competizioni a cui si è preso parte, dalle finali raggiunte, dai trofei vinti e, scusatemi tanto, non certo dal fatto di aver fatto, un anno su 30, 5 o 15 punti in più della rivale cittadina o di aver vinto o perso il derby, perché altrimenti, se fosse plausibile questa logica perversa da bottegai di provincia, vorrebbe dire che se, poniamo, l'anno prossimo la Samp vincesse la Coppa Uefa, arrivasse in semifinale di Coppa Italia e si piazzasse terza in campionato con 70 punti, avrebbe comunque fatto meno di un Genoa che, poniamo, dovesse arrivare secondo a 75 punti pur essendo stato eliminato quasi subito dalle altre competizioni. Come vedete il ragionamento porterebbe a conclusioni assurde e quindi è, di fatto, assurdo.

Mi collego a questi ragionamenti generali per fare una piccola incursione nella stretta attualità: quest'anno molti genoani ritengono di aver vissuto una stagione di gran lunga più positiva di quella dei cugini. Dissento totalmente e spiego perché, anche se di certo noi blucerchiati non siamo soddisfatti del nostro campionato perché sappiamo che ad una catena inenarrabile di infortuni e al fatto di giocare su tre fronti si sono comunque aggiunti gli effetti negativi di limiti tecnici e tattici oltre che di mentalità: il Genoa ha disputato un campionato ottimo e si è rivelata una squadra costante, chiuderà con una qualificazione in Coppa Uefa o, se andrà tutto per il verso giusto, addirittura in Champions League; ma è stata eliminata dalla Coppa Italia e non ha preso parte a nessuna coppa europea. La Samp, dall'altra parte, anche se ha avuto un cammino altalenante in campionato (anche a causa del fatto che prendere parte in maniera attiva a tre competizioni logora enormemente le risorse fisiche e mentali di una squadra specie se la rosa di cui dispone pur non essendo misurata non è certo amplissima: in parole povere, giocare su tre fronti ti toglie energie per il campionato, è un fatto dimostrato), chiuderà il torneo in una posizione anonima ma tranquilla di centroclassifica ma, è bene ricordarlo, ha raggiunto la finale di Coppa Italia (eliminando anche i Campioni d'Italia in carica) e ha giocato la Coppa Uefa superando un gironcino proibitivo a spese di formazioni sulla carta più attrezzate come il Siviglia. Quindi se la Samp perderà la finale di Coppa Italia avrà comunque disputato una stagione complessivamente superiore, sebbene di poco, a quella del Genoa (che pure, limitandoci al campionato, avrà fatto invece molto meglio); se vincerà la Coppa, bè, nemmeno a parlarne: sono i trofei a restare nella storia, e le finali raggiunte: questi dati contano più del resto, anche se far più punti in una singola competizione è lodevole, giocarne tre facendo buone cose in una, discrete nell'altra e addirittura arrivando in finale (e magari vincendola) nella restante, è meglio.
In Italia, ogni anno, una squadra a cosa può ambire? Oltre che a rispettare le sacre regole di cui ho detto prima, che per me vengono ben prima dei tre punti o di una coppa, può cercare di piazzarsi il più in alto possibile in ciascuna delle competizioni a cui prende parte e cercare di vincere alcuni riconoscimenti (in Italia sono sostanzialmente questi: Scudetto, Coppa Italia, Supercoppa d'Italia, in ordine di importanza, e poi, se vogliamo, Scudetto, Coppa Italia e Supercoppa d'Italia "Primavera", oltre magari al "Viareggio": in Europa e nel mondo sono, nell'ordine, la Coppa Intercontinentale, la Supercoppa d'Europa, la Coppa dei Campioni, la Coppa delle Coppe ora confluita nell'Uefa, la Coppa Uefa). Tutto qua (si fa per dire); quindi anche se ai numeri va sempre accompagnata la cronaca e il commento, al fine di non renderli troppo aridi e di dar loro un senso compiuto, è anche vero che alla fine contano soprattutto i numeri globali ottenuti al fine di stilare un giudizio. Se qualcuno di quelli citati in questo post dovesse risultare un poco inesatto, mi scuserete: ma non è un 68 al posto di un 66 che può invalidare discorsi generali come quelli che sto facendo.

Lo so, lo so, scrivere a derby perso mi espone il rischio di passare per quello che svillaneggia l'uva perché non può coglierla, ma correrò il rischio fidando nell'intelligenza dei lettori. Leggo Gasperini [lunedì ha dichiarato che obiettivo primario della stagione del Genoa era superare la Samp in classifica e ormai poteva dirsi cosa fatta] e penso: se sapessi che la Samp si pone come primo obiettivo stagionale quello di "finire davanti" al Genoa ne sarei profondamente deluso. Seguite il ragionamento: la sana rivalita'cittadina e' bella, ma e' il sale sulla pietanza, non la pietanza; e' bello primeggiare a Genova ma e' un optional. Non baratterei mai un trofeo, una finale, un piazzamento di prestigio con uno o piu' derby o con la supremazia cittadina in classifica. Sono convinto di pensarla come il 90 per cento dei rossoblucerchiati. La ciliegina sulla torta eccita eccome ma, se devo scegliere, tengo la torta senza il ricamo.

D'altra parte genoani e sampdoriani, pur essendo "cugini", sono da sempre un po' diversi. In particolare i primi sono molto più volubili (cadono con estrema facilità in profonde depressioni come in esagerati stati di esaltazione), i secondi un po' più equilibrati e, sicuramente dal '79 in poi, più civili e maturi nel manifestare la loro eventuale e occasionale insoddisfazione nei confronti della squadra: potrei citare decine di episodi, alcuni dei quali anche poetici o incredibili, a conferma di questa risaputa teoria, ma sono fatti noti, perlomeno ai tifosi dei due sodalizi sportivi. I primi, inoltre, probabilmente perché quasi mai sono arrivati "prima" dei rivali (è un fatto), soffrono da sempre, a mio avviso, di un leggero e in parte comprensibile complesso di inferiorità che li porta a guardare sempre in casa blucerchiata, a cercare di far meglio, a parlare della Sampdoria troppo spesso e troppo spesso a sproposito, con frecciatine, riferimenti poco carini ecc. durante tutto l'anno, in uno stillicidio continuo e che trovo fastidioso, come lo troverei fastidioso se a farlo fossimo noi. Difatti, quando a comportarsi così è un esponente della sponda blucerchiata (per esempio la frase di Cassano dell'anno scorso sui "visi" pallidi") è forte lo stupore, dato che quasi mai escono simili frecciate da casa Samp e quasi mai i sampdoriani fanno la corsa sui cugini o pensano le cose del mondo sempre in rapporto ad essi...
Devo essere sincero, questa costante attenzione dei rossoblù nei confronti dei blucerchiati, ance quando davvero non ve ne sarebbe motivo, questa costante rivalità esasperata forse determinata come detto da un malcelato senso di inferiorità (il Genoa ha vinto sì nove scudetti, moltissimi dei quali però disputati in un weekend e non in 30 partite, ma per il resto dal '46 -data di nascita della Samp- ad oggi ha ottenuto risultati modestissimi se rapportati a quelli dei "rivali"), mi disturba, ne farei a meno. Sarà che, pur essendo blucerchiato fin nel midollo, non vivendo più a Genova sento meno la rivalità cittadina, ma io al Genoa penso davvero poco, giusto in occasione del derby e poco più: pensarci di più non avrebbe senso, per me. Altri sono i cieli a cui volgiamo lo sguardo fiero! Ribadendo però, è meglio sottolinearlo, che un derby, dato che si deve giocare, è meglio vincerlo.

Forse un po' più di equilibrio non guasterebbe. Poi, è chiaro, ognuno è libero di continuare a fare affermazioni assurde, campate in aria o proprio fantascientifiche, tanto il fatto è la cosa più ostinata del mondo e i fatti , se proprio ci si deve appellare agli aridi numeri, parlano chiaro. Se invece lasciassimo da parte statistiche e numeri, se non per fugaci consultazioni, e ci ricordassimo di divertirci tutti insieme, allo stadio come al campo di allenamento come a casa davanti alla tivù, bè, forse, sarebbe tutto più bello e più vero (oltre che più sensato)!

autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)


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