Uno dei tratti più fastidiosi e autolesionisti che si possono individuare negli esseri umani è l'incapacità di accontentarsi e di godere, anche solo per un po', di quello che si è ottenuto. Questo difetto, in minima parte presente anche in me (eh sì, appartengo anch'io alla specie umana, con tutta evidenza per uno strano scherzo del destino) e che io trovo comunque deleterio, è naturalmente presente in varie sfumature nelle diverse persone: si va dall'insoddisfatto cronico perennemente alla ricerca di qualcosa di diverso da quello che ha appena conquistato e che sino a poco prima diceva essere l'unico scopo della sua vita, all'insoddisfatto "normale" che insegue un sogno, coltiva un desiderio, magari per anni, e poi, quando più o meno miracolosamente e con più o meno sacrifico è riuscito a realizzarlo, comincia pian piano, gradatamente ma sin da quasi subito, ad avvertire e a riversare sugli altri una rinascente e crescente insoddisfazione: quel che si è avuto adesso non è più così desiderabile, in fin dei conti non si capisce come si facesse prima a desiderarlo con così tanta forza, altre cose mancano, quelle sì importanti, e quelle si vagheggiano, naturalmente sino a quando, a Dio piacendo, non si saranno raggiunte pure quelle, in una perversa spirale senza fine e senza senso.
In alcune persone, quelle che più hanno marcato questo tratto, la cosa raggiunge toni francamente assurdi e irritanti. Sono sempre più convinto che avessero ragione da vendere Oscar Wilde e George Bernard Shaw quando con notevole intuito affermavano che "In questo mondo non vi sono che due tragedie: una è causata dal non ottenere ciò che si desidera, l'altra dall'ottenerlo. Quest'ultima è la peggiore, la vera tragedia." Perchè se una persona è affetta dal morbo che sto analizzando finisce per non godere davvero mai di nulla, non parliamo poi delle piccole cose saper trarre felicità dalle quali è in fin dei conti uno dei veri segreti per vivere bene. Desidera, vagheggia, insegue, smania e si distrugge per raggiungere la meta agognata, rende impossibile la vita a chi gli sta accanto, non vive che per quella e non perde occasione per lamentarsi della propria infelicità causata, a suo dire, dalla mancanza di quella e poi, una volta che fa centro, la tensione in lui scema per un attimo e, anzichè fluire in una pacata e meritata soddisfazione, che dia requie al corpo stressato da una così estenuante corsa e ai familiari resi insofferenti da tale costante insoddisfazione, finisce per trasformarsi quasi subito in delusione e in una nuova tensione verso altri obiettivi, ancor più irraggiungibili, unitamente a una rinascente insoddisfazione motivata dal fatto di non riuscire a possedere mai, in definitiva, quello che gli manca.
Questo difetto si manifesta in persone comuni e in persone fuori dal comune, negli sconosciuti e nelle celebrità, negli incapaci e negli individui talentuosi, nelle donne e negli uomini, nei giovani come negli adulti: non risparmia nessuno, sembra essere una caratteristica ineliminabile dell'uomo. Entro certi limiti, essa ha anche risvolti positivi: è infatti grazie a questa costante tensione verso quel che non abbiamo ancora fatto o che non abbiamo ancora ottenuto che diamo un senso alla nostra esistenza, mettiamo alla prova le nostre capacità, tendiamo il nostro corpo e la nostra mente sino ai loro limiti, inseguiamo il meglio non accontentandoci del peggio e contribuiamo nel nostro piccolo, chi più chi meno, a migliorare il nostro piccolo mondo o quello più grande in cui tutti viviamo. Ma quando questa insoddisfazione travalica i limiti di una sana ambizione e di una ragionevole ricerca dello sconosciuto e dell'inesplorato diventa un limite e non più una qualità, una pietra al collo e non più una freccia al proprio arco. Perchè ci sfianca di continuo proiettandoci verso obiettivi sempre nuovi, per la maggior parte futili, e ci impedisce di goderne una volta raggiunti: e questo non è dare un senso alla vita o cercare di procurare a sè e ai propri cari quel che di meglio si può avere, questo è girare a vuoto generando in se stessi e negli altri perenne insoddisfazione e depressione miste a infelicità.
Può esservi il caso di chi sogna da una vita di acquistare una casa in modo da assicurarsi un tetto o di svincolarsi dall'incubo di un affitto che si mangia tre quarti del misero salario e da quello di uno sfratto sempre possibile. Una volta divenuti proprietari immobiliari però si hanno responsabilità e fastidi prima sconosciuti, nuovi pensieri che possono disturbare il riposo notturno, senza contare che spesso per arrivare ad acquistare una casa ci si deve mettere volontariamente al collo il cappio di un mutuo trentennale che sostituisce all'incubo dell'affitto o all'incubo dello sfratto quello di non riuscire a far fronte al debito e vedersi così portar via la casa frutto di tanti sacrifici. O può esservi il caso di quello che insegue l'amore della vita e, dopo una serie incredibile di disavventure sentimentali, pensa di aver finalmente trovato la persona giusta con la quale coronare il suo sogno d'amore e costruire una famiglia, ma non fa i conti con le mille insidie che una vita in comune può presentare e con le numerose sfumature del carattere della persona che si credeva perfetta per noi e che magari dopo pochi anni scopriamo incompatibile con il nostro modo di vivere e di vedere le cose. E può esservi il caso di quello che insegue e raggiunge il benessere economico senza però trovare quella felicità che erroneamente credeva dipendere dall'entità del saldo bancario.
Tutto questo per dire che ogni cosa della nostra vita ha sempre mille sfacettature e almeno due facce come ogni medaglia, sicchè puntare tutto quel che abbiamo su una singola carta ci destina ad un sicuro fallimento, perchè ogni rosa ha le sue spine (ma ha anche il suo profumo, i suoi colori e la sua bellezza). Ma la mancanza di questa consapevolezza, ignota ai più, non giustifica certo quella perenne insoddisfazione che abbiamo testè stigmatizzato e che rovina la vita di moltissime persone, anzi: è proprio la caducità della vita e la vanità delle cose materiali che dovrebero spingerci a godere di quel che abbiamo e di quel che riusciamo eventualmente ad ottenere, con merito o per fortuna, senza affogare sempre nel tormento che ci danno gli inevitabili aspetti negativi che ogni conquista positiva porta naturalmente con sè e senza passare la nostra esistenza a desiderare continuamente quello che ancora non si ha, in una folle corsa senza senso che ci porta di tutta fretta verso la morte impedendoci, di fatto, di trarre qualche gioia sincera e duratura dalla vita che ci è stata data e che non sappiamo quando ci verrà richiesta.
autore: mauroarcobaleno (blog.mauroarcobaleno.it)
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